Date: Tue, 4 Mar 2014 22:33:41 +0100 From: timkruger@infinito.it Subject: Il desiderio del vescovo Errore! Imperdonabile errore! Tutta la mia vita poteva ora essere trasformata in una valanga fangosa. Tutta la mia rispettabilitì vanificata in un secondo. Da prete rispettato e ammirato in tutta la cittì, impegnato nell'assistenza ai malati e agli anziani, a immondo corruttore di chierichetti, gettato nello scandalo, fatto a pezzi dalla stampa... Una vita intera pefettamente condotta nel doppio gioco, al di fuori dedita agli altri, di costante sacrificio, dentro marcia di desiderio divorante, che mi spingeva ad attirare i ragazzi dopo la funzione in sacrestia, intrattenerli con giochi lunghi finchè avessero bisogno del gabinetto, dove lasciavo sistematicamente una rivista pornografica in bella mostra, che regolarmente stimolava la loro attivitì masturbatoria, da me spiata attraverso apposito specchio, e interrotta sul più bello dal mio ingresso in gabinetto attraverso porta segreta, potendo a quel punto abusare abbondantemente dei loro membri eretti e pronti al godimento succhiandoli con aviditì e ingozzandomi del loro seme. La cosa poi piaceva loro a tal punto, e regolarmente ciò si era verificato, che tornavano poi di loro spontanea volontì a farseli succhiare dalla mia bocca esperta e consumata alla bisogna, e questi commerci duravano per mesi, in alcuni casi per anni, arrivando io ad averne soggiogati a volte anche sette contemporaneamente, tale era la mia fame di sperma. Ma quel giorno... Errore imperdonabile! Dimenticanza fatale! Non chiusi a chiave la sacrestia, né la mia stanza, né la porta segreta che dava sul gabinetto, e caso volle che proprio quel giorno il vescovo venisse a farmi visita inaspettata, e varcate tutte quelle soglie cercandomi, sgranasse tanto d'occhi di fronte all'oscena visione di me stesso carponi davanti a un ragazzo agonizzante di piacere, con la mia bocca traboccante liquido biancastro, impegnato a trangugiarne quanto più ne potevo e adorante il membro di proporzioni smisurate rispetto all'etì del suo possessore! Accortomi del vescovo trasalii e compresi all'istante che tutto era perduto, che avrei trascorso il resto della vita isolato dal mondo, non osando più farmi vedere da alcuno. Il ragazzo presto si dileguò e ci lasciò soli. Il vescovo, però, reagì diversamente da come avevo previsto. Niente invettive, niente rampogne. Si affrettò a chiudere la porta a chiave. Dopodichè mi guardò lungamente e la sua faccia cambiò espressione, trasformandosi in un ghigno diabolico. "Tutto si può aggiustare, caro Boltraffio. Nessuno scandalo, nessuna macchia su di te..." Mi prostrai ai suoi piedi, incredulo, paonazzo dalla vergogna e dalla riconoscenza, ma non capivo come un uomo della sua statura morale potesse perdonare così facilmente tanta onta. Quando rialzai il capo compresi. Aveva sfoderato da sotto la tonaca un membro a dir poco spaventoso. Turgido e violaceo, aveva l'aria di essere stato usato più volte al giorno con continuitì per anni e anni, in bisogne alquanto rudi. Sembrava essersi sviluppato come un muscolo per l'esercizio costante, l'impegno prolungato, gonfio per il tanto lavoro che doveva sostenere. Ma le parole che il vescovo pronunciò mi spaventarono ancora di più per la violenza che il contrasto con il ruolo di chi le pronunciava provocava nella mia mente. "Lurida baldracca, è giunta la tua ora. Denuda il culo e prega il Signore che il tuo sfintere possa reggere l'impeto del mio desiderio. Scatarra, se puoi, e ungiti il buco. Sappi che riesco a scaricare solo dopo cinquantasette colpi di verga, non uno di meno, e che mentre chiavo devo strizzare i capezzoli della mia vacca con forza superiore a quella di una tenaglia" Afferratomi per i capelli, mi ingiunse una posizione sottomessa, prono sul tavolo. Paralizzato dalla paura, non mi ero denudato. Provvide lui a lacerarmi la veste con una violenza che raddoppiò il mio terrore, ma era evidente che non potevo sottrarmi. Chiusi gli occhi e attesi. Un rantolo schifoso mi annunciò che stava raccogliendo tutto il suo catarro, che sentii di lì a poco, caldo e appiccicoso, sputarmi sul buco palpitante. Poi iniziò il mio calvario, perché quela verga era letteralmente incontenibile, e farsi inculare equivaleva alla morte certa per emorragia interna. Il dolore ai capezzoli era insopportabile. Il vescovo bestemmiava immondamente e caparbiamente insisteva nel pretendere di entrare nel mio povero culo, ma vista la morte negli occhi, decisi di fargli resitenza e mi rigirai, provando a prendermelo in bocca. Sebbene grossa come una mela cotogna, la sua cappella era quantomeno abbordabile, quindi mi diedi da fare come meglio potevo, e constatai subito che il vescovo gradiva il lavoro e l'impegno che stavo dimostando. Lo sentivo grugnire come un maiale al macello, e raddoppiai i miei sforzi, deciso a fargli raggiungere in quel modo l'orgasmo. L'avevo insalivato per bene, quando mi avvinghiò con i suoi artigli e con mossa repentina mi fece ruotare su me stesso, puntò la cappella al buco del culo e spinse come un toro. Credetti di svenire, ma la cappella era entrata e io ero ancora vivo. Poi furono spinte furiose, che mi scuotevano le budella e annullavano completamente ogni mio volere. Al trentunesimo affondo ero preda di un piacere selvaggio, che si rivelava per l'erezione poderosa con la quale mi ritrovai, sbattutta ogni volta contro il bordo del tavolo. Il vescovo pronunciava insulti irripetibili, che mai orecchio cristiano poteva aver udito, e sentivo che il suo membro se ne induriva ogni volta di più. Per riuscire a scaricare, pensò bene di uscire dalle mie viscere. Guardai estasiato l'eruzione di una spuma perlacea, a fiotti, come una fontana, e mi affrettai a lambirla e assorbirla tutta, lasciando il fallo del vescovo pulito e liscio come la gota di una novizia. Nel mandarla giù provai un tale appagamento che venni spontaneamente, imbrattando il tappeto egizio regalo del priore. Concluso il rituale, il vescovo si ricompose, e come se niente fosse aprì la porta e uscì, dicendomi da fuori: "Preparati, caro Boltraffio, sul salmo 27. Pare che il Papa voglia venire e interogarci tutti sul suo significato. Studia, mi raccomando, studia..."