Date: Mon, 3 Jan 2011 12:39:17 +0100 From: Lenny Bruce Subject: Il patto DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story. Il patto Cap. 1 Cominciò perché fuori pioveva. Era la fine di novembre, di sabato pomeriggio e quattro ragazzi decisero di giocare a monopoli. Cominciarono con i gettoni, senza interessarsi troppo a chi vinceva. Erano da Simone e la casa era tutta loro. Se non fosse piovuto, avrebbero trascorso il pomeriggio, almeno le ore di luce al campo di calcio, ma era appunto novembre e veniva giù tanta acqua. Dopo un po' il gioco cominciò a languire. Francesco cominciò a distrarsi, Enzo si alzò per andare in cucina a bere. Era davvero troppo per la già poca pazienza che Christian aveva verso i suoi amici di sempre. "Mi sto rompendo le palle!" "Quali?" chiese Francesco dall'altra stanza. "Cambiamo gioco?" buttò là Christian senza badargli e ben sapendo che nessuno sarebbe suggerito qualcosa. "Ma che facciamo?" chiesero, infatti, gli altri tre, quasi insieme, anche se con intonazioni diverse, perché le loro voci che erano cambiate piuttosto di recente e non tutte allo stesso modo. Già, che fare? La casa di Simone era un ottimo posto dove stare, perché non c'erano mai genitori in giro, ma era piuttosto scarso quanto a giochi e possibilità di divertimento. E così quel giorno Christian ebbe l'idea, spinto dal bisogno di distrarre la compagnia di amici ed anche da un'esigenza, meno nobile, ma assai più sentita. "Giochiamo a strip monopoli?" "Eh?" e fu un altro coro a più voci. "Si... dai giochiamo a... spogliarci" e spiegò ai suoi allibiti compagni "adesso ricominciamo il gioco, partendo tutti con la stessa quantità di gettoni, ma ne avremo meno che se stessimo giocando normalmente. Poi, quando finiscono i soldi, ci vendiamo i vestiti. Prima però stabiliamo pure quanto valgono. Per esempio i calzini 10.000 lire, i pantaloni 100.000 lire. Che ne dite?" Gli altri erano incuriositi. Riuscire ad interessarli era la sua qualità ed ora aspettavano con avidità che desse gli altri particolari dell'idea che aveva avuto, perciò fece una pausa ad effetto e poi li accontentò, dando le quotazioni di ciascun capo di abbigliamento. "E come finisce?" chiese Simone, tredici anni e mezzo, il più piccolo dei quattro, con la faccia già in fiamme come per un anticipo di vergogna ed eccitazione, già immaginando, con una certa bramosia, quale poteva essere la conclusione del gioco. "E se uno si ritira?" chiese invece Enzo, più prudente. "Non ci si può ritirare! Questo è il patto!" buttò là Christian, sperando nell'eccitazione e nel cronico e inappagato desiderio dei suoi amici, oltre che suo. Erano tutti sempre arrapati. Lo sapeva per certo, anche se nessuno ne aveva mai fatto cenno apertamente. "E perché non ci si può ritirare? Che significa che è un patto?" "Significa che adesso noi prendiamo un impegno solenne. Giuriamo che incominciamo a giocare, non potremo dire `non gioco più'! Se si incomincia si deve finire, qualunque sia la fine!" spiegò Christian ad un allibito Enzo e agli altri due molto più interessati. "E come finisce?" chiese Simone, sempre più eccitato. "Finisce quando uno non ha più niente da vendere!" "E cioè?" "Che stai con il culetto di fuori, coglione!" Francesco stigmatizzò così l'ingenuità di Simone. "E con l'uccello pure?" chiese quello, sempre più rosso e speranzoso. "Si, se ti vendi le mutande. Allora? Siamo tutti d'accordo?" incalzò Christian, guardandoli a uno a uno. Li fissò, valutando chi fosse suo alleato e chi gli potesse resistere. Francesco era certamente disponibile, Simone pure. Enzo era in difficoltà. "Dai, facciamo questo patto, ma deve essere un giuramento vero!" sentenziò Francesco. "Si, si, anch'io!" si accodò Simone, toccandosi l'uccello già duro. Enzo non parlava. Anche lui ce l'aveva così duro, che gli faceva male, ma si vergognava terribilmente all'idea che qualcuno gli vedesse l'uccello. Figuriamoci poi in quelle condizioni. "Io me ne vado" disse risoluto e quasi con le lacrime agli occhi. "No! E perché?" fecero più o meno tutti, davvero dispiaciuti. Loro erano quattro e sempre quattro, qualunque cosa accadesse. "Non mi piacciono questi giochi" si giustificò Enzo, o almeno ci provò "sono cose da ragazzini... o da finocchi" aggiunse. "Ha parlato l'uomo cresciuto..." lo prese in giro Simone. "Ma se ce l'hai duro!" l'incalzò Christian, senza pietà, puntando il dito verso la patta di Enzo sotto cui era cresciuta una protuberanza, che prima non c'era. "È vero, ce l'ha duro..." convenne Simone, sportosi a guardare. "E rimani, dai... dobbiamo solo giocare. Facciamo solo un po' di casino" cercò di persuaderlo Francesco, toccandosi anche lui, senza più troppa vergogna. "E poi non è detto che ti spoglierai completamente" tentò di blandirlo Christian "Il gioco finisce quando il primo resta nudo. Potresti non essere tu!" Sempre più incerto e arrapato, Enzo si risedette. "Dai, Christian, facciamo questo giuramento!" disse Simone, ansioso di cominciare. "È un patto!" "Facciamo il patto!" "Nessuno lascerà questa stanza, se non con l'accordo degli altri tre! Enzo?" "Si... si va bene!" "Simone?" "Si, si, cazzo! Facciamolo!" "Francesco?" "Sono d'accordo!" "E tu?" gli chiese allora Enzo. "Ma sei scemo? Io ci sto. Sei contento?" Si misero subito a giocare. Come d'accordo si divisero poche fiche, per poter passare in fretta alla parte più interessante del gioco che era quella in cui si sarebbero venduti i vestiti. Stabilirono anche il valore di ciascun indumento e quindi cominciarono. Per fortuna la casa di Simone era ben riscaldata, perché proprio Enzo e lo stesso Simone si ritrovarono, dopo pochi giri, con indosso solo la maglietta e gli slip. Erano tutti eccitati, ma per i due senza pantaloni la cosa era più evidente. Lo era soprattutto per Enzo che cercava in tutti i modi di nascondere il proprio imbarazzo sotto il tavolo. Quando si era sfilato i pantaloni, si era alzato e l'aveva fatto davanti a tutti e allora s'era visto che ce l'aveva duro e soprattutto molto grosso. Lui era convinto di averlo mostruosamente grande, tanto da vergognarsene, con la certezza, ingenua, che fosse un difetto. Quando poi, tirando i dadi, finì in Viale dei Giardini, gli parve di morire. La maglietta valeva 100.000 lire, le mutande 200.000, il pedaggio da pagare era di 150.000 e lui ne aveva solo 20.000 che erano il residuo della vendita dei pantaloni. "Se mi vendo la maglietta" disse con un filo di voce "mi mancano sempre 30.000 lire..." e si guardò intorno, quasi per chiedere un prestito che certamente non avrebbe avuto. "Se gli altri sono d'accordo, per 30.000 lire ti puoi abbassare le mutande solo per dieci secondi" disse Simone, insensibile alle pene dell'amico e quasi al culmine dell'eccitazione. Lui aveva ormai un solo desiderio, vedere quello che aveva atteso per tutto quel tempo e cioè un bel cazzo duro. "Per favore" li pregò Enzo con un filo di voce. "Vabbè, abbassatele solo da dietro..." concesse Christian. "Però le lasci abbassate. E quando le tiri giù ci fai vedere bene come fai!" rincarò Francesco. Enzo, con la faccia rossa di vergogna e tirando un sospiro di sollievo per il pericolo non scampato, ma almeno rinviato, si tolse la maglietta e poi si diede da fare per pagare le altre 30.000 lire. S'alzò, piegandosi tutto per nascondere l'uccello che ormai stava per uscirgli dalle mutande. Si voltò più velocemente che poté, poi, infilate due dita sotto l'elastico degli slip, li abbassò mettendo in mostra il bel culetto tondo. Girandosi un'altra volta e sempre velocemente, tornò a sedersi. Portava i capelli castani lunghi fin sul collo e in contrasto aveva due begli occhi verdi. Ma in quel momento li teneva bassi per quello che gli stava accadendo. Ce l'aveva duro e lì c'erano i suoi amici. E per di più aveva appena mostrato a tutti il culetto che adesso aveva scoperto. Era dall'anno prima che viveva nella certezza che gli fosse cresciuto un mostro lungo, grosso, curvato verso l'alto, con una specie di scudo di pelle a coprirlo. Quando gli s'induriva, sembrava un randello non un cazzo, come quelli che aveva osservato di nascosto. Prima di tutto quello di Christian che era il suo modello in tutto e anche per il cazzo. Christian ce l'aveva dritto, lungo e sottile. E poi, tutti quelli che era riuscito a osservare di nascosto erano più piccoli del suo e soprattutto gli sembravano normali. Uccelli duri non ne aveva mai visti, a parte il suo, ma era certo che non potessero mai diventare così grossi e mostruosi. E fra un po' l'avrebbero visto tutti. Grosso, duro, gonfio, orribile e nodoso. Si mosse a disagio, aggiustandosi sulla sedia, il cui ripiano era rivestito di pelle che gli stava facendo sudare il culetto nudo. Aspettava che toccasse ancora a lui di tirare i dadi. Poi avvenne quasi un miracolo, perché Simone, che lo seguiva nel turno ed era a poche caselle dietro di lui, finì in Parco della Vittoria e dovette pagare 200.000 lire. Le ottenne vendendo completamente la maglietta e contrattando di abbassarsi le mutande per trenta secondi, in modo che tutti potessero guardarlo bene, davanti e da dietro. Simone era proprio bello, dalla cima dei capelli alla punta dei piedi. Passando per gli occhi blu che gli brillavano sulla faccia, ai capelli biondo scuro che portava a spazzola. Aveva un bel corpo, era alto e atletico. Guardandolo, Enzo non poté fare a meno di notare che l'uccello di Simone era molto più piccolo del suo, ma bello, liscio, dritto, con la punta rosea che faceva capolino, discreta, sotto la pelle. E, grazie a dio, ce l'aveva duro anche lui. A quel punto Simone aveva ancora le mutande che valevano solo 100.000 lire, mentre le sue, che teneva abbassate da dietro, equivalevano a 170.000 lire. Doveva però tirare i dadi un'altra volta, prima di poter sperare in una nuova sfortuna del compagno. Christian e Francesco erano ancora completamente vestiti e avevano vinto anche tutti gli indumenti degli altri due. A poter scegliere, Enzo avrebbe voluto vedere tutto nudo Christian, ma per il momento anche Simone gli andava bene. Mentre pensava questo, Christian tirò i dadi e pagò 20.000 lire. Francesco non pagò a nessuno superando indenne il turno. Era da un po' che Enzo tremava. Non per il freddo, ma per la paura e l'eccitazione. Tirando i dadi finì sulla casella degli imprevisti, ma gli andò bene ed ebbe l'opportunità di saltare il turno. Toccò un'altra volta a Simone e non gli andò bene, perché dovette pagare 60.000 lire. Guardò Christian, aspettando che gli dicesse cosa fare. Aveva addosso le mutande, che valevano solo 100.000 lire. "Se le toglie e poi se le mette sull'uccello" propose Francesco e gli altri furono d'accordo "tanto valgono soltanto 40.000 lire!" Simone eseguì subito, mostrando un'altra volta il suo corpo nudo, con il cazzo duro e diritto che gli spuntava davanti. Si risedette ridacchiando, poi si coprì alla meglio con gli slip appallottolati, legandoseli all'asta rigida. Enzo tremava. Guardò ancora Christian e Francesco passare indenni tra le caselle. Fra un momento era certo che sarebbe toccato a lui di restare nudo. Guardando il percorso si rese conto che con quasi tutte le possibili combinazioni dei dadi gli sarebbe toccato di pagare quello che certamente non aveva. E questo avrebbe voluto dire la fine del gioco. Insomma, abbassarsi le mutande. Fosse stato anche solo per un secondo, sarebbe bastato a sputtanarlo. Stava per piangere. Toccò a lui e, come temeva, dovette pagare. A quel punto poco importava quanto. Prima che qualcuno l'obbligasse a fare la cosa che più paventava, decise di essere eroico. S'alzò, sempre nascondendosi contro l'orlo del tavolo: "Ho dirvi una cosa" disse con una voce troppo alta, per la tensione che provava "io devo dirvi che... io adesso devo pagare" si fece coraggio "e non ho i soldi e voi mi chiederete di abbassarmi le mutande" s'interruppe a cercare le parole "Voi siete miei amici, perciò guardate..." E finalmente se le abbassò di sua volontà, prima che qualcuno glielo chiedesse, mostrando a tutti quella che credeva fosse la sua vergogna. In effetti, i tre ragazzi restarono senza fiato, ma per l'ammirazione. I loro uccelli non superavano i quindici e quello invece era molto più lungo, forse venti centimetri ed era molto più grosso. E aveva la pelle tutta attorno alla cappella che lo faceva sembrare ancora più imponente. "Cazzo..." bisbigliò Francesco. "Quanto è... lungo?" volle sapere Simone, ingoiando saliva a vuoto. "Io dico almeno venti centimetri..." rispose a bassa voce Christian, sempre pronto a risolvere i problemi pratici dei suoi compagni. "E... non vi fa schifo?" chiese Enzo, incredulo. "Schifo? È l'uccello più grosso che abbiamo mai visto. Non è vero?" "Si..." convenne Christian. "É troppo grosso, no?" insistette Enzo, incredulo. Francesco era come ipnotizzato. Gli sedeva alla destra e allungò la mano fino a sfiorare con le dita quell'uccello incredibile. Quando si rese conto che con la mano riusciva a stento a coprirgli la cappella, quasi si strozzò, ingoiando saliva. "È... come è duro!" disse, parlando a stento. Anche Simone non si trattenne più e saltò in piedi. Gli slip che teneva appesi al cazzo dritto scivolarono per terra. Allungò pure lui la mano che affiancò a quella di Francesco, perché sull'asta c'era spazio a sufficienza per tutte e due le mani. Fu Christian a superare per primo il turbamento: "Adesso che lo sappiamo, ti guarderemo tutti con più rispetto, Enzo!" disse serio. E gli altri sorrisero e poi risero. Soprattutto Enzo che scoppiò in una risata liberatoria. Francesco gli si fece vicino e glielo riprese in mano: "Ma... l'hai mai pesato?" chiese. "Dai pesiamolo. Pesiamoli tutti" buttò là Christian e Simone, nudo e con il cazzo ballonzolante fu mandato in cucina a prendere la bilancia. Nel frattempo anche Christian e Francesco avevano tirato fuori gli uccelli e se li stavano confrontando, tenendosi lontani da Enzo che era il vincitore incontrastato della gara. Arrivata la bilancia non fu semplice fare le pesate, ma il cazzo di Enzo risultò essere quasi il triplo degli altri, perciò i ragazzi seppero che il loro amico da solo valeva quanto loro tre messi insieme e questo li colpì moltissimo. Si rivestirono in silenzio, perché per quel giorno avevano fatto già troppi passi avanti. Un pensiero corse tra tutti, ma ci pensò Christian, come sempre, a parlare: "Il nostro patto deve rimanere." "E come?" "Dobbiamo giocare ancora a strip monopoli." Furono tutti d'accordo. "E il premio finale" proseguì Christian "sarà un altro: chi vince avrà diritto..." creò la solita attesa "a farsi fare una sega dagli altri!" "Come?" "Perché?" Scattarono tutti, fra il sorpreso e l'inorridito, ma l'eccitazione che avevano ancora dentro e che avrebbero sfogato appena si fossero trovati da soli, li aiutò a superare l'imbarazzo. Enzo, che aveva acquistato molta fiducia in se stesso, fu il primo a reagire: "Quando ci vediamo?" "Lunedì pomeriggio, qua?" propose Christian. "OK, per me va bene. Mamma e papà non ci saranno!" si associò Simone. "A che ora?" "Alle cinque..." fissò Francesco "un'ora, non di più di monopoli e poi chi vince..." ammiccò agli altri. "... dà gli ordini! È il patto! Siamo tutti d'accordo!" concluse Christian che finalmente era riuscito, in un pomeriggio piovoso di fine novembre, ad avvicinarsi al suo sogno più segreto. Cap. 2 Il gioco lo vinse Francesco. Tutti e quattro sapevano che il vero divertimento sarebbe cominciato solo quando uno di loro avesse vinto il gioco, perciò, per evitare che la cosa andasse troppo per le lunghe, si divisero pochi soldi. Stabilirono anche che il vincitore sarebbe stato quello che, al momento in cui il primo finiva i soldi, ne aveva accumulati più degli altri. Su come sarebbe stata fatta la sega al vincitore ci furono molte discussioni, ma alla fine decisero che a turno avrebbero menato il cazzo al vincitore, fino a farlo venire. Il primo a menarglielo sarebbe stato quello che aveva perso tutti i soldi. Avevano stabilito queste norme, ridendo e scherzando, ma solo in apparenza, perché erano molto più nervosi di quanto volessero dare a vedere. E ora che c'era un vincitore, potevano finalmente passare all'azione e al divertimento vero, ma nessuno si muoveva. Non Francesco che pure era contento di aver vinto, né Simone che, avendo finito tutti i soldi, avrebbe dovuto toccargli l'uccello per primo. E neppure gli altri due che se ne stavano un po' storditi a guardarsi le mani, impauriti da quello che stavano per fare. Toccare l'uccello di un compagno di scuola e fargli una sega, oppure farsela fare, non era un avvenimento da poco. Era la prima volta per tutti e un po' d'emozione, imbarazzo e vergogna erano anche giustificati. Christian fu il primo a scuotersi. "Dove lo facciamo?" "Nella mia camera?" propose Simone, padrone di casa. Il capo, cioè Christian, si avviò e gli altri lo seguirono. "Tu mettiti sul letto" ordinò a Francesco "e noi a turno ti faremo la sega. Esci l'uccello!" "No. Abbassati i pantaloni..." buttò là Enzo. "E perché?" chiese Francesco, impensierito dalla piega che stava prendendo la situazione. "Potresti sporcarti" spiegò l'altro, anche a se stesso, ben sapendo che il motivo era un altro. "Dai, Francesco, abbassati i pantaloni e le mutande" convenne Christian. "E perché devo abbassarmeli, se ho vinto?" "Ma la sega non te la possiamo mica fare da sopra ai pantaloni, coglione!" urlò Simone, innervosito oltre ogni dire e soprattutto desideroso di darsi da fare con quell'uccello che vedeva durissimo sotto la tuta di Francesco. Il quale, steso sul letto, posava già il capo sul cuscino e parlava come un malato che sta per essere visitato. Quest'ultima idea, quasi di rimettersi a giocare al dottore, aveva fatto crescere parecchio l'eccitazione di Simone il quale stava per bagnarsi e fu quasi riconoscente a Francesco per aver causato quell'intoppo. "Dai, tanto dopo ci spogliamo anche noi, no?" disse conciliante Christian, sperando di non essere contraddetto dai compagni, dato che ci teneva parecchio a guardarseli tutti nudi. "Vabbè..." e si sollevò per abbassarsi con un solo movimento pantaloni e mutande. Quello che apparve e che Simone aveva già disegnato con ogni particolare nella sua mente, fu l'uccello di Francesco, già guardato l'altra volta, un po' di sfuggita, mentre si cambiavano per giocare a pallone. Stavolta però, nel pieno della sua nudità, era duro e pulsante con un bel ciuffo di peli biondi che piacque molto a Simone. "Dai, spicciati..." implorò, ordinò Francesco. Ora che si era scoperto era più che pronto e Simone, già in ginocchio accanto al letto, come in preghiera, avvicinò la mano tremante. "Allora... un minuto ciascuno. Va bene? Comincia, Simone!" Christian gli diede il via e Simone fece partire la mano esperta. Francesco s'irrigidì, subito si rilassò, assecondando i movimenti. Gli sfuggì un mormorio di piacere, ma non era l'unico a godere, perché anche gli altri tre avevano la mano sugli uccelli e se li strofinavano lentamente. Il minuto passò, Francesco, che credeva di stare per godere già nel momento in cui Simone l'aveva toccato, era riuscito a controllarsi ed ora aspettava la mano di Christian. Il cui massaggio fu ancora più delicato ed esperto. Contrariamente a quanto si era proposto, Francesco sentì che il minuto di Christian non sarebbe arrivato mai alla fine, perché l'eccitazione lo sopraffece. Arcuò il corpo e, mentre la mano di Christian continuava a sollecitarlo, esplose nel suo orgasmo. Il primo schizzo di sperma lo raggiunse al collo, il secondo atterrò per traverso sul petto, macchiando la tuta. Il terzo si stampò sulla maglietta arrotolata sulla pancia. Solo il quarto non fece danni, perché colò sul ciuffo di peli, assieme alle ultime gocce che Christian spremette da quel frutto ancora un po' acerbo. I ragazzi guardarono affascinati la quantità di sperma che stava uscendo da quell'uccello, neanche tanto grosso. Anche se le palle, quelle si che erano notevoli e, si sa, sono quelle a produrre la sborra. "Cazzo... mi sono sporcato!" fu la prima reazione di Francesco, tornato nel mondo dei vivi, incurante dell'eccitazione che aveva generato con la sua prestazione. Gli altri tre erano senza fiato per l'emozione e si guardavano indecisi su come procedere. Il patto prevedeva che dovessero spogliarsi almeno un po', ma quello che adesso premeva a tutti era di farsi una sega e anche in fretta. Simone fu il primo ad abbassarsi i pantaloni, ma si fermò alle mutande per guardare quello che facevano gli altri due. Christian ed Enzo lo seguirono, abbassandosi anche le mutande. Si ritrovarono tutti e tre, come in cerchio, al centro della stanza, a menarsi furiosamente il cazzo, mentre Francesco era sgattaiolato in bagno a tentare di ripulirsi. Con gli occhi bene aperti che andavano da uno all'altro degli amici, i tre si masturbarono con impeto, raggiungendo quasi contemporaneamente un orgasmo violento. Ci avevano messo un tempo molto minore di quello occorso a Francesco. Diressero i getti per terra e ai loro piedi si formarono tre piccole pozzanghere di liquido che rischiavano di rovinare il parquet. Prima di pensare a rivestirsi, Simone corse a cercare un panno per pulire. Quando si ricomposero, se ne tornarono a giocare a monopoli. Non più strip, ma quello vero. E questa volta il gioco decollò e riuscì a interessarli. Non Christian che era un po' assente e pensieroso. Quando decise che per quel giorno ne aveva avuto abbastanza, Christian parlò: "Ragazzi, è ancora valido il nostro patto?" "Eh...? Per me si!" lo rassicurò Enzo e anche gli altri due non si tirarono indietro. "Ho pensato una cosa. Se non siete d'accordo ditemelo. OK?" "OK!" "Io dico... vaffanculo il monopoli!" Lo guardarono senza capire. "Dico che non dobbiamo giocare per forza a monopoli per fare quello che ci piace, no?" "Sono d'accordo" ancora Enzo che aveva capito tutto ed era molto d'accordo. "Anch'io" gli altri due, pure loro in sintonia con il capo e molto favorevoli all'idea. "Quando ci va, lo dobbiamo fare, no?" insisté Christian. "Che cosa esattamente?" sempre Enzo. "Se ci vogliamo toccare e fare le seghe insieme... che bisogno abbiamo del monopoli. È solo una scusa, no?" Cenni di assenso e batticuore di tutti. Poi Christian decise di rischiare. "Lo rifacciamo? "Ora?" "Si, un'altra volta!" "Si, adesso" acconsentì Simone "io ho daccapo voglia. E voi?" Ancora disponibilità in tutti. "E adesso possiamo farlo durare di più, non c'è pericolo che veniamo troppo in fretta, no? Ce l'ho ancora moscio io!" disse Enzo "cioè quasi..." aggiunse ridacchiando. "È vero" convenne Francesco, poi rivolto a Simone "tua madre quando arriva?" "Abbiamo almeno un'altra ora... basta?" "Si... dai!" In un attimo si spostarono verso il divano e mentre Christian ed Enzo si buttarono a sedere abbassandosi pantaloni e mutande, Simone e Francesco gli si misero davanti in ginocchio, anche loro a culetto nudo e uccelli al vento. Simone allungò la mano tremante a tastare l'uccello di Christian e così fece Francesco che mise tutte e due le mani sull'uccellone di Enzo. Si accarezzarono, toccarono, strofinarono, si scambiarono le coccole, finché gli uccelli di tutti e quattro non furono duri un'altra volta. "Certo che ce l'hai proprio grosso" mormorò Simone con ammirazione, parlando ovviamente dell'uccello di Enzo, mentre glielo massaggiava lentamente con tutte e due le mani. "Sto per sborrare" buttò là Enzo e venne subito nelle mani di Simone che continuò a muovergli il cazzo fino a che non si fu calmato. "Adesso però fammela tu la sega, no?" disse poi ed Enzo gli si pose accanto, mettendogli un braccio sulle spalle, con un affetto che non avrebbe mai immaginato di poter rivolgere a un amico, maschio. Con l'altra mano gli impugnò l'uccello e glielo menò fino a farlo mormorare di piacere e venire. Christian e Francesco, per conto loro, avevano trovato una posizione per cui uno riusciva a menare l'uccello all'altro. Erano in piedi, di fronte, molto vicini e con un braccio sulla spalla dell'altro. Mentre una mano accarezzava il cazzo e lo menava. Anche loro raggiunsero con calma e voluttà il loro orgasmo, sporcando il pavimento che Simone dovette correre a pulire, prima che ci restasse la macchia. Si rivestirono con calma, in silenzio, e se ne andarono salutandosi e dandosi appuntamento a scuola per il giorno dopo. "A che pensi?" chiese Christian a Enzo, quando furono soli per strada. "Che mi è piaciuto! Che dici? Lo possiamo rifare?" chiese speranzoso ad un Christian più che disponibile. "Davvero ti è piaciuto?" "Cazzo, se mi è piaciuto! E... Christian..." "Si..." "La prossima volta facciamo coppia noi due?" "Certo. Volevo già chiedertelo oggi, ma non ci sono riuscito. Mi sono seduto vicino a te, ma poi si è avvicinato Simone e..." "Si l'ho notato. Ma siamo d'accordo per la prossima volta, allora?" "Certo! Ciao..." "Ciao!" E corsero via confusi, ciascuno per la sua strada. Cap. 3 Gli incontri pomeridiani dei quattro proseguirono per tutto il mese di dicembre, con qualche variante e senza preoccuparsi del monopoli. Il patto resisteva, perché nessuno pensava di sottrarsi al divertimento. Una delle ultime volte, Simone, su suggerimento occulto di Christian, aveva proposto che per farsi la sega si togliessero tutti i vestiti, invece di abbassare soltanto pantaloni e mutande. Furono tutti d'accordo e le seghe che si fecero quel giorno furono le migliori da quando avevano cominciato. Da allora si spogliavano appena varcata la soglia della casa di Simone. E Simone stesso li accoglieva già seminudo. L'antivigilia di natale, a scuola, mentre i loro compagni si facevano gli auguri, loro quattro erano a consulto. "Oggi, prima di spogliarci, dobbiamo parlare!" annunciò Christian, con fare misterioso. "Perché? Che ci dobbiamo dire?" "Ho avuto un'idea e, se sarete d'accordo, dovremo modificare il patto!" Non volle aggiungere altro, ma non fu un grave sacrificio, perché si ritrovarono già alle tre a casa di Simone. Doverosamente vestiti, anche se sotto le tute s'indovinavano già i cazzi duri, in attesa di ciò che certamente stava per accadere. "Ho pensato che... insomma, è un mese che ce lo meniamo, io lo meno a te, tu a me. A me piace e ci fa divertire tutti, ma io dico che dobbiamo provare altro." "Altro di che?" chiese Enzo, allarmato che il suo paradiso privato di seghe e di uccelli che poteva toccare, venisse cancellato tutto d'un colpo da una delle brillanti idee di Christian. Per conto suo avrebbe continuato così per tutta la vita. "Tieniti l'uccello, Enzo, che adesso ci arrivo!" lo prese in giro Christian "Nelle vacanze di natale avremo un sacco di tempo in più e potremmo vederci anche mattina per fare le nostre cose, no? Diciamo che possiamo programmare una segata ogni giorno. OK?" "Io dico che si può fare" disse Simone ridendo "mia madre se ne va la mattina prima delle nove e non torna fino all'una." "Ma, come ho detto, possiamo provare dell'altro..." e se ne stette zitto, aspettando che gli chiedessero quale diavolo fosse l'idea. "Si può sapere che cazzo vuoi fare, Christian?" chiese Francesco spazientito. "Beh... per oggi pensavo che mi piacerebbe, invece che farmi fare la solita sega dalle mani di uno di voi e farla poi io... insomma, mi piacerebbe mettere il cazzo in mezzo al culetto di qualcuno e strofinarlo!" Ecco l'aveva detto e ora voleva rimangiarselo. Forse era stato troppo avventato, infatti Enzo lo guardò allarmato: "Vorresti... tu vuoi metterlo nel culetto di uno di noi?" "No, testa di cazzo! Ho detto che voglio mettertelo `fra' e non `nelle' cosce" marcò ciò che aveva detto, con voce pedante "tu ti stendi a pancia sotto e io mi metto su di te" spiegò agli allibiti ed arrapati amici "poi ti apro un poco le natiche... le natiche sono le due parti del culetto... e ci metto l'uccello in mezzo. Lo faccio scivolare, avanti e indietro, finché non vengo. Che ne pensate?" E si guardò in torno, abbastanza sicuro delle risposte che avrebbe ricevuto. "Possiamo provare" concesse, infatti, Francesco, poi Simone e anche Enzo diedero la loro approvazione. Si spogliarono senza perdere tempo in chiacchiere e, fatto mettere Enzo a pancia sotto su uno dei divani, Christian gli si stese sopra. Gli aprì con delicatezza le natiche e appoggiò l'uccello al centro. Fece aderire il corpo a quello dell'amico e cominciò a muoversi. Un velo di sudore, forse causato dall'emozione, lubrificò l'asta che scivolava nella fenditura. Enzo sentiva su di sé il peso dell'amico e si godeva quell'effetto, quasi di soffocamento, accompagnato dallo strofinio della pelle, dall'uccello di Christian che si muoveva su di lui. Anche Simone fece lo stesso con Francesco, ma, quando gli appoggiò l'uccello sul culetto, scoprì che era troppo asciutto. Allora s'alzò di scatto, con tutta l'erezione che gli svettava davanti, e corse in cucina a prendere un po' di olio. Fece per tornare poi corse anche in bagno. "Mettete questi sui divani" gridò porgendo due asciugamani ad Enzo e Francesco "se li sporchiamo mia madre ci incula davvero tutti!" Poi si avvicinò al culetto di Francesco e fece come se lo dovesse condire. Glielo unse con l'oliera e poi se ne passò anche sul cazzo. Si ridistese sull'amico e prese a strofinargli dietro, ma provò una sensazione sconvolgente. La lubrificazione che aveva fatto gli diede degli stimoli che non conosceva né immaginava di poter provare e raggiunse immediatamente l'orgasmo. Francesco non attese neppure che l'altro si calmasse, si sfilò da sotto e gli saltò addosso con una specie di ruggito. Lo mise a pancia sotto e allargandogli le gambe, prima del culetto, l'immobilizzò. Con i movimenti del bacino si fece spazio e posò l'uccello sul fondo dello spacco. Riuscì a dare solo pochi colpi e sborrò anche lui, inondando il culetto di Simone con la solita abbondante razione di sperma. E senza bisogno di lubrificante. Christian invece resistette di più e quando si sollevò a guardare il culetto bagnato di Enzo, era davvero soddisfatto di sé e dell'idea che aveva avuto. Gli altri due si erano già calmati e lui poté cogliere anche i loro sguardi soddisfatti. Enzo lo riportò alla realtà, spingendolo gentilmente, perché si spostasse e gli offrisse il culetto. "Ehi... Enzo, mettiti l'olio... è fortissimo!" suggerì Simone, forte della sua esperienza. Oliato anche lui, infilò l'uccello fra le chiappe di Christian. L'abbracciò stretto e cominciò a muoversi. Si scambiarono molte carezze che a entrambi parvero involontarie e, mentre, Enzo veniva, Christian strinse il culetto, percependo il cazzo dell'amico allargargli le natiche. Era qualcosa di nuovo e inspiegabile che gli fece immediatamente tornare duro l'uccello. Sentiva Enzo muoversi sopra di lui, negli ultimi spasmi dell'orgasmo, e cercava di memorizzare tutte le sensazioni che il corpo dell'amico, schiacciandolo, gli regalava. E principalmente quella del cazzo, il cui volume gli divaricava le natiche. La mattina del ventisette di dicembre corsero a casa di Simone, ansiosi di ritrovarsi e di alleggerirsi di tutto il carico che avevano accumulato in quei tre giorni di inattività. Anche se in proprio, è ovvio, ciascuno aveva provveduto ad alleggerirsi ed anche più volte con il pensiero sempre rivolto alla mattina in cui si sarebbero ritrovati. Arrivarono tutti insieme, ma non si spogliarono subito, un po' confusi per il fatto di essere là di mattina. Christian arrivò per ultimo, quando tutti l'attendevano per incominciare. Ma appena l'ebbero guardato in faccia, si resero conto che aveva un'idea. "Qual è la cosa che tutti abbiamo sognato e che mai vorremmo fare?" chiese lui un po' timidamente. "Un pompino..." disse subito Enzo, un po' incerto. Non sapeva se dirlo, ma era abbastanza sicuro che quella fosse la risposta buona per ciascuno di loro. Perché non era un segreto, ne avevano parlato fino alla noia, che tutti avrebbero desiderato provare, ma difficilmente avrebbero trovato una ragazza, una donna, disposta ad accontentarli. "Giusto!" esclamò Christian, riconoscente "Lo desidero davvero. Cazzo! E sono pure disposto a farlo io. Farò un pompino a chi lo farà a me!" dichiarò, fissando Enzo che già si preparava a dirgli di si che lo facesse a lui e poi, chissà. "Vaffanculo!" gridò invece Francesco, spiazzando tutti. "No, davvero! Sto parlando sul serio! Lo faccio davvero!" "Vaffanculo!" ripeté quello, anche se già ridendo. "Fare in culetto, cioè scopare?" lo canzonò Christian "Forse più avanti, scimmia, fra qualche giorno forse faremo anche questo. Comunque, ragazzi, io non intendevo un pompino vero. Dovremmo soltanto succhiarci gli uccelli. È questo che voglio! Voglio provare a sentirmelo succhiare, ma solo fino a poco prima di sborrare. Poi chi sta facendo il pompino finisce la sega a mano. Che ne dite?" "Non lo so..." disse Simone "a me sembra proprio una cosa da finocchi! Succhiare il cazzo!" "Oh... si certo. E quattro di noi, due sopra e due sotto, con il cazzo in mezzo alle chiappe? Che cos'è?" buttò là Christian. Lo guardarono un po' spaventati. "Cazzo, ragazzi" insisté "ma noi non siamo finocchi. È solo che ci piace fare delle cose. Mio cugino mi ha detto che lui e i suoi compagni facevano le stesse cose tutte le volte che potevano. Esattamente come noi. E che le hanno fatte fino a che hanno avuto quindici, sedici anni. Qual è il problema?" "Il vero problema è che io sto per prendere l'uccello di uno di voi nella mia bocca! Tutto qua e solo questo!" esclamò Francesco, accalorato. E Christian non aveva ancora capito bene se lo era per l'eccitazione o perché disgustato dalla proposta. "Va bene, va bene" disse allora "coglione che non sei altro! Simone prendi le carte!" "Per fare cosa?" chiesero insieme Francesco e Simone. "Tu prendile" gli ordinò perentorio Christian, dando uno sguardo di sfuggita a Enzo. Come per chiedergli scusa. "Dai, adesso spogliamoci nudi!" disse quando le ebbe in mano. E senza esitare si sfilò tuta, maglietta e mutande, gettandole in un angolo. Il suo uccello era là, duro e dritto, pronto a esplodere, a testimoniare quanto fosse eccitato. Confortati da quella visione gli altri lo seguirono e si ritrovarono presto nudi, seduti in cerchio, a gambe incrociate sul tappeto, attorno al mazzo di carte che Christian aveva mescolato mentre si spogliavano. Non sapevano che aspettarsi, ma i loro uccelli erano duri, come se avessero già capito tutto. "OK ragazzi, adesso fate come vi dico. Credo che tutto questo piacerà a uno di noi, molto più che agli altri! Forza! Prendete una carta ciascuno e la più alta vince!" Gli altri tre non sapevano quello che stava per accadere, non l'immaginavano, ma di una cosa erano certi. Nessuno li aveva obbligati a essere là, era il patto. Fatalmente Francesco vinse il giro. Christian lo guardò un po' innervosito, ma ormai aveva deciso, doveva andare in fondo a ciò che si era proposto di fare. "Bene, credo che oggi sia il tuo giorno fortunato. Mettiti sul divano e allarga le gambe!" "Perché, che vuoi fare?" "Francesco, sto per succhiarti l'uccello" annunciò Christian "e quando avrò finito, tu non dovrai fare nulla per me o per chiunque altro. Questa è solo una prova. Tu non devi fare altro che metterti sul divano e vedere se ti piace quello che io ti faccio. E poi dirlo agli altri. Aspetta... la cosa più importante è che ti devi fermare un attimo prima di venire, perché se ti scappa di sborrarmi in bocca... te lo stacco con un morso. Hai capito?" Francesco gli fece un sorriso ambiguo. "Se stai per farmi un pompino, evidentemente ti piace. E piacerà anche a me! Dai, datti da fare!" Poi andò a sdraiarsi sul divano, a gambe aperte, mostrando quella che certamente era la più gagliarda ed esuberante erezione della sua vita. Enzo e Simone ce l'avevano anche loro duro come non mai e si prepararono ad assistere all'esibizione, a vedere come l'amico metteva in pratica la sua idea. Christian ebbe un momento di esitazione, quando, inginocchiato fra le gambe di Francesco, ne guardò più da vicino l'uccello duro. Là, rampante, in attesa di attenzioni speciali. "OK, tocca a me!" disse a se stesso, un po' frastornato, non sapendo neppure da dove cominciare. Si fece coraggio e afferrò il cazzo di Francesco. Lo fissò, come se potesse parlargli, poi tirò il fiato e se l'infilò in bocca tutto d'un colpo. In quello stesso istante Francesco ebbe un brivido e gli venne la pelle d'oca. Sulle spalle e sulle gambe la pelle gli s'increspò, come una scossa, che lo corse dalla testa ai piedi. Il primo sapore che Christian avvertì fu forte. C'era un odore di sapone, ma un po' salato per via del sudore e c'era dell'urina che non era stata eliminata completamente quando Francesco si era lavato. Passò la lingua sulla punta e colse un sapore nuovo, muschiato, da una goccia di liquido più denso che già era salito alla fessura. Immaginò, più che capire, cosa fosse e il sapore non gli dispiacque. L'impressione d'avere in bocca l'uccello di un ragazzo, pensò, non era poi così cattiva. Quel pisello gli dava una sensazione forte, rude e anche liscia, morbida, gentile. Cominciò a succhiare e più succhiava, più muoveva la lingua, dando a Francesco delle scosse che dall'uccello gli salivano al cervello. Vedendo ciò che accadeva sotto i loro occhi, Enzo e Simone avevano subito cominciato a toccarsi. "Cazzo... Christian. A-avevi ra-ragione" balbettò Francesco, come faceva sempre quando era emozionato "È fo-forte... la lingua. Dai..." Christian riuscì a coordinare i movimenti della bocca, mentre stimolava l'asta nella sua lunghezza, spingendola fin dove poteva, senza sentirsi soffocare. Sentiva se stesso fare rumori incredibili, ma capì che non erano per nulla comici e che nessuno dei suoi amici avrebbe riso. "Ehi... Ch-Christian" Francesco, affannato gli pose le mani sulla testa, facendolo rallentare " Cazzo... Ch-Christian... non avrei mai pensato che... "riuscì a dire prima di riprendere fiato "non immaginavo che fosse così... così... boh!" E gli strinse la testa, come a dirgli di ricominciare a succhiarlo. Christian riprese i suoi movimenti, di testa, di lingua, le sue succhiate sempre più potenti. Gli girava la testa, aveva le lacrime agli occhi e quasi gli colava il naso, ma la sua attenzione era tutta volta a che Francesco non gli venisse in bocca. Che l'avvisasse in tempo. Sapeva che doveva essere vicino. "Cazzo... Chris... quasi..." e Christian si allontanò di scatto, come se l'avesse punto un insetto "no aspetta. Te lo giuro, Christian. Te lo giuro... che non ti vengo in bocca..." l'implorò "ma continua... dai... due secondi. Ti prego!" E Christian si commosse, infilandosi un'altra volta e con estrema cautela l'uccello in bocca. Gli dette una sola leccata, lo sentì irrigidirsi e si raddrizzò. Incontrò gli occhi imploranti dell'amico. Gli prese l'uccello in mano, lo strinse gentilmente, tirò indietro la pelle e Francesco sborrò, colpendolo in pieno petto. Lo sperma che riuscì a scaricare quella volta, fu la maggiore quantità che i ragazzi gli avessero mai visto emettere. Dopo averlo colpito al petto, gli altri schizzi gli mancarono di poco la faccia. La velocità e la potenza di quell'orgasmo erano incredibili. Un altro schizzo finì sul braccio di Christian e poi sul pavimento, finché Francesco crollò esausto sul divano. "Fa-fantastico... cazzo, è stato fantastico..." riuscì a dire fra un respiro e l'altro. "E per te, com'è stato Christian?" chiese Enzo. "Oh, niente male. Non è stato brutto come pensavo. E soprattutto..." sorrise, toccandosi l'uccello duro "è stato arrapante da morire!" "E lo fai anche a me?" chiese Simone speranzoso. "Vaffanculo! Ed è tutto quello che ti posso dire. Fatto una volta, non si fa più. E quel culetto rotto di Francesco sarà l'unico ad averlo provato" disse Christian, un po' amareggiato, mentre con la faccia schifata si puliva lo sperma dell'amico dal petto. "No, aspetta. Non sarò l'unico io" disse allora Francesco, sorprendendo tutti "Tocca a te adesso, Christian. Mettiti sul divano. Devi provarlo anche tu. È troppo..." e non trovando la parola scosse la testa, come faceva sempre "è troppo!" Christian non se lo fece ripetere due volte e saltò letteralmente sul divano, mettendosi a gambe divaricate. Finalmente stava per provare un pompino. "E che cazzo!" gridò allora Simone, rivolto ad Enzo "Facciamolo anche noi. Prendi le carte. Dai... a chi prende la più alta!" Simone prese le carte, le mescolò, aprì il mazzo e lo porse ad Enzo che ne scelse una. Ne prese una anche lui e le scoprirono. Vinse Simone. E un attimo dopo ci furono due ragazzi sdraiati sul divano, con gli occhi chiusi e il cazzo infilato nella bocca dei loro amici. L'eccitazione era già alle stelle e Francesco non faticò molto a portare Christian all'orgasmo, sfilandosi il cazzo di bocca un attimo prima che cominciasse a sparare sperma. Non abbastanza in fretta per non rimanerne colpito sul mento. Tanto vicino alla bocca che con la lingua, con un movimento istintivo, ne raccolse un poco per assaggiarlo, mentre Christian era adagiato sul divano, a occhi chiusi, godendosi la delizia dei momenti appena vissuti. Simone subì gli attacchi di Enzo per non più di dieci secondi prima di sfilarsi e colpirlo sul petto con i suoi schizzi. E poco dopo Enzo, con altrettanta velocità, fu l'ultimo a godersi il pompino post-natalizio. Cap. 4 Nei giorni seguenti i ragazzi non pensarono ad altro che a spompinarsi. Ogni altra attività fu abbandonata e almeno una volta al giorno tenevano delle lunghe sessioni di succhiate e leccate, con Christian ed Enzo che divennero quasi una coppia fissa. I loro pompini duravano molto di più di quelli degli altri, ma la cosa non creava alcun problema, giacché anche Simone e Francesco se la passavano bene insieme. Il 30 di dicembre Christian se ne venne con l'idea del patto finale. Avevano appena finito di succhiarselo e se ne stavano, nudi ed esausti, tutti e quattro sul divano. "Cazzo... oggi è stato grande" disse Christian, mentre con indolenza si spargeva la sborra di Enzo sulla pancia "E domani è capodanno." "E allora?" disse uno dei tre. "Domani e dopodomani non potremo vederci. Cazzo!" "Sarà il due di gennaio, allora!" "Si... ma vi propongo una cosa." Era la frase adatta, detta con il tono giusto, per far rizzare le orecchie ai ragazzi. "Che cosa?" "Eh... che cosa?" "Diciamo che è il nostro patto finale. Per la prima sega dell'anno dobbiamo provare qualcosa di nuovo." "Che cosa?" chiesero in coro, terribilmente incuriositi. "Ragazzi... abbiamo fatto tutto e ora io dico... che dobbiamo farci almeno un pompino fino in fondo!" "Vuoi dire succhiarcelo, finché veniamo?" chiese Simone, con una faccia stupita, ma interessata. "Eh no!" disse Francesco, disgustato "La sborra... bleah!" "Si, la sborra!" insisté Christian "Ma solo per una volta! Non dovremo mai più farlo. Solo per una volta. Per provare e dire che l'abbiamo fatto. È l'ultima cosa. Il patto finale! Dai, ragazzi... facciamolo!" Cadde un silenzio un po' imbarazzato, subito rotto da Enzo: "Lo voglio fare, Christian. Te lo faccio io per primo. Tanto, non sarà questo che farà la differenza. E se poi muoio avvelenato... almeno l'avrò provato. No?" "Se tu muori" gli rispose Christian, ridendo, ma non con gli occhi che invece lo guardavano con tutt'altra espressione "se muori, muoio anch'io, perché prima te lo farò io il pompino. E mi verrai in bocca!" "OK, io ci sto" disse Enzo "e voi ragazzi?" Francesco e Simone si guardarono per un po', poi assentirono nervosamente. Si alzarono tutti in piedi e, anziché siglare il loro patto con una stretta di mano, si strinsero vicendevolmente e per un tempo piuttosto lungo gli uccelli. Prima che si lasciassero, Christian fece a tutti un'ultima raccomandazione: "Da questo momento, niente seghe. Così fra due giorni berremo tutto quello che avremo accumulato. OK?" L'appuntamento fu fissato e fino a quel momento vissero ore di grande ansia. La prova che li attendeva era un po' ardua, farsi eiaculare in bocca, anche se da un amico, non era una cosa normale fra ragazzi. Era roba da finocchi, ma nessuno lo disse. Francesco lo pensò. Simone quasi lo fece, ma lui era poco incline a meditare sulle proprie idee era sempre più facile seguire l'istinto e quella volta l'istinto gli suggeriva di non pensare. Anche Enzo lo pensò, ma lui ormai era felice solo se poteva accontentare Christian e quella era un'idea di Christian. Quanto a lui, il loro capo indiscusso, sapeva bene che tutto ciò che avevano fatto e quello che stavano per fare era molto, ma molto da finocchi. Come lo sapesse era frutto della sua sensibilità che gli aveva già fatto capire abbastanza di sé per lanciarsi nell'impresa di concupire i suoi amici. Sebbene il capodanno fosse una festa importante e coinvolgente, per quello che portava con sé, il pensiero di tutti e quattro restò fisso a ciò che avrebbero fatto quando si fossero incontrati nuovamente. In quei due giorni si scambiarono parecchie telefonate. Francesco, nonostante se ne vergognasse, confessò a Simone d'aver assaggiato lo sperma di Christian in occasione del loro primo pompino, descrivendogli con tutti i particolari ciò che aveva provato. Simone non volle confessargli di avere rotto il patto, essendosi appena masturbato. Poi aveva intinto le dita nel succo dei suoi coglioni e le aveva leccate. Il sapore che aveva sentito l'aveva fatto arrapare un'altra volta. Sapeva di muschio e un po' di pesce, ma non era così cattivo come aveva immaginato. E mentre faceva questi pensieri, l'uccello gli era tornato duro, tanto che aveva dovuto costringersi a pensare ad altro. Con Francesco fu d'accordo nel dire che valeva la pena di provare. Enzo e Christian, invece, fecero altri discorsi. Si erano scoperti improvvisamente dispiaciuti di non potersi incontrare in quei due giorni e trascorsero molto tempo al telefono. Senza mai parlare di sesso. Poi, finalmente giunse la mattina del due di gennaio e tutti e quattro si alzarono molto prima di quanto i loro genitori si aspettassero. Sapere che prima di mezzogiorno avrebbero fatto e ricevuto un pompino completo, li eccitò incredibilmente. Non avevano fissato un appuntamento preciso, ma erano d'accordo che avrebbero telefonato a Simone dopo le 08.30 per sapere a che ora si sarebbe liberata la casa. Quella mattina furono molto meticolosi nella pulizia personale. La doccia durò molto più del solito e l'uccello fu sottoposto a delle cure speciali. Tanto speciali che Simone stava venendosi in mano sotto il getto dell'acqua. Si bloccò per miracolo, davvero spaventato. E nessuno dei quattro, per nulla al mondo, avrebbe pisciato prima di aver fatto tutto quello che si era proposto, cioè prima che l'evento avesse luogo. Alle 09.30 in punto, quattro dei più begli adolescenti, sicuramente, i più disinibiti, della città e del mondo, s'incontrarono per la loro esperienza più forte, il patto finale. Decisero di scegliere dal mazzo una carta ciascuno. Quello con la più alta avrebbe avuto la possibilità di scelta. Erano ancora vestiti, ma sotto le tute, le loro erezioni si disegnavano nettamente. Presero le carte e toccò a Francesco. Scelse di essere il primo a succhiare, Simone gli avrebbe scaricato in bocca tutta la sua eccitazione. Dopo sarebbe toccato a lui di succhiare e bere. I due ragazzi cominciarono a spogliarsi, ma Christian fece cenno a Simone di fermarsi e tutti e tre si misero a guardare Francesco che lentamente si sfilava la tuta, togliendosi la maglietta e finalmente abbassandosi le mutande. Poi toccò a Simone che, una volta nudo, andò a sdraiarsi sul divano. "OK, ragazzi" annunciò Christian "questo è il momento che abbiamo tanto atteso. Francesco, ricordati, dobbiamo fare tutti la stessa cosa. È il patto. Quando Simone comincia a sborrare, devi tenere il suo uccello un bocca, finché finisce. Questa è la regola. Dopo, se vuoi, potrai sputarlo, ma solo dopo che lui ti dirà che ha finito! Siamo tutti d'accordo?" Simone si accomodò meglio, ansioso di infilare l'uccello in una bocca calda. Gli altri ragazzi si misero attorno. Francesco gli s'inginocchiò fra le gambe e guardò l'asta rigida che gli si parava davanti e che stava per servire. Stava per dire a Simone di avvertirlo in qualche modo, prima di venirgli in bocca, ma poi pensò che non avrebbe fatto alcuna differenza. Ci fu un momento di assoluto silenzio quando posò le labbra sul cazzo di Simone. Non era come le altre volte. Anche se ognuno aveva già succhiato e spompinato gli altri tre, quello che stavano per fare era sicuramente più impegnativo. Francesco tirò un profondo respiro e si piegò verso Simone, ingoiandone l'uccello. Lo sentì rabbrividire, Simone aveva nei coglioni lo sperma di quasi due giorni. E per lui era tanto, troppo. Francesco cominciò a succhiare e leccare l'asta, calda e vellutata, cercando di tenerla sempre tutta dentro la bocca. Sapeva che Simone avrebbe ritardato più possibile il momento della sborrata. Enzo e Christian li guardavano ipnotizzati, seguendo i movimenti coordinati dei due. Più che un pompino, pareva ormai che Simone stesse scopandosi la bocca di Francesco. Tutto questo durò meno di un minuto, perché dai mormorii di Simone capirono che la fine era vicina. "Ci sono..." riuscì a dire, mentre Francesco cercava di assecondarne i movimenti con la testa. Era davvero arduo non lasciarsi sfilare l'uccello dalla bocca. Quando avvenne, Francesco era totalmente impreparato alla forza e alla velocità dell'orgasmo di Simone. Il liquido, come infuocato, lo colpì direttamente in fondo alla gola e lui l'ingoiò, per una reazione istintiva. Simone stesso non immaginava quale intensità potesse avere il primo schizzo che avrebbe sparato "Stagli sopra, non lasciarlo!" comandò Christian. Getto dopo getto, lo sperma fluì nella bocca. Simone pensò di non poter mai smettere di sborrare. Poi si calmò e finalmente mormorò qualcosa, avvisando di aver finito. Solo allora Francesco si lasciò sfuggire dalle labbra l'uccello, assieme ad una goccia di sperma che finì tra i peli del pube. Francesco, si leccò le labbra, un po' arse, ma non cercò di sputare ciò che aveva in bocca, né corse verso il bagno. "Grazie, Francesco..." gli disse Simone in un soffio. I ragazzi erano tanto eccitati da non poter più aspettare. Christian spinse Enzo sul divano e gli allargò le gambe, andando a prendere tra le labbra l'enorme uccello del ragazzo. Ed Enzo venne in meno di un minuto, mentre Christian ingoiava ogni goccia che gli schizzava in bocca. Intanto Simone, appena ripresosi dall'orgasmo, si era sistemato fra le gambe di Francesco, cercando di rendergli in ogni modo il favore che aveva appena ricevuto. Lo sperma di Francesco, sempre eccezionalmente abbondante, eruppe subito e riempì la bocca di Simone, traboccò dalle labbra e colò per terra, bagnandogli la faccia. Costringendolo sicuramente a ingoiare più di quanto avrebbe voluto. Infine, Christian, artefice di tutto, ricevette il frutto del suo lavoro di mesi. Fu Enzo ad accarezzarlo, leccarlo, coccolarlo, poi prendergli l'uccello in bocca per baciarlo e succhiarlo. Fino ad avere le lacrime agli occhi e la bocca inondata e infine ingoiare, sempre guardandosi negli occhi. Quando tutto fu finito, i quattro se ne andarono un po' in giro, si lasciarono per il pranzo, ma alle tre erano daccapo insieme. L'eccitazione che avevano appagato quella mattina, tornò a farsi sentire nei loro ventri. "Non è stato male, vero?" chiese Simone a Francesco. "No, anzi... no, proprio niente male!" "Vorrei rifarlo. Che ne dici? Io a te e tu a me?" "Per me va bene, ma questa volta tu me lo fai per primo. OK?" Enzo e Christian guardavano, mentre Francesco si spogliava e Simone, senza neppure togliersi i vestiti, gli si attaccava al cazzo, ingoiandolo d'un colpo. "Cazzo!" disse Christian sorpreso da quella furia. "Vuoi... vuoi che lo facciamo anche noi?" chiese Enzo esitante. "No... io. Adesso non voglio." "Neanch'io... ma... Christian, io..." "Anch'io. Vieni..." e se lo tirò dietro. Andarono a chiudersi nella camera di Simone e si abbracciarono. I loro corpi si unirono, schiacciandosi, uno contro l'altro, ma stranamente l'eccitazione, che pure era vigorosa, non fu la sensazione più importante in quei momenti. Li avvolse uno struggimento, una tenerezza che solo Christian, che sapeva, riuscì ad interpretare. "C'è una cosa che devo dirti, Enzo. È difficile..." "E tu dimmela." "Tutto quello che abbiamo fatto, tutte le cose, il patto, fino a stamattina. Io... l'ho fatto perché vi volevo vedere nudi e volevo vedere i vostri uccelli duri." "Anch'io li volevo vedere..." "Anche tu? Davvero?" "Si e non so come avrei fatto se tu non mi avessi aiutato!" "Allora non sei arrabbiato con me?" "No! Non sono incazzato, io..." e non riuscì a dire altro. Fu allora che Christian lo baciò sulla bocca, poi con la lingua cercò di fargli allargare le labbra e quando ci riuscì, andò ad assaggiare la sua saliva. Si ritrasse e attese che Enzo facesse lo stesso con lui. Stavano così, abbracciati e con le labbra incollate, quando si aprì la porta e apparvero Francesco e Simone, nudi, con gli uccelli mosci, ancora bagnati di sperma. "Che cazzo fate?" urlò Francesco. "Siete finocchi... voi due siete finocchi. Di merda..." gridò Simone. "Ehi... ma che cazzo dici?" protestò Enzo. "Siete finocchi... siete finocchi... siete finocchi..." ripeteva Simone, canzonandoli, ma non c'era alcuna bonarietà nella sua voce. Francesco si era spostato indietro, cercando di nascondersi dietro Simone, ma li guardava con sbalordimento. Resosi improvvisamente conto di essere nudo, scappò via a cercare i propri vestiti. Christian era immobile, non riusciva a parlare. Avrebbe voluto, difendersi, negare, forse spiegare. Fino a riderci sopra, ma non poteva aprire la bocca, perché era conscio che se l'avesse fatto sarebbe stato per confermare ai suoi amici che avevano ragione. Avevano tutte le ragioni del mondo per dire a lui che era gay. Di Enzo non sapeva, non poteva ancora dire, ma di sé era più che certo. Se ne stava là, impietrito. In quella situazione, non parlare equivaleva ad accusarsi, ma anche Enzo non sapeva che dire. Li avevano visti, mentre si stavano baciando. Con la lingua. E gli stava piacendo. Dio come gli piaceva. L'avrebbe rifatto se Christian avesse voluto, ma se ne stava là, al centro della stanza con gli occhi sbarrati. Forse pentito. No, lui non era pentito! L'avrebbe rifatto. Poi tornò Francesco che si era rivestito. "Fate schifo..." disse con voce truce. "Andate via! Via... via! Andate a incularvi da un'altra parte!" rincarò, strillando, Simone. Fu allora che Enzo prese l'iniziativa, vista la passività di Christian. "Siete due stronzi!" lo disse e la voce gli tremava, perché stava per piangere "Non dimenticate però che mentre noi due ci baciavamo, voi vi facevate un pompino... avete ancora la bocca piena di sborra" urlò, piangendo. Detto questo, prese Christian per un braccio e lo trascinò via. Nessuno parlò e non si salutarono. Simone e Francesco restarono a guardarli, mentre si mettevano i cappotti. Da quel momento, da quel giorno Christian ed Enzo smisero di esistere. Tutto quello che avevano fatto insieme non era mai accaduto. E anche il ricordo fu cancellato. Cap. 5 Christian parve scuotersi solo quando furono per strada. Guardò Enzo negli occhi e fu come se li vedesse la prima volta. Scoprì che erano verdi e profondi. Seguì la linea del naso, le labbra, le guance arrossate dall'aria fredda del pomeriggio. La luce del tramonto rendeva armoniosi tutti i colori. E gli occhi parevano ancora più verdi. Avrebbe voluto baciarlo là stesso, ma sapeva di dover aspettare. Si stavano allontanando dalla casa di Simone da cui erano stati scacciati, ma non era preoccupato o arrabbiato. Ora voleva soltanto baciare Enzo, poi forse chiedergli delle cose, ma prima baciarlo. Sarebbero andati a casa sua, dove con un po' di fortuna non ci sarebbe stato nessuno. Corsero a chiudersi nella camera di Christian e, quando sentirono lo scatto della chiave, tornarono a abbracciarsi, accarezzandosi lentamente. Fecero così per molto tempo, baciandosi, sfiorandosi con le labbra. Avrebbero dovuto parlare, ma non gli importava. Quel lungo bacio, le carezze dicevano già tutto. I loro corpi si risvegliarono, stretti in un viluppo di braccia e di gambe, ma la dolcezza del momento che stavano vivendo stemperò anche l'eccitazione. "Posso chiederti una cosa?" disse Enzo, quando si furono un po' calmati. "Si..." "Ma... tu sei davvero... un... omosessuale?" "Si!" "E credi che... possa esserlo anch'io?" "Forse, Enzo, ma io credo di si..." Quella rivelazione lo colpì moltissimo. Enzo si liberò, anche se con delicatezza, dall'abbraccio ed andò a sedersi sul letto. "Cazzo... cazzo... ma tu lo pensi davvero? E sei sicuro di te, Chris?" "Credo... io non lo so, ma penso che io e te... Ehi, Enzo... io ti voglio bene!" Andò a sedersi accanto a lui e gli prese la mano. Avrebbe voluto baciarla, ma non ne ebbe il coraggio. Restò a guardarlo, sperando che ammettesse, si adattasse a ciò che gli aveva detto. "Che significa?" Enzo era completamente smarrito, mentre Christian aveva riacquistato un po' della sua sicurezza. "Significa che ti voglio bene... e che forse anche tu me ne vuoi, non è vero?" "Non lo so, Christian. Davvero sei omosessuale tu? Ed io pure?" "Non importa che cosa siamo, cazzo!" gridò. "Non ti arrabbiare..." mormorò Enzo e cominciò a piangere "non ti arrabbiare, per favore..." Christian non era preparato a quelle lacrime e si commosse. Se Enzo era spaventato, anche lui lo era e tanto. Lo abbracciò e finirono per piangere insieme, ma i loro corpi si ritrovarono un'altra volta troppo vicini. Era un'intimità generata più dalla tristezza che dalla prossimità, ma quel contatto li risvegliò ugualmente e dalle lacrime passarono alle carezze e poi ai baci. L'eccitazione li colse entrambi. Fecero correre le mani e si liberarono dei vestiti quel tanto che serviva a toccarsi. Così, senza smettere di baciarsi, cominciarono a strusciare gli uccelli, uno contro l'altro, stretti fra le pance, fino a venire. E neppure allora si staccarono, aspettando che l'orgasmo si attenuasse. "Noi non dobbiamo piangere. Mai più! OK? Non piangere!" "Anche tu hai pianto. E... smettila!" strillò Enzo, divincolandosi, cercando di sottrarsi, perché Christian gli stava facendo il solletico. Risero fino a che non gli fece male la pancia e poi si guardarono con gli occhi dell'amore, perché tornarono a baciarsi. "Enzo... c'è una cosa..." disse Christian un'ora dopo. Erano usciti e camminando erano finiti nella villa comunale. Faceva molto freddo e non c'era nessuno in giro. Raggiunsero un angolo appartato e sedettero su una panchina. "Cos'è?" "Un patto... un patto, ma fra noi due! Dobbiamo essere amici veri, io credo..." lui non sapeva come dirlo, perché non era chiaro neppure a lui "non lo so, Enzo, ma penso che, se mi vuoi bene... dobbiamo essere amici in un modo speciale. Più di ora. Solo noi due... capisci?" "Si... siamo amici." "Ma amici veri, speciali?" "Si. Come dici tu!" "Me lo giuri?" "Si, per sempre!" Gli mise un braccio sulla spalla e l'attirò a sé. Faceva davvero freddo ed Enzo rabbrividì. Lui lo strinse, proteggendolo e si scoprì felice, appagato. "Come faremo domani?" chiese Enzo dopo un po'. "A casa mia non si può. C'è sempre qualcuno. Da te?" "Neppure..." "Ho trovato" gridò "Da noi c'è mia nonna, quindi casa sua è vuota, perché zio Giovanni se n'è andato in America. Domani mattina cerco di prendere le chiavi e ce ne andiamo là." "Non è un po' lontano?" "Dai prendiamo il tram!" "Tu ce li hai i soldi?" "Si, per tutti e due..." Enzo gli fece gli occhi dolci e lui lo baciò sulla guancia che era gelida. Il ragazzo attirato dal calore del contatto lo cercò ancora e Christian lo riempì di baci. Ancora una volta stavano per essere travolti dall'eccitazione, ma riuscirono a controllarsi. Dopo tutto erano in un luogo all'aperto e poteva passare chiunque. Anche se era la sera del due di gennaio e faceva molto freddo. La mattina dopo faceva ancora più freddo. Alle otto saltarono sul tram n. 7 e raggiunsero l'altra parte della città, dov'era la casa della nonna. Sgattaiolarono nel portone, attenti a non farsi vedere da nessuno dei vicini. Appena dentro si barricarono e corsero nella camera dello zio, che era un tipo particolarmente incasinato. Se l'avessero resa un po' più disordinata nessuno se ne sarebbe accorto, neppure la nonna che in quella stanza si rifiutava di entrare. Era un rifugio perfetto. "Facciamo l'amore?" chiese Christian a un meravigliato Enzo. "Si..." fu l'ovvia risposta, anche se un po' dubbiosa sulle modalità. Come fanno l'amore due maschi? Gli avrebbe chiesto se Christian non l'avesse travolto con il suo abbraccio, spingendolo sul letto e rotolandosi con lui. In un tempo brevissimo erano nudi e sotto le coperte, visto il freddo della casa, da una settimana senza riscaldamento. Il primo, lunghissimo bacio fu interrotto solo perché Christian si allontanò un po' per fissare Enzo. "Cerchiamo di non venire troppo in fretta. OK?" "Si, ma non so se posso" sussurrò l'altro, un po' vergognandosi. Christian l'accarezzò sulla spalla, poi scese a toccargli il culetto. "Che fai?" chiese Enzo allarmato. "Voglio provare... Enzo. Io a te e tu a me." "Che cosa?" "A fare l'amore davvero. Come fanno i grandi." "Non capisco... come fanno?" poi sentì la mano di Christian tastargli il culetto, sfiorargli il buco e si allarmò "che vuoi fare?" Christian non smise di accarezzarlo. "Io a te e tu a me" ripeté "dobbiamo farlo, Enzo!" e gli sfiorò il buco con il dito, spingendo leggermente. "Me... me lo vuoi infilare?" "Si... ma voglio che anche tu lo faccia a me!" "Ma fa male. Farà male." "No, no. Ti ricordi l'olio? Faremo così... ti prego, Enzo!" Lo baciò ovunque. Forse l'aveva convinto. Non attese di esserne certo e balzò dal letto, nudo, sfidando l'aria gelida e corse in cucina. Tornò in un attimo con una boccetta d'olio che appoggiò sul comodino. "Chi lo fa per primo?" chiese a Enzo che lo guardava implorante da sotto le coperte. Del ragazzo si vedevano solo gli occhi e i capelli sparsi sul cuscino. "Tu..." gli rispose pronto Enzo "prima tu e mi fai vedere come si fa!" Se ne tornò sotto le coperte e lo fece mettere a pancia sotto. Più volte tirò fuori il braccio e intinse il dito nella boccetta. Poi tornava sotto le coperte e spargeva l'olio sul buco. Allo stesso modo si unse l'uccello. L'eccitazione ebbe il sopravvento e con un movimento imperioso scacciò indietro le coperte, scoprendosi. Non aveva più freddo. Gli s'inginocchiò fra le gambe e allargò il culetto. Lentamente si abbassò fino a sfiorargli il buco con la punta dell'uccello. Quando l'ebbe come agganciato, spinse un po' e la cappella unta scivolò dentro di un paio di centimetri. Lo sentì irrigidirsi. Tirò indietro l'uccello e ripeté la manovra. Questa volta non gli diede tempo di reagire e si abbassò di più, tanto che con il suo movimento l'uccello s'infilò per quasi tutta la lunghezza. Enzo gridò, più per lo spavento di sentirsi penetrato che per il dolore che era molto attenuato dalla lubrificazione. Christian allora gli si stese sopra e muovendo il bacino, su e giù, lo penetrò sempre più a fondo. Gli passò le mani sotto la pancia a cercare l'uccello. Nel momento in cui glielo strinse, con il suo cazzo pressò nelle viscere del compagno. Fu un attimo e tutti e due eiacularono. Uno nelle mani dell'altro e quello riempiendogli il culetto del suo seme. Si calmarono dopo molti sussulti e lentamente Christian gli scivolò fuori, mentre Enzo lo guardava estasiato. "Che è stato..." disse Enzo, come a se stesso "che cazzo...!" "Ti ho fatto male?" "Male? Non vedi che è successo?" e gli accarezzò le mani bagnandosele della sua sborra "male?" e scoppiò a ridere. Poi gli saltò al collo e lo riempì di baci. "Sei contento?" "Si!" "Quando lo farai a me?" "Fra un poco. Aspetta... ho freddo!" gli si accoccolò contro e chiuse gli occhi, mentre Christian tirava le coperte. Lo baciò tra i capelli, poi anche lui adattò il proprio corpo quasi avvolgendo il compagno. Un momento dopo erano addormentati. Si svegliarono dopo un po', perché Enzo aveva fatto un movimento brusco. "Che c'è. Che succede?" disse Christian. "Mi... io mi sento... forse devo andare nel bagno..." Christian lo liberò dell'abbraccio. "Non lo so, mi sento..." avvampò "è la pancia. Mi sento lo stimolo, ma non è come le altre volte!" Era diventato rosso come un peperone. Christian era pure imbarazzato, ma aveva anche paura, temendo di avergli fatto chissà che male, venendogli dentro. "Vai a gabinetto..." lo esortò. "Vieni con me?" Lo prese per mano e corsero nudi nel bagno. Enzo si sedette tremante sulla tazza, sempre stringendo la mano di Christian. Gli rivolse uno sguardo implorante. Si sentiva strano. Avvertiva uno stimolo, aveva l'urgenza di liberarsi, ma non era per fare la cacca e questo lo terrorizzava, perché temeva che gli si fosse rotto qualcosa dentro. Christian gli s'inginocchiò accanto e lo abbracciò, posandogli il capo sul petto. Entrambi tenevano gli occhi chiusi. Lo accarezzò sulla pancia, finché non riuscì a calmarlo e solo allora Enzo riprese a respirare in modo normale, poi finalmente si liberò del seme che Christian gli aveva lasciato dentro. Fece qualche rumore e arrossì di più. "Mi dispiace, scusami" mormorò "sono stato uno scemo! Era la tua roba ed io credevo chissà che cosa..." Christian lo baciò sulla bocca per farlo tacere, poi, senza staccare le labbra, allungò la mano e prese una striscia di carta igienica. La passò fra le gambe di Enzo e gli pulì il culetto. La lasciò cadere e ne prese ancora. I suoi baci continuarono, finché non l'abbracciò aiutandolo a sollevarsi per farlo sedere sul bidè. Tornò a inginocchiarsi davanti a lui e lo lavò, accarezzandolo con le mani insaponate, poi sciacquandolo e infine lo asciugò. Gli baciò i capezzoli e scese al ventre e poi più giù, fino a prenderglielo in bocca. Il cazzo di Enzo era già quasi duro, ma lui lo portò alle notevoli dimensioni dei momenti migliori. "Ora sei pronto?" gli chiese. Enzo fece di si con la testa. Allora se ne tornarono di corsa sotto le coperte, perché scoprirono improvvisamente di avere tanto freddo. Sotto le coperte se ne stettero abbracciati finché non calmarono il tremore. Le lenzuola erano gelide. Solo quando ebbero riscaldato con i corpi l'interno del letto, cominciarono a muoversi. Ancora baci e carezze. "Tocca a me adesso" disse Christian. "Ti farò male!" "Lo voglio fare, Enzo!" E si voltò, mettendosi a pancia sotto. Enzo si diede da fare con l'olio. Lo penetrò con un dito, strappandogli un grido e dei sospiri. Poi gli si mise sopra e, restando sempre sotto le coperte, gli puntò l'uccello contro il buco. "Sei pronto?" "Si..." E lui spinse. L'esperienza di Christian fu ancora più violenta e appassionante, perché Enzo aveva il cazzo di un adulto attaccato ad un adolescente. L'uccello si aprì la strada nel corpo del ragazzo, affondò con lentezza, perché Enzo, istintivamente attenuò la forza della sua spinta. Ciononostante il dolore per Christian fu atroce. Fu come se un palo l'avesse penetrato e sentì le viscere in fiamme. Non urlò per non spaventare Enzo, ma l'avrebbe fatto volentieri. Il suo respiro si fece affannoso. Enzo cominciò a pompare. Prima lentamente, poi l'eccitazione lo spinse ad accelerare il ritmo, finché arrivò il momento dell'orgasmo e gli riempì il culetto di sborra. Christian resisté al dolore. Con le lacrime agli occhi e i denti stretti per non urlare, lasciò che Enzo lo violasse, perché era proprio quello che voleva. Poi, lentamente, gli giunse da ontano l'eco di un piacere di una lussuria che nasceva dal dolore che stava provando. Alle spinte di Enzo, il ventre gli doleva e il culetto gli bruciava per la tensione dei tessuti, ma proprio da questo nasceva un piacere così intenso che lentamente lo spinse all'orgasmo. Non riuscì ad avvertire Enzo e si lasciò andare, macchiando le lenzuola. Enzo l'aveva abbracciato da dietro ed era dentro di lui, immobile, forse per paura di fargli male. "Christian..." gli mormorò nell'orecchio "stai bene?" E fece per sfilarsi, ma l'altro lo fermò: "No! Stai ancora così!" Lo sentiva dentro, spingere nel ventre. Con tutti i piccoli movimenti che Enzo faceva per stargli sopra. Stava continuando a scoparlo. E a lui piaceva questo, ma ancora di più gli piaceva il dolore che la penetrazione continuava a provocargli. L'indolenzimento che sentiva nelle viscere e che era stato all'origine del suo orgasmo. Prendere coscienza di questo, lo frastornò! Finalmente Enzo gli scivolò di lato, togliendogli dal culetto l'uccello ormai moscio. Si baciarono e poi decisero di rivestirsi, perché erano proprio stanchi. Tenne dentro di sé il seme di Enzo fino a sera, quando non poté fare a meno di liberarsene. Mentre era seduto al cesso, incominciò a piangere. Non c'era motivo che lo facesse, ma l'idea che si perdesse qualcosa del suo innamorato, lo rendeva triste. La lontananza, l'idea di non poterlo rivedere fino alla mattina dopo, fecero il resto. Pianse, finché nella sua mente non si formò un pensiero consolante, che il giorno dopo, di lì a poche ore, ormai, Enzo l'avrebbe posseduto ancora. E poi ancora. FINE lennybruce55@gmail.com