Date: Sat, 24 Nov 2012 15:12:27 +0100 From: G. Plain Subject: IL FRATELLINO part 3 IL FRATELLINO CAPITOLO 3 UN INCONTRO MANCATO Purtroppo però, come si suol dire, il diavolo ci mise lo zampino, e quell'estate non riuscimmo a incontrarci. Io ero impegnatissimo per superare gli esami, che trovavo davvero molto difficili e faticosi. La maggior parte li superai con voti appena sufficienti, anche grazie all'aiuto di Carlos che, sebbene non fosse una cima, era molto più capace di me soprattutto per quanto riguardava la memorizzazione di dati e cifre. Mi rimasero comunque alcuni esami da fare a inizio settembre, e così riuscii ad avere libere solo un paio di settimane, per tornare a casa in Italia. Quando dissi al mio fratellino il periodo in cui sarei rientrato, fece un urlo con la sua voce profonda e possente: "NOOOOOOO! Proprio in quel periodo io devo andare in nord Europa per un campeggio con i lupetti! Non è possibile! Non puoi spostare i voli e venire in un altro periodo!?"... Purtroppo non era possibile, avevo già fatto i biglietti e quelle erano le uniche due settimane libere dagli studi. Fu la telefonata più triste da quando ero partito, nei giorni seguenti fui davvero depresso per il fatto che tornando a casa, anziché le giornate di gioco, di chiacchiere, di scherzi e di divertimenti col mio moscerino, avrei avuto invece solo la compagnia di mia madre Anna e del suo marito distaccato e critico nei miei confronti. Arrivò il momento della partenza, durante il viaggio ero davvero triste di non poter rivedere il mio carissimo fratellino. Non c'era nessuno ad aspettarmi all'aeroporto, così presi il primo autobus utile e arrivai dopo circa un'ora nella nostra villetta alle porte della città. Rivedere mia madre dopo quasi un anno di lontananza non fu piacevole, mi salutò senza calore, e dopo alcune domande di circostanza mi disse che il pranzo sarebbe stato pronto all'una. Gli chiesi di Giulio, il mio fratellino era partito il giorno prima per il campo scout, mia madre disse che ormai lui aveva delle responsabilità coi lupetti e non poteva certo rimandare solo per rivedermi! Fui davvero stupito di vedere come parlava di mio fratello, una particolarità che notai successivamente anche da parte del mio patrigno Franco: ne parlavano come di una persona già adulta, nonostante avesse da poco compiuto quattordici anni, mentre su di me non perdevano occasione di fare battutine ironiche, in particolare sottolineando come nonostante i miei diciannove anni sembrassi ancora un ragazzino adolescente. Questo mi mise da subito una curiosità ancora maggiore sul mio gnometto preferito, il mio amato fratellino, e mi fece ancora di più dispiacere di non riuscire a incontrarlo di persona. Dopo la breve chiacchierata con mia madre salii al piano di sopra della villetta, in camera nostra, e appena aperta la porta, rimasi abbastanza sconvolto! La parte della stanza di Giulio era ordinatissima come sempre, ma nella mia zona erano stati tolti tutti i mobili, ad eccezione del mio letto e del comodino. Sparito il mio armadio, la scrivania, tutto! E al posto dei mobili, c'era una panca da palestra con un tappetino morbido di lato per terra, e una serie infinita di pesi, manubri, bilancieri e altri attrezzi a me sconosciuti. Mi avvicinai alla panca a bocca aperta, e non potei fare a meno di notare che il bilanciere ancora collocato sugli appositi sostegni, aveva dei grossi dischi caricati su di esso. Li guardai meglio, erano dischi da cinque kg l'uno, e ce ne erano tre da ogni lato... Possibile che il mio fratellino sollevasse quel peso mostruoso, quaranta kg considerando anche i dieci del bilanciere? Istintivamente mi misi al centro della panca dalla parte posteriore e provai a sollevare il bilanciere con tutte e due le braccia... Mi sforzai, fino a diventare paonazzo, ma non riuscii a sollevarlo dagli appoggi nemmeno di un millimetro. Desistetti, ansimando dallo sforzo e con le mani arrossate dalla stretta, mi sembrava una situazione assurda, un quattordicenne non poteva in nessun modo sollevare quel macigno, ma poi capii: evidentemente doveva essere Franco, il mio patrigno, ad usare quella improvvisata palestra. Anche perché il mio gnometto non avrebbe ne ora ne mai sgomberato dalla stanza tutti i miei mobili così, senza nemmeno avvertirmi. Mi ritornò in mente però quello che mi aveva detto mia madre al telefono, sul fatto che Giulio si allenasse in camera coi pesi, forse potevo aver capito male, di certo non poteva essere lui a sollevare ben quaranta kg! Ero abbastanza confuso, mi misi a sedere sul letto. Il mio sguardo cadde sulla fila di scarpe, di cui molte da ginnastica, ordinatamente allineate appena sotto al letto di fronte al mio, quello del mio fratellino, che era rifatto in maniera impeccabile. Erano quasi tutte nuove rispetto a quelle che ricordavo dell'anno precedente, ero curioso di scoprire quanti più dettagli possibile della vita del mio fratellino, e così mi avvicinai, mi inginocchiai e ne presi un paio, le prime della fila, che erano un modello di Nike nuovo e molto bello. Appena le tenni in mano qualche secondo mi resi conto di un particolare che mi risultava come "sbagliato": erano troppo grandi! Le posi a fianco di quelle che indossavo io, con stupore e un certo shock notai che sporgevano almeno quattro o cinque cm rispetto alle mie. Le voltai e mi resi conto che erano un numero quarantadue! A soli quattordici anni il mio fratellino portava scarpe di due numeri più grandi delle mie! Inoltre le sue erano scarpe pianta larga, le mie pianta sottile... Rimasi qualche secondo interdetto, pensai che forse erano finite per sbaglio quelle del mio patrigno sotto il suo letto, controllai allora tutte le altre, e ebbi la certezza: erano tutte numero quarantadue, solo alcune numero quarantuno ed erano particolarmente allargate e usurate. Non mi ricordavo esattamente ma il mio fratellino portava un numero trentotto alla mia partenza, come era possibile che i suoi piedi fossero cresciuti di quattro numeri in meno di un anno? Mentre stavo pensando queste cose un'altra idea mi balenò per la testa: forse, se era cresciuto di piedi, era cresciuto anche di altezza. Così Aprii di scatto il suo armadio, presi un suo jeans, senza nemmeno far caso che anche i suoi vestiti erano praticamente tutti cambiati rispetto all'anno precedente, me li misi addosso appoggiando il girovita alla mia vita, lasciando cadere le gambe del jeans sulle mie. Guardando verso i miei piedi vidi che, al termine della mia gamba, c'era ancora un pezzo di jeans del mio fratellino che sporgeva, e che si adagiava sulle mie scarpe. Presi mentalmente la misura, doveva essere un pezzo di stoffa lungo almeno cinque o sei centimetri, perché copriva poco meno di metà della mia scarpa. Mi resi conto che probabilmente il mio fratellino era diventato più alto di me, e non di poco, ma di quasi una decina di centimetri, svettando sui miei 165 centimetri. Ma come era possibile una simile trasformazione in meno di un anno? Rimasi a rimuginare tutte queste cose a lungo, da solo, in quella che una volta era la mia, la nostra camera, ma che mi rendevo conto essere ormai solo la camera di Giulio, con una piccola appendice per me, nonostante fossi il suo fratello maggiore. I pesi, le scarpe, i vestiti, il suo carattere, il modo in cui ne parlavano i genitori, Giulio era sicuramente cambiato moltissimo, forse anche più di quanto riuscissi a immaginare, ma io mentalmente non riuscivo proprio a immaginarmi un fratellino diverso da quel moscerino piccolo e scattante a cui mentalmente ero abituato. Ero talmente assorto in questi pensieri che non mi resi nemmeno conto che si era fatta l'ora di pranzo, e mia madre mi stava chiamando a voce alta da sotto. Mi precipitai giù, nel frattempo era arrivato a casa anche il mio patrigno dalla caserma dove lavorava: senza nemmeno salutarmi mi lanciò un'occhiataccia di rimprovero per essere arrivato in ritardo a pranzo. Mangiammo abbastanza tranquilli, Franco fece qualche battuta cattiva sul fatto che mi vedeva ancora meno maschile di quando ero partito, di stare attento che in America i femminielli come me facevano una brutta fine, di sforzarmi di fare un minimo di sport, e cose del genere: la solita paternale alla quale io ero abituato per anni e anni di "allenamento" nel sentirmele fare da lui. Ad un certo punto squillò il telefono, era il mio fratellino che voleva salutarmi, io mi tuffai al telefono e cercai di essere il più caldo e affettuoso possibile nonostante i pensieri che mi assalirono sul suo conto. Lui mi raccontava di come aveva ormai finito di allestire il campo, di come stava insegnando ai lupetti ad accendere i fuochi, a farsi la tenda, ad un certo punto io lo interruppi e gli chiesi "Ma fratellino senti... sono salito in camera, ho visto le tue scarpe, i tuoi vestiti, ma sei cresciuto in questo anno, sei diventato più alto, più grosso? Ho visto i pesi in camera, ma li usi tu?" - "Ma fratellone Giorgio, che fai curiosi tra le mie cose come un ragazzino impiccione? Se ero lì con te, era proprio un motivo per fare LOOOOTTTTTTTAAAA!!! ah ah ah" Mi fece arrossire, il mio fratellino che mi chiamava ragazzino impiccione, poi lui cambiò argomento e non ebbi più il coraggio di tornare su quei pensieri. Non riuscivo a immaginarmelo fisicamente, avevo paura di chiedere delle foto ai miei, con i quali praticamente ero talmente in imbarazzo da limitarmi a poche frasi di circostanza. Al termine del pranzo, tornai in camera e mi misi alla ricerca di altri indizi: l'account del suo computer era protetto da una password che non conoscevo, nel girarmi intorno però inciampai nel cestino dei panni sporchi che rotolò per terra e da cui uscirono un paio di mutande. Non erano le mutande da ragazzino che usava l'anno scorso, ma veri slip firmati di marca, da uomo, di quelli con la fascia alta ed erano chiaramente i suoi perché, era la cesta dei panni sporchi vicino al suo letto e probabilmente mia mamma non era ancora passata a svuotarla dalla sua partenza. Li presi in mano, erano, anche quelli, di una taglia troppo grande rispetto a quella che mi aspettavo, al tatto li sentivo vagamente umidi, usati, istintivamente li portai al naso e mi colpì un odore molto acre, di uomo, di sesso maschile. Un odore che finora avevo solo sentito qualche volta negli spogliatoi in piscina, in quel poco di sport che avevo praticato prima di partire, quando mi capitava di rivestirmi a fianco a grossi atleti sudati che avevano appena finito i loro massacranti allenamenti in palestra. Era un odore molto forte e pungente, che mi faceva immediatamente venire in mente muscoli flessi, tesi, sudore maschio colare da ascelle incorniciate tra pettorali, deltoidi e bicipiti sviluppati all'inverosimile, un odore che non avevo mai sentito addosso a me. Avvicinai ancora di più lo slip del mio fratellino al naso, ispirando profondamente, il mio cervello fu inondato da sensazioni nuove, nel guardare la forma lasciata dal pacco mi si formò in mente l'immagine di un grosso cazzo con sotto due enormi testicoli, che più inspiravo attraverso gli slip e più si avvicinava a me minaccioso ma al tempo stesso molto molto invitante... Mi lasciai sfuggire un gemito di piacere, e mi accorsi con stupore che il mio cazzetto, anche se di dimensioni contenute come era sempre stato, era duro ed aveva appena spruzzato un paio di fiotti di sperma all'interno dei miei slip e dei miei pantaloni, senza che nemmeno mi fossi toccato! Arrossii di vergogna come uno scolaretto colto in fallo dalla maestra e in fretta rimisi le mutande dentro la cesta riponendo tutto al proprio posto. Ero imbarazzatissimo e disgustato da me stesso: un giovane adulto come me che si eccitava annusando gli slip del fratellino quattordicenne, ma che razza di pervertito ero diventato? Aveva ragione il mio patrigno a guardarmi disgustato, a non rivolgermi la parola... Mi vergognavo come un cane, mi sentivo una schifezza, e con questi pensieri sprofondai sul mio letto singhiozzando sommessamente, fino a cedere ad un sonno confuso e inquieto dovuto anche alla differenza di fuso orario con l'America. Nei giorni successivi, mi sforzai di non soffermarmi più su quei pensieri sul mio fratellino, anche se a volte mi tornavano in testa e mi rimettevo a cercare altri particolari che potessero darmi maggiore luce sul suo sviluppo fisico e psicologico. Purtroppo la nostra camera sembrava quasi essere stata resa anonima da una mano esterna, e non c'erano molti oggetti che lasciassero trasparire aspetti della personalità del mio fratellino, fatto che era già di per se abbastanza strano. L'unico gruppo di oggetti che sembravano usati e tenuti in perfetta efficienza erano gli attrezzi da palestra, ai quali però non osai più avvicinarmi dopo l'esperienza del primo giorno. Una sera, qualche giorno dopo, mi ricordai che in un cassetto nella stanza dei miei, era conservato un album di famiglia che veniva aggiornato periodicamente aggiungendo nuovi scatti su di noi, o sulle varie attività scolastiche e sportive del mio fratellino. Di getto andai in camera dei miei, aprii il cassetto, non senza una punta di vergogna per continuare a frugare in cose riservate dei miei familiari, e anche in quel caso ebbi una strana sorpresa: tutti gli oggetti personali dei miei genitori in quel cassetto erano spariti, e al loro posto trovai una serie di provette, sieri, strani flaconcini con all'interno liquidi di diversa densità, il tutto accompagnato da una serie di siringhe ipodermiche sterili monouso. Non credevo ai miei occhi, ma soprattutto non capivo. A cosa servivano tutte quelle strane sostanze? Ero sicuro che nessuno in casa si sarebbe mai sognato di drogarsi o cose del genere, doveva essere qualcosa di diverso... Ero molto confuso, in quel momento sentii i passi del mio patrigno che si avvicinava nel corridoio per andare in bagno prima di andare a letto, così chiusi di fretta il cassetto e strisciai via dalla loro camera, infilandomi di corsa sotto le mie lenzuola. Nei giorni seguenti cercai davvero di evitare qualsiasi altra interazione mentale con quel tipo di pensieri, che mi turbavano molto. Quando sentivo il mio fratellino al telefono, cercavo di scherzarci come sempre, senza pensare al suo aspetto fisico, e lui stava tranquillamente al gioco, ridendo di gusto quando gli dicevo che il mio gnometto era stato messo a guardia di altri gnometti e cose del genere. Ogni tanto mi scuoteva e mi faceva riflettere la maturità con cui gestiva le situazioni che gli si venivano a creare nel campo scout, che personalmente mi avrebbero messo in difficoltà e in cui lui dimostrava invece maturità e fermezza di carattere. Ma comunque era sempre un piacere sentirlo, anche perché per il resto trascorrevo il tempo giocando con la console e facendo passeggiate nel quartiere, con i miei che mi rivolgevano a stento la parola. E alla fine delle due settimane, arrivò il momento di ripartire di nuovo per gli Stati Uniti. FINE CAPITOLO 3 [Se il racconto ti e' piaciuto puoi inviare un commento a: one_plain_guy@hotmail.com oppure iscriverti al gruppo Yahoo: http://it.groups.yahoo.com/group/adoroimuscoli/ dove troverai altri racconti a tematica muscolare in italiano.]