Date: Mon, 6 Jan 2014 10:30:53 +0100 From: Lenny Bruce Subject: L'Isola del Rifugio 15 DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html Questo è il quindicesimo dei diciotto capitoli che compongono il romanzo. CAPITOLO 15 - Tutte le feste 10 dicembre 1950 Dopo essersi addormentato per ultimo, a Manuel parve di essere stato il primo a svegliarsi. Aprendo gli occhi, nei primi momenti di coscienza, riprovò l'angoscia dell'attesa, di quella notte, ma gli bastò un attimo per tranquillizzarsi. Il calore dei corpi vicini lo rassicurò subito. L'alba era passata da un pezzo, ma il cielo era ancora nuvoloso. Nella casa qualcuno russava, sicuramente Mike, tutti erano nel mondo dei sogni. Gli pareva d'aver dormito solo per qualche minuto, per come si sentiva stanco. Durante la notte, nelle ore di buio, lo scorrere del tempo era un concetto molto vago per loro. Al calare del sole ravvivavano il fuoco al centro del campo e se ne servivano per continuare a muoversi finché restavano di sotto e fino alla preghiera, attorno al fuoco, poi salivano in casa. E questo avveniva fra le nove e le dieci di sera, ora o minuto in più o in meno, non importava molto. Non è che avessero sempre sonno e qualcuno restava sveglio a chiacchierare, qualche altro faceva l'amore o se ne stava abbracciato al compagno. Tutto questo però, cercando sempre di non fare rumore, per non disturbare chi avrebbe voluto dormire. Su questo Richard era sempre stato fermo e all'inizio aveva rimproverato quasi ogni sera i tre che erano i più inclini a fare chiasso. Una volta addormentati, il silenzio scendeva nella casa, un silenzio solo apparente, perché interrotto dai mille rumori della foresta, dall'incessante scrosciare della cascata, dal vento che soffiava fra i rami, spesso dal fragore delle mareggiate e dal brontolio lontano della scogliera, sempre sinistro nei ricordi dei ragazzi che, comunque, dormivano ignorandoli, perché erano ragazzi e i ragazzi che hanno sonno e sono stanchi dopo una giornata di lavoro e di divertimento, corse pazze e giochi, non badano al frastuono, al baccano, ai mormorii, ai rumori che li circondano, specie se sono ricorrenti. Dormivano fino al sorgere del sole e si svegliavano più o meno tutti insieme, quando erano circa le sei del mattino. Il primo era sempre Richard che, aprendo gli occhi, accarezzava dolcemente Kevin, poi lo baciava fino a svegliarlo. Erano momenti in cui si scambiavano le carezze più delicate che qualche volta lui aveva osservato. Poi Kevin allungava il braccio e grattava la spalla di Tommy o dello stesso Manuel a seconda di come erano sistemati e se erano abbastanza vicini li abbracciava entrambi, accarezzandoli fino a svegliarli. Se le carezze le aveva ricevute per primo Manuel, chiacchieravano un poco e poi finivano a ridere, ma sempre sottovoce. E si scambiavano sempre un bacio, poi era la volta del bacio che Manuel dava, unico fra tutti i ragazzi di Venture Island, sulle labbra di Richard, chiudendo gli occhi e sognando di restare così per sempre. Quel bacio mattutino era un tributo al loro sodalizio e dava a Manuel la più grande delle gioie, a Richard la certezza che il ragazzo fosse sereno e a Kevin una piccola fitta di gelosia che però veniva subito scacciata come indegna, per il rispetto che aveva per Richard e anche per Manuel. La vera sveglia generale però coincideva con il momento in cui Tommy apriva gli occhi. E allora era una festa di baci, per tutti quelli che gli capitavano a tiro, a cominciare da Manuel che ne riceveva la parte maggiore, poi ce n'erano tanti anche per Richard e per Kevin che otteneva la sua razione, intimandogli sempre di non chiamarlo mamma, altrimenti l'avrebbe sculacciato. Erano baci rumorosi, schioccanti, conditi con i commenti di Tommy, fatti a voce alta, sempre più alta. Nel momento in cui Tommy apriva gli occhi, anche la foresta pareva svegliarsi, contribuendo al rumore generale con i versi di milioni di uccelli e insetti. In genere i tre ricevevano la visita di Tommy che si tuffava in mezzo a loro per svegliarli. Facendo carezze e solletico all'uno o all'altro. I tre si stiracchiavano, ancora assonnati, cominciando subito a spingersi e a tirarsi pizzicotti, a scherzare con Tommy, insomma a fare molto rumore anche loro. Solo allora, svegliato da tutto quel movimento, François dava inizio alle manovre per convincere Mike ad alzarsi. Perché Mike era il più restio, non solo ad abbandonare il letto, ma anche ad aprire gli occhi. Il suo sonno era a prova di bomba e se ne infischiava della luce dell'alba, del romantico raggio di sole che svegliava Richard, oppure dei rumori fatti dagli altri ragazzi e men che meno di quelli della foresta, della cascata o del mare che fosse. Il suo era un sonno di piombo e François doveva scuoterlo con veemenza, altro che fargli carezze che non avevano alcun effetto su di lui. Alla fine però otteneva ciò che voleva e, dopo qualche bacio, anche Mike balzava in piedi, pronto a prendersela a scelta con Tommy, Joel, Terry o Angelo per qualcosa, qualunque cosa, cui Richard avrebbe posto riparo di lì ad un momento. Anche quella schermaglia faceva parte del rito mattutino del risveglio ed era ormai un'abitudine. Quella mattina l'ordine abituale di sveglia subì più d'un cambiamento. Innanzi tutto fra le braccia di Manuel non c'era Tommy, che s'era rannicchiato sotto Kevin, ma Richard, il quale dormiva profondamente, con la faccia serena, ma stanca, raccolto in un abbraccio ugualmente amoroso. Era già mattino, per quanto nuvoloso, quando Manuel aprì gli occhi, per un momento incerto su dove si trovasse. Scoprì di essere dal lato opposto del letto e di avere fra le braccia l'altro suo amore, quello che lui aveva sempre pensato irraggiungibile, ma che, ben vivo e presente, dormiva caldo e sereno fra le sue braccia. Si districò lentamente, cercando di non svegliarlo, gli diede un bacio sulla fronte, poi si fece coraggio e andò a cercargli le labbra. Pur nel sonno Richard parve rispondere a quei gesti affettuosi. "Ti amo, Richard" mormorò, poi scese dal letto e girò attorno per andare a svegliare Kevin. C'era una cosa che doveva fare e anche in fretta. "Ehi! Kevin, senti" bisbigliò un po' timoroso, poi l'accarezzò sulla spalla "svegliati è già mattina, non vedi la luce?" Kevin aprì gli occhi e gli sorrise, proprio come avrebbe fatto con Richard, perché Manuel l'aveva toccato con la stessa delicatezza. Poi lo riconobbe e si rese conto che per tutta la notte aveva abbracciato il corpo meno possente, ma ugualmente morbido e liscio di Tommy. Era ancora stanco e assonnato, ma si ricordò subito perché aveva trascorso la notte dall'altra parte del letto. "Come va, fratellino?" disse aprendo gli occhi. "Adesso va bene e Richard dorme ancora. Stanotte però ero spaventato!" "Mi dispiace, Manuel." "Senti, Kevin, io credo che Richard vorrà trovare te, voglio dire, che quando si sveglia, avrà voglia di abbracciarti, no?" "Davvero va tutto bene?" "Si, credo di si, ma senti, io devo dirti una cosa. Sai, stanotte Richard ed io abbiamo parlato" disse, pensando di doversi giustificare, perché si era pur sempre svegliato abbracciato ad un ragazzo che era fidanzato con un altro ed ora stava cercando di spiegarlo a quest'ultimo. Venture Island era un posto diverso dagli altri, come non ne esistevano al mondo e nessuno era mai stato geloso, ma quello che era accaduto era qualcosa che andava spiegato e, per quanto Kevin fosse sempre stato buono e tollerante, poteva non piacergli che quella notte lui avesse confessato a Richard di amarlo o che l'avesse appena baciato e anche un poco con la lingua e insomma si sentiva in colpa per questo. "Beh, io l'avevo capito. Ti avevo visto nervoso, anzi sembravi proprio arrabbiato e poi ho immaginato che Richard avrebbe voluto parlare con te." "No, no, io non ero arrabbiato, non potrei arrabbiarmi con Richard, era solo che mi pareva di impazzire a non sapere dov'eravate andati tutti! È stata la notte più brutta della mia vita, forse la più brutta dopo quella del naufragio!" "Lo so, hai ragione. Mi dispiace!" "Io, io pensavo, mi ero convinto che Richard fosse morto!" disse tutto d'un colpo e rabbrividì, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. "È solo perché tu gli vuoi bene. Non è così?" "Si, ma non come gliene vuoi tu, non come gliene vuoi tu" ripeté Manuel, poi scoppiò a piangere, cercando di non fare rumore. "Lo so, fratellino, io lo so, l'ho capito" lo consolò Kevin abbracciandolo, mentre Manuel piangeva in silenzio "e anch'io ti voglio bene e te ne voglio ancora di più che a tutti gli altri, proprio perché so che tu ami Richard. Ed è proprio come lo amo io. Lo so da un sacco di tempo." "Davvero? E non sei arrabbiato con me? Non sei geloso?" Stavano bisbigliandosi le frasi nelle orecchie, in un discorso fatto di contatto, di prossimità, di alito e di calore e per questo ancora più intimo, intenso. "Un poco si, ogni tanto, ma non sono arrabbiato, perché dovrei? Sono certo che tu non farai nulla che possa fare male a me o a Richard e ancora di più so che Richard mi ama." "Oh, grazie, Kevin, grazie!" "Ma tu come stai? Anche tu sei ogni tanto un po' geloso oppure pensi che Richard... non lo so!" "No, no, Kevin, mai!" si schermì "io ero preoccupato che voi due, che vi accorgeste di me. Beh soprattutto avevo paura che tu potessi odiarmi e che Richard non volesse più neppure guardarmi, ma lui mi ha rassicurato su tutto. E adesso anche tu sei così buono con me. Lui si è anche scusato per stanotte, ma non doveva. Non doveva..." "Hai avuto paura." "Tanta, però è andato tutto bene. Siete tornati sani e salvi." "Ti voglio bene, Manuel!" "Anch'io te ne voglio, Kevin. Senti, Richard mi ha promesso una cosa, ha detto che non ci lasceremo mai, che ci terrà sempre con sé, con voi due, a me e a Tommy. Ma tu lo permetterai? Lo vorresti anche tu?" "Oh, si, anch'io voglio che tu stia sempre con me e anche Tommy" fece Kevin con slancio e Manuel l'abbracciò stretto "Tu sei il migliore di tutti!" aggiunse. "Io volevo solo questo e adesso me lo stai promettendo anche tu!" "Non preoccuparti mai più di una cosa simile!" "Grazie, Kevin, però adesso vai da lui, forse sta per svegliarsi" l'incitò, mentre già accarezzava Tommy, lo prendeva fra le braccia, perché Tommy era tutto suo. François si sentiva ancora in colpa per ciò che era accaduto nella notte, aprì gli occhi e guardò Mike. Non aveva dormito bene, per quanto si può non dormire bene a quindici anni. Ricordava però di essersi svegliato almeno una volta, quando incominciava ad albeggiare. Era preoccupato e aveva fatto un brutto sogno, di quelli che spaventano ancora, anche quando si è grandi. Lui che vagava da solo nel buio, ma per l'assurdità di tutti i sogni ci si vedeva lo stesso, anche se era buio. Vedeva Mike, ma come faceva se era buio? Lo chiamava, urlava, ma Mike non si voltava, non sentiva, perché lui non aveva più voce. Si era svegliato di soprassalto, l'aveva sentito ronfare beato e così aveva ripreso a dormire più tranquillo, raccogliendosi sotto di lui, per farsi proteggere. Poi la luce grigia del cielo, insolita per l'isola dove splendeva sempre il sole, specie di mattina, l'aveva svegliato definitivamente, assieme a dei rumori insoliti, uno scalpiccio insistito che era il tentativo malriuscito di essere silenziosi, provocato certamente dai tre diavoli. Chissà dov'erano, che cosa stavano progettando per alzarsi a quell'ora e sgattaiolare fuori, perché lui li aveva sentiti scendere di sotto. Nella casa c'era un relativo silenzio, anche se era ora di alzarsi, nessuno però sembrava averne voglia. Ripensandoci capì che a svegliarlo erano stati i bisbigli fra due persone. Uno era certamente Kevin, ma l'altro non era Richard, perché avrebbe certamente sentito anche il solito rumore di baci. Quello che gli pareva di sentire, invece era il suono di confidenze sussurrate. Forse Kevin parlava con Manuel. Fosse stato Tommy non sarebbe stato così silenzioso. Si alzò a sedere e vide che il letto dei tre era già vuoto. Quella mattina, per la prima volta da quando erano a Venture Island, i tre si erano alzati ed erano scivolati via nel massimo silenzio, forse per allontanarsi il più possibile da Mike, per paura che, se l'avessero svegliato con i soliti schiamazzi, avrebbero fatalmente subito quelle pene corporali che gli erano state risparmiate la notte precedente solo per l'ascendente di cui godeva Richard. Ma il giudizio per i fatti del giorno prima era ancora pendente. Intravide più sotto Kevin e Manuel che accarezzavano i loro compagni per svegliarli e si decise a fare lo stesso con Mike. "Fratellino... hai ancora sonno?" mormorò sfiorandolo prudentemente sulla spalla, poi l'accarezzò sulla fronte e Mike in modo insolitamente rapido aprì un occhio solo, forse per accertarsi che i tre non fossero là attorno a combinare guai, poi lo richiuse, facendo finta di riaddormentarsi. "Ehi! Amore, cosa ti va di mangiare per colazione?" insisté con nonchalance. La domanda era ovviamente superflua, perché sull'isola c'era poco da scegliere per colazione. Avevano sempre e solo tanta frutta e molte uova, preparate con fantasiose varianti, lui però lo disse lo stesso, tanto per vedere se il suo prezioso innamorato era ancora arrabbiato. E se lo era, non era con lui, perché gli sorrise contento, ma poi, con un movimento fulmineo lo prese per le braccia e se lo mise sotto. "Voglio mangiare te!" bisbigliò, anzi, lo sibilò. E con il tono di chi non sta scherzando. Loro due lottavano raramente. All'inizio era stato per la ferita di François e la fasciatura che gli immobilizzava la gamba, poi perché Mike era troppo più prestate e una qualunque lotta, per quanto divertita, sarebbe stata impari. Quel giorno, comunque, Mike lo sopraffece, senza neppure un accenno di resistenza da parte di François. "Voglio mangiarti, perché mi hai lasciato da solo a preoccuparmi! Dormivo come un angioletto, eh? Te lo faccio vedere io l'angioletto!" Disse e François lo lasciò fare, non si oppose in alcun modo, un po' perché non poteva fare diversamente, ma soprattutto perché era felice che Mike non fosse arrabbiato e contento di essere stato perdonato. Mentre Mike non smetteva di baciarlo, si sentì stringere fino a sospirare e udì anche qualche scricchiolio d'ossa. Fu chiaro che avrebbero fatto pace nel modo più desiderabile, anche se capì subito che non sarebbe stato come le altre volte. Non esattamente. Non c'erano più nuvole fra loro e non ce n'erano mai state davvero, ma in cielo ne viaggiavano ancora tante e a grande velocità, perché il vento continuava a soffiare forte, filtrando fra le pareti, fin quasi ad animare la casa. I baci si fecero insistenti, profondi, sempre più intensi e la dolcezza lasciò spazio a qualcosa d'altro, ad un impeto, violento, anche se in fondo a tutto restò una sorta di attenzione, per cui Mike non fu mai brutale. In quei momenti però fu come se la tensione della nottata tornasse a vibrare in lui, per ciò che ora desiderava da François. E François l'accolse dentro di sé e fu come non era mai stato, perché gli parve che quella mattina a possederlo fosse una furia e non il suo timido, impacciato compagno. Mike, che si era sempre lasciato guidare anche quando doveva agire, così esitante, timoroso, tanto pudico da arrossire e palpitare ad ogni carezza. Dopo averlo baciato a lungo, gli prese i polsi e gli aprì le braccia a forza, come se fosse in croce, poi si sollevò fino a mettersi fra le gambe, che allargò con le ginocchia, con movimenti secchi, quasi sgarbati. Non smettevano di guardarsi, di scrutarsi, ormai si stavano sfidando. Senza perdere tempo, Mike si avvicinò fino a puntare l'uccello contro l'ano e spinse. Solo allora e solo per un momento, François distolse lo sguardo e fece una smorfia di dolore, ma Mike non si bloccò spaventato, né si chinò ad aiutarlo con la saliva. Continuò a spingere, non abbandonò mai il suo sguardo e spinse. Arretrò e spinse, spinse ancora, finché si aprì la strada e quando gli fu dentro, continuò a spingere, dilatando, facendosi largo. François lo accolse dentro di sé, si sentì invadere e soggiogare da un dolore che non era solo sofferenza per quello che subiva, ma che si rivelò presto un sottile, inaspettato piacere che Mike gli stava regalando. Perché gli occhi di Mike, al di là delle sue azioni, della violenza che gli stava facendo, raccontavano dell'amore che li univa e poi della disperazione di quella terribile nottata, del suo instancabile e cieco aggirarsi attorno alla casa, in preda all'agitazione, senza una spiegazione plausibile alla loro assenza. L'ansia vissuta era ora nella veemenza dei movimenti, nella violenza della penetrazione, nella forza con cui lo stava possedendo. François accettò tutto e la migliore prova che diede del suo stato d'animo e anche della sua obbedienza fu che, troppo presto, lui per primo si bagnò sulla pancia, perché non poté più aspettare. Vedendo, sentendolo venire, Mike parve scuotersi. Si bloccò, restò immobile per qualche secondo e poi lasciò che anche il suo seme fluisse e si depositasse nel corpo di François, in un punto così profondo, dove non era mai arrivato e solo allora chiuse gli occhi, distolse quello sguardo ardente che era stato ininterrottamente concentrato sul viso, negli occhi stessi del suo innamorato che, per quanto ricordasse, non era mai stato così docile. Lentamente scese a baciarlo sulle labbra, si chinò su di lui. Tremava, aveva paura che François non volesse più abbracciarlo, che fosse disturbato dal suo impeto, che era stato violento e rozzo, inqualificabile. Cercò di farsi piccolo, sperando che François potesse perdonarlo, perché solo allora si rese conto di quanta brutalità aveva usato nelle sue azioni, si raccolse su se stesso, perché s'aspettava che lo colpisse e poi lo cacciasse lontano, dove non potesse più vederlo. Stava già per piangere, quando sentì le braccia del suo innamorato cingerlo e poi addirittura cullarlo, accarezzarlo, tergergli il sudore. "Oh, baby! Ti amo!" gli stava dicendo François mentre l'accarezzava, baciandogli la fronte madida, perché erano grondanti tutti e due, baciandolo sugli occhi chiusi, lasciando scivolare le labbra sulla pelle bagnata. "Ti ho fatto male!" "No, no!" "Sono sicuro, lo so che ti ho fatto male" piagnucolava "lo so, lo so e adesso mi dispiace!" e non la smetteva "Ma è tardi, no? Per dire che mi dispiace, tanto ormai l'ho fatto. Non è vero? Ti fa male, piccolino? È vero che ti fa male?" Allora François lo fissò e gli fece la sua faccia seria. Quando si sforzava, ci riusciva a sembrare serio. "Ehi, baby" disse e davvero non scherzava, Mike lo capì "se mi tocca andare alla punta del promontorio, anche sotto una tempesta come quella di stanotte, per avere quello che ho avuto oggi, allora io ci sto! Lo faccio! Va bene? Lo faccio ogni giorno!" E finalmente Mike cominciò a capire, a convincersi che a François non era per niente dispiaciuto. Che era stata un'altra tappa del loro rapporto, del loro amore. "Dimmi quando ne hai voglia e io ci vado un'altra volta, fino in fondo, proprio fino alla punta, sfidando la tempesta più brutta!" insisté François per essere più chiaro, ma già rideva e finalmente lo fece sorridere, perché poco prima Mike stava davvero piangendo. Lui certe cose non le capiva proprio e qualche volta François doveva spiegargliele. Un po' come faceva Kevin con Richard. François era da tempo felicemente rassegnato a quel destino. Ne aveva già parlato a Kevin, perché quello era un problema che avevano tutti e due, in quelle difficoltà d'amore. Un po' più giù Richard non voleva saperne di svegliarsi. Era stanco e quando Kevin tentò di scuoterlo, invece di aprire gli occhi, sorridergli e abbracciarlo come avrebbe fatto in qualunque altra mattina, si accomodò meglio contro di lui e riprese a dormire beato, ma con una specie di sorriso sulle labbra. Così sereno che Kevin decise di lascialo stare ancora un poco. "Buongiorno, fratellino!" urlò Tommy aprendo gli occhi e prima ancora che Manuel riuscisse a zittirlo. "Tommy, non gridare, Richard dorme. È ancora stanco! E anche Mike e François non si sono alzati" gli disse mentre il piccolo gli riempiva la faccia di baci. Tutti abbastanza silenziosi. Tommy sgranò gli occhi spaventato. "Papà non si sente bene?" "No, no, sta bene, ma è un dormiglione e non vuole alzarsi" fece Kevin ridendo. "Ah, ho capito. Lui però è stanco!" "E noi allora?" protestò Kevin "Stanotte abbiamo fatto la stessa strada!" "Tu che c'entri?" bisbigliò il piccolo senza badargli troppo "beh, io vado a fare la pipi" disse e si avviò velocemente verso la botola. Poi tornò indietro e dette anche a Kevin la sua razione di baci, guardò Richard un'altra volta, poi se ne andò. "Ehi! Torna presto e cerca di non perderti per strada" l'ammonì Kevin, quando finalmente uscì "E vedi di non cadere nella latrina" insisté. Si avvicinarono a Richard e lo guardarono contemporaneamente e allo stesso modo, poi si ritrovarono a fissarsi loro due e infine a sorridersi. Kevin gli prese la mano e la guidò, finché insieme accarezzarono la spalla nuda di Richard. In quel momento si avvicinò anche François, seguito da un Mike ancora un po' scosso per il risveglio agitato che aveva avuto. "Dorme ancora?" chiese François "È stanco!" "E noi due?" protestò un'altra volta Kevin, ma senza alzare la voce "Che abbiamo fatto stanotte? Una passeggiata fino alla punta del promontorio?" "Ti sei scordato che ieri sera è arrivato, controvento e nel buio più completo, fino alla punta del promontorio, semplicemente contando i passi?" disse Manuel con tutto l'orgoglio che sentiva per essere anche solo innamorato di quell'uomo eccezionale. "E li ha pure trovati, quelle tre pesti, non so proprio come abbia fatto!" borbottò Mike, non si capiva se contento dell'impresa di Richard oppure dispiaciuto dell'esito. "Ho sempre pensato che tu sia sposato ad un genio!" fece François. "Già" fece Manuel, avvicinandosi di più a Kevin, mentre insieme continuavano ad accarezzare Richard. Quella mattina, dopo averne parlato, gli pareva di aver compreso molto di più del suo rapporto con Richard, ma anche di Kevin e Tommy. Aveva collocato molte idee e interpretato qualche sua reazione, capendo finalmente che a Richard lo legava un affetto fortissimo e per il momento era la cosa più bella della sua vita. Stargli accanto era tutto ciò che voleva, ma aveva capito che anche stare con Kevin era appagante e infine c'era Tommy, quello cui poteva dare tutto il suo aiuto, finché fosse cresciuto e maturato e avesse deciso e scelto con chi trascorrere la sua vita. In attesa che il piccolo sapesse decidere, era così che doveva andare. Per questo si sentì come liberato d'un peso grandissimo e il merito era tutto di Kevin, se ora si sentiva libero di accarezzare Richard davanti a tutti, di fargli qualche coccola e forse di riceverla. Era la cosa che più desiderava da quando l'aveva conosciuto. Ora sapeva di poterlo fare, senza turbare nessuno, soprattutto Kevin che gli aveva appena sorriso, mentre lui accarezzava la tempia di Richard e si chinava a sfiorarla con le labbra. Quello era davvero un sogno che si faceva realtà. E se a Venture Island non aveva i suoi adorati fumetti, c'era davvero tutto il resto delle cose che aveva mai desiderato nella sua povera vita. Finalmente Richard aprì gli occhi, per scoprire che, invece dell'atteso abbraccio di Kevin, aveva attorno a sé più di metà della popolazione della repubblica. "Stavamo dicendo che sei un genio, papà" mormorò Manuel "lo pensiamo tutti!" "Quindi deve essere la verità!" disse ridendo Kevin, abbracciandolo. "Ehi, sono stato soltanto fortunato" fece Richard ridendo e guardandosi attorno "soprattutto per la compagnia che ho trovato a Venture Island!" "Sempre modesto, anche appena sveglio!" lo canzonò François. "Stai zitto tu!" lo rimproverò Mike "io dico che è un genio e basta! Capo, mi vuoi spiegare come hai fatto a trovarli?" "Oh! Beh, se non avessi schiacciato i cravattini, credo che non ci sarei mai riuscito" ci pensò un poco su "ma non vero che è merito mio, è stato Hook a trovarli." "Quello scroccone si è reso utile finalmente!" fece François ridendo. "Si, io ho solo messo il piede sui cravattini, è stato il bestione a scoprirli ed è tornato indietro a prendermi, mi ha letteralmente spinto con il muso." "Va bene, va bene, Hook è stato bravo, ma solo uno che è un genio poteva togliersi le scarpe per valutare l'umidità della sabbia e orientarsi nel buio più completo" insisté Manuel che non voleva saperne di vedere sminuiti i meriti del suo Richard. "Dopo aver mandato due signore da sole in giro per l'isola e con quel tempaccio!" François non rinunciava mai alle sue chiacchiere. "Oh, insomma! Sono tutte sciocchezze!" tagliò corto Richard mettendosi a sedere. Gli stavano attorno, Kevin e Manuel con smettevano di accarezzarlo, mentre François e Mike si facevano le coccole dall'altra parte. Forse era giunto il momento di ridare un poco di disciplina alla casa. "Bene" saltò su, cercando di essere serio "adesso basta!" ci provò, anche se gli risultava difficile non ridere, dovendosi difendere dal solletico di Kevin "Oh! Insomma, è tardi! Ehi, ma non c'è scuola oggi? Che facciamo tutti qua in casa? Dove sono i piccoli?" "No" urlò Tommy che era spuntato in quel momento dalla botola e gli si era buttato sopra per prendersi e dare la sua parte di baci "Niente scuola, oggi è domenica!" Dopo averlo abbondantemente baciato ed essere stato spostato di peso da Kevin che voleva la sua parte, Tommy parve ricordarsi di una cosa: "Insomma, papà, Terry, Angelo e Joel vorrebbero che tu scendessi. Ti stanno aspettando di sotto. Hanno detto proprio così!" Si guardò attorno. "E anche a voi" aggiunse "di te però non hanno parlato" fece poi rivolto a Mike e scattò di lato per evitare la sculacciata che stava per ricevere. Prese Manuel e Kevin per mano e se li portò di sotto, precedendo gli altri. La colazione fu servita in riva al laghetto. I tre avevano fatto le cose per bene. Volevano farsi perdonare e già prima di addormentarsi avevano deciso quello che dovevano fare. Terry era riuscito a svegliarsi prima dell'alba, aveva chiamato gli altri due ed erano scivolati fuori di casa nel massimo silenzio. Non abbastanza evidentemente, perché François li aveva sentiti ugualmente. Mentre Terry ravvivava il fuoco, Angelo e Joel si erano dati da fare per cercare frutta fresca e frutti dell'albero del pane, la cui polpa avevano messo ad abbrustolire. Non sarebbero state frittelle da condire con il succo d'acero, che non avevano, ma erano una buona imitazione. Poi erano andati a cercare delle uova prendendole ai limiti della riserva, per non perdere troppo tempo. Apparecchiarono la tavola e attesero che in casa si svegliassero. Ai primi rumori Joel si diede da fare con il fuoco e cominciò a cuocere le uova, mentre gli altri tagliavano e sbucciavano la frutta. Catturarono Tommy che passava di là e l'usarono come ambasciatore, ma non si sarebbero mai sognati di provocare Mike non invitandolo. Fu una sorpresa per tutti, anche per Mike che fece solo finta di essere ancora arrabbiato, ma non lo era affatto. Anzi era terribilmente preoccupato per François e lo circondava di ancora più attenzioni di quanto non facesse di solito. Dato che era davvero domenica, trascorsero un po' più di tempo a tavola e dopo mangiato discussero di Halloween che, quell'anno e per tutti gli anni seguenti, anche dopo che divennero grandi, solo per i ragazzi di Venture Island e solo per loro, cadde sempre nella notte di Santa Lucia, quella che a Boston era la più lunga di tutto l'inverno, ma che all'equatore, per ragioni che solo Richard comprendeva, era lunga quanto tutte le altre. "Sai François, ieri sera ho pregato!" "Lo fai sempre, papà Richard! Con noi, ogni sera e ogni mattina, forse in ogni momento. Tu vivi con noi, ci sopporti tutti e riesci ancora ad amarci. Non ti sembra una preghiera questa? Credimi, è la più bella delle preghiere!" "No, volevo dire che ho proprio pregato, quando ero da solo, senza che nessuno me lo chiedesse, per conto mio, in quella situazione particolare. C'era pericolo, sai? E ho avuto paura!" Dopo pranzo aveva convinto François a seguirlo in una piccola scalata fino a delle rocce che affioravano dalla montagna, di lato alla cascata. Era uno dei posti più freschi ed ombreggiati dell'isola, almeno di pomeriggio. Era come un balcone, un piccolo palco di pietra, quasi a metà del precipizio e doveva la sua frescura all'acqua della cascata che precipitava pochi metri più in là, alzando nuvole di goccioline, sempre piacevolmente fredde. François non si muoveva ancora con sicurezza, ma era riuscito ad arrivare fin lassù da dove, come da quasi tutti gli angoli dell'isola, si godeva una vista incantevole. "Ero disperato, non trovavo i ragazzi e avevo capito che stava per scoppiare la tempesta. Dovevo decidere in fretta se tornare indietro di corsa oppure cercare ancora, ma avevo poco tempo e capire subito in che direzione andare. Mi sono sentito perduto ed è stato allora che ho pregato. Non ho fatto che ripetere le parole che ascolto da voi, quelle che diciamo tutti insieme." Si guardò attorno per cercare le parole giuste e François, che sapeva ciò che stava per ascoltare, lo fissò. "Non è che ci credessi, insomma, non è stato come se per incanto avessi trovato la fede, là sulla spiaggia, in mezzo al vento. Non ho ricevuto nessuna illuminazione, per intenderci, ma l'ho fatto, ho pregato, e dopo mi sono sentito meglio. Davvero, tanto meglio!" Finalmente François s'intenerì e l'accarezzò per incoraggiarlo, perché Richard era ancora turbato, impensierito da ciò che gli era accaduto. "Oh! Lo so com'è andata davvero, sono conscio che pregando cercavo di rimettere la mia decisione a qualche altro, perché in quel momento non sapevo proprio che fare. Dovevo prendere una decisione difficile, che era al di là delle mie conoscenze, delle mie forze, ma so che mi sono sentito meglio solo perché mi sono quasi convinto che qualcuno avrebbe risolto la questione al posto mio, aiutandomi a scegliere la strada giusta. So tutto questo, l'ho capito non appena ho ricominciato a ragionare normalmente, ma ciò non toglie che io abbia pregato e con tutta la convinzione possibile. Volevo soltanto dirtelo, fratello, perché credo che tu abbia il diritto di saperlo! Più di tutti gli altri!" "È una bella confidenza quella che mi stai facendo e sono contento per quello che dici e anche per te! Ma perché avrei il diritto di saperlo?" "Tu sei così buono e sei così sicuro, convinto della tua fede. Io ti ammiro per questo, ma qualche volta credo di essere stato intollerante nei confronti della vostra fede, quella tua e di Mike, e di avervi quasi preso in giro!" "Non è vero, non ci credo!" "Si è così! solo qualche volta, però... io e Kevin!" "Beh, allora non ce ne siamo mai accorti! E tu sai che non è facile che non mi accorga se qualcuno mi sta prendendo in giro!" "Beh, lo so, lo so! Comunque adesso è accaduto anche a me di pregare e di sentirmi meglio dopo averlo fatto e così volevo dirtelo! Tutto qua. E la prossima volta che dovessi prendervi in giro, se te ne accorgi, potrai ricordarmelo!" "Stai tranquillo che lo farò, papà Richard!" "Ehi, François... perché ho pregato?" "Non è che io ne sappia tanto di queste cose, ma credo che tu abbia solo sentito il bisogno di pregare. Eri in una situazione difficile, questo però non vuol dire che tu sia diventato un credente. L'importante è che farlo ti abbia aiutato, no? Anche a trovarli, che tu ci creda o no!" "Già... forse è così..." e si sporse a guardare di sotto ai suoi ragazzi, alla sua isola, alla sua felicità, a come erano cambiati in quei tre mesi. "Ehi! Papà, se vuoi, ti faccio una confidenza anch'io, ma sei sicuro di volerlo sapere?" François attese che Richard gli facesse di si con la testa "Io non sono affatto sicuro della mia fede, ma so che mi ha aiutato tanto e per tante volte, che adesso non mi pare giusto avere troppi dubbi, così cerco di non averne! E mi aiuta ancora, sai? Mike invece, è uno sicuro, lui è così certo di come vanno le cose che non si ferma mai a ragionarci sopra! Beato lui che non discute mai di queste cose" concluse ridendo e strappando un sorriso anche a Richard. Quando tornarono di sotto, ciascuno a modo suo spiegò ai compagni il motivo di quel colloquio e quella sera Richard pensò che forse sarebbe stato molto meglio che la preghiera la recitasse François e così fecero da quel momento. Perché François trovava sempre le parole giuste e molto più facilmente di lui. 12 dicembre 1950 Era martedì e quel giorno c'era scuola, ma già dalla mattina erano tutti in fermento. Richard acconsentì a ridurre l'orario di lezione, quel giorno avrebbero fatto solo un'ora, cioè una tacca di meridiana, invece delle solite tre, per permettere a François e Joel di preparare i dolci, a Kevin, Manuel, Tommy e Angelo di darsi da fare con i vestiti e gli addobbi, mentre lui e Terry andavano a raccogliere le uova e poi a pescare crostacei. Mike, invece, armeggiava fin dall'alba con un'enorme noce di cocco, la più grande che fossero riusciti a raccogliere. Terry l'aveva trovata dopo molte ricerche la sera prima e Mike la stava bucando con perizia, disegnando una faccia sorridente, con i fori in corrispondenza degli occhi, del naso e della bocca. A Venture Island non c'erano zucche, ma i ragazzi non avrebbero mai rinunciato alla loro lanterna di Halloween. Il loro Jack-o-lantern venne fuori da quelle mani abili con una faccia bonaria e il sorriso tranquillizzante di tutte le zucche di Halloween, anche se era di un colore verde acceso e non del solito arancio. A mezzogiorno l'appesero orgogliosamente ad un palo sotto la botola, perché guardasse la casa in quella notte di spiriti e fantasmi. Al calare delle tenebre l'avrebbero illuminata infilandoci una candela. Le loro candele preziose stavano finendo, ma quella sarebbe servita per celebrare degnamente Halloween, un Halloween speciale, com'erano loro, per ciò che facevano, per dove si trovavano e anche per quanto e come si amavano. La notte delle streghe sarebbe stata buia, rischiarata solo da un quarto di luna, sufficiente appena a distinguere le ombre, ombre di fantasmi, e anche per questo motivo la festa cominciò all'ora terza del meridiano di Venture Island, cioè tre tacche dopo che il sole aveva raggiunto il suo massimo nel cielo e l'ombra dello gnomone, anche lui truccato per la festa, si era allungata, dopo essere quasi scomparsa alla sesta tacca, l'ora che corrispondeva al mezzogiorno. Kevin e François avevano preteso di travestirsi da streghe, scambiandosi un fuoco di fila di battute che aveva quasi fatto bloccare la vestizione, per come avevano riso tutti a sentirli, mentre si coprivano di stracci e foglie, truccandosi con degli enormi nasi finti fatti di corteccia. Tommy era un cadavere molto credibile, con il volto reso esangue da una specie di pietra pomice che avevano trovato vicino allo sfiatatoio in cui era caduto. E, prima di acconsentire a farla usare come belletto, Richard aveva preteso che facessero delle prove per controllare che non fosse irritante. Mike con la sua stazza, le mani grandi e la faccia grossa, era il miglior mostro di Frankenstein che si potesse immaginare di trovare, Manuel, Richard, Terry e Angelo avevano optato per il classico costume da fantasma, ciascuno con qualche variante negli accessori e nel drappeggio delle lenzuola che erano state concesse da Kevin e dallo stesso Manuel. Hook, che era nero e abbastanza grosso, senza bisogno di alcun trucco, per quel giorno fu considerato da tutti il mastino dei Baskerville. "Se me le riportate strappate, vi strappo le budella" aveva minacciato Kevin "e cercate di restituirle pulite! Per quanto è possibile..." Alle tre la festa era incominciata. In tutti gli Halloween vissuti, quando era stato possibile fare festa in qualche modo, loro, i piccoli, avevano fatto gli scherzi e altri, i grandi, genitori, vicini di casa, assistenti degli orfanotrofi, li avevano subiti e anche i dolci andava sempre a finire che li mangiavano loro. Quello però sarebbe stato un Halloween senza controparte, perché nessuno, neppure Richard, era disposto ad interpretare il ruolo dell'adulto, destinatario degli scherzi. Finì così che, essendosi tutti travestiti, tutti furono artefici e vittime di scherzi, anche se Mike ricevette molte più secchiate di acqua da parte dei tre e Joel, dopo l'ultima innaffiata, più violenta delle altre, fu afferrato da quattro braccia forti. Mike e François se lo misero sotto e gli fecero tanto solletico da lasciarlo esausto e incapace di muoversi per qualche minuto. Il travestimento di Joel era il più elaborato. Aveva il corpo tutto dipinto di nero con il carbone e sopra aveva le ossa dipinte di bianco. "Tu farai lo scheletro" aveva sentenziato François qualche giorno prima valutando la sua magrezza "così non dobbiamo fare troppi sforzi per disegnarti le ossa!" Quando finalmente Mike lo lasciò andare, altri compagni, Angelo, Terry e Manuel, ancora meno teneri, ne approfittarono per spiaccicargli addosso qualche frutto troppo maturo e poi rivoltarlo nella sabbia. Con il nerofumo e la polvere di pomice, il succo appiccicoso dei frutti e un poco di sudore, sul corpo del povero Joel si creò una specie di crosta di sabbia che da scheletro lo trasformò improvvisamente in un aborigeno australiano. Quando riuscì a liberarsi dall'abbraccio poco amorevole di quei traditori, corse verso il laghetto e si gettò in acqua per cercare di staccarsi l'impasto che gli avevano attaccato addosso. "Dolcetto o scherzetto!" era stato il grido del giorno e non avrebbe potuto essere altro che quello. Tutti avevano regalato pezzetti di gelatina di frutta o di polpa di cocco, oppure un granchio arrostito, che non era un dolcetto, per evitare di essere travolti da cascate d'acqua oppure di essere spalmati di succo di papaia, oppure di bere sorsate di acqua di mare, contrabbandata per acqua della cascata. Era lo scherzo che Angelo e Tommy avevano fatto a Richard. Lui c'era stato, sebbene avesse notato che avevano scambiato il bicchiere prima di darglielo. Aveva sputato l'acqua, facendo versacci e fingendosi disgustato più di quanto non lo fosse davvero, poi li aveva rincorsi nella foresta per vendicarsi. I due monelli andavano veloci, li raggiunse solo quando erano molto lontani dal campo, nel folto degli alberi, e solo perché Tommy, che si teneva stretto ad Angelo, ne rallentava parecchio la corsa. Due fantasmi e un cadaverino si spingevano ridendo nell'erba alta di una piccola radura. Richard cercava di immobilizzarli e con Tommy c'era quasi riuscito, mettendoselo sotto il braccio, ma Angelo era più forte e gli sfuggiva contorcendosi. Così avvinghiati finirono a rotolarsi per terra, ridendo come pazzi, perché, per prendersi o per sfuggire, si facevano anche il solletico. Dopo un'infinità di giravolte, Richard si voltò sulle spalle e Angelo gli finì sopra trafelato. Si trovarono improvvisamente con le facce a pochissima distanza, i corpi aderivano, le bocche erano vicine. Sentirono i cuori battere e il respiro si confuse. Smisero di lottare nello stesso istante e anche Tommy si bloccò. Il desiderio aggredì Richard fino a stordirlo, mentre Angelo, chiusi gli occhi, si abbassava a baciarlo sulle labbra. Tommy gli si attaccò il più possibile, per prendersi la sua parte di coccole. Che per lui forse erano ancora tali, ma non per gli altri due, non più. Una forza sconosciuta sopraffece Richard, lasciandolo senza volontà, senza possibilità d'opporsi. Avrebbe potuto svincolarsi, ma era fuori del proprio corpo e stava solo osservando lo svolgersi di una scena, salvo poi avvertire le sensazioni di ciò che accadeva al suo corpo. Era forse perché Angelo e Tommy l'avevano quasi aggredito ed ora lo stavano obbligando ad accettare ciò che gli facevano. Si sarebbe detto che lo stavano adorando, ma lui avrebbe avuto la forza di sciogliersi dall'abbraccio, se solo l'avesse voluto. E si strusciavano su di lui, lo stavano baciando sulla faccia, sul collo, sugli occhi, finché Angelo posò le labbra sulle sue. Se fosse stato in sé, si sarebbe sottratto e con qualche carezza avrebbe risolto l'inevitabile imbarazzo, ma era come estraneo a se stesso, a guardare la scena da sopra, da lontano. E Angelo lo stava baciando, ma non come si fa con un padre o un fratello, lui lo permetteva socchiudendo le labbra, lasciando che la lingua gli accarezzasse i denti e poi giocasse con la sua. Anche Tommy lo baciava sulla guancia e sul collo, con gli occhi chiusi, il volto sereno, gli teneva le braccia strette, per il desiderio di essergli vicino. Quello di Angelo era il bacio appassionato d'un amante, mentre gli teneva il pube contro il suo e spingeva, strofinando erezione su erezione. I due piccoli si erano eccitati già mentre lottavano, ma adesso ce l'avevano duro tutti e tre. Stava accadendo tutto molto in fretta. Tommy si muoveva, lui lo sentiva sul fianco, gli stava baciando il collo, mormorando di piacere. Angelo si accomodò meglio, senza staccarsi nel bacio che gli stava dando. Se uno di loro avesse aperto gli occhi, forse sarebbe finito tutto, ma non accadde. Il calore gli saliva dal ventre, mentre le mani dei ragazzi l'accarezzavano ovunque. Il corpo di Angelo non gli pesava, mentre Tommy continuava ad abbracciarli insieme. Sentì Angelo tendersi e rilassarsi, sospirare, gemere. Non avevano addosso abbastanza vestiti per non sentire che si stava bagnando e in quel momento anche Tommy parve aver raggiunto ciò che cercava. Qualunque cosa fosse. Poi accadde anche a lui di perdersi e lasciarsi travolgere, incapace di fermarsi. Pensò subito ad abbracciarli stretti, perché non si sentissero in colpa, per prendere su di sé il disagio di ciò che era accaduto. Angelo lo guardò smarrito, anche lui si era svegliato dal sogno. Tommy era il più sereno, sulle labbra aveva un sorriso che però sparì subito, appena notò gli sguardi inquieti di loro due. "Ehi, fratellino" mormorò Richard, mentre Angelo gli nascondeva la faccia nel collo "va tutto bene" disse accarezzandolo sulla spalla. "Mi dispiace, Richard!" stava per piangere. "Dispiace anche a me" aggiunse subito Tommy, senza sapere esattamente di cosa angustiarsi. "Credo che abbiamo fatto una cosa brutta!" "No, no, non è stato brutto, Tommy, Angelo!" "Si, invece!" bisbigliò Angelo, senza alzare la testa "Ed è stata colpa mia!" "Allora è pure colpa mia!" fece eroicamente Tommy, quasi piangendo. "No, ragazzi, basta! Non è colpa di nessuno, perché non abbiamo fatto niente di male, niente cui vergognarci!" Ma ne era sicuro? "L'abbiamo fatto, io ti ho fatto quella cosa!" Angelo si raddrizzò. Era arrossito, per il pianto e l'emozione e anche la vergogna, si guardò la chiazza umida che aveva davanti, sul lenzuolo di Kevin. Proprio Kevin. "Ehi, ehi! Noi stavamo giocando. Tu mi hai abbracciato, ti sei eccitato ed è successo! Ma solo perché noi ci vogliamo bene! Ci siamo soltanto abbracciati, va bene?" "Ce l'avevamo duro" fece Tommy, mentre Angelo girava la testa per la vergogna e stringeva gli occhi "anche tu?" aggiunse rivolto a Richard. "Si! Anch'io stavo così, proprio come voi, perché piaceva anche a me e per me non è stato brutto! Va bene?" "Ma io sono venuto!" gridò Angelo. "Ed io? Non vedi?" Richard indicò il suo lenzuolo "Mi sono bagnato anch'io!" Ma Angelo non era per niente convinto, scuoteva la testa, mentre Tommy tremava, anche se non capiva ancora bene il perché di tanta agitazione. "Se è piaciuto a tutti e tre, non c'è niente di cui vergognarsi" affermò Richard. Poi pensò che di loro lui era stato il più incosciente, perché era il più grande e quindi anche il maggior responsabile di ciò che era accaduto. Che non doveva capitare. "Com'è potuto succedere?" cercava di ragionare Angelo. "Forse è stato perché mi vuoi bene?" "Si è vero" e gli si fece più vicino, come incoraggiato da quell'idea. "Anch'io vi voglio bene!" urlò Tommy, per paura che lui non lo sentisse. Lui li abbracciò stretti. "Pensi che dovremmo dirlo agli altri?" chiese Angelo che era ancora indeciso su quella specie di assoluzione che aveva appena avuto. E continuava a sentirsi in colpa, si guardava davanti e considerava la macchia che si era già asciugata sul lenzuolo. "Forse Kevin si arrabbierà" osservò Tommy. "Che gli diremo?" "Se si arrabbierà, ma solo perché abbiamo sporcato le lenzuola, ma noi gli diremo come e perché è successo e sono certo che lui capirà" fece Richard. "Davvero?" "Si e poi ovviamente lui lo dirà a François" rise, strappando un sorriso anche agli altri due "Ehi, ragazzi, io lo dirò, anche perché è stata una cosa bella che abbiamo fatto insieme noi tre e a me va davvero di raccontarglielo. Non sarà la confessione di un peccato, capite?" "Va bene, se dici così... io lo dirò a Terry e Joel!" "Anch'io a Manuel!" "Davvero è stata una cosa bella per te, papà? Perché io, un poco mi vergogno per quello che ti ho fatto!" "Non voglio sentirti dire una cosa come questa" e gli fece la faccia più seria che poteva, perché gli premeva rassicurarlo "Noi tre stavamo giocato, abbiamo lottato e poi abbiamo finito per abbracciarci ed è stato perché ci vogliamo bene. Tu hai desiderato di baciarmi ed io te l'ho lasciato fare, perché mi piaceva che lo facessi e volevo abbracciarti e baciarti anch'io. Tommy mi ha abbracciato pure lui ed è stato bello, non è vero?" "Anche a me è piaciuto!" sentenziò Tommy stringendosi e mettendosi comodo per godersi meglio quella vicinanza. "Allora è piaciuto anche a me" concesse Angelo che pareva finalmente convinto. Parlarne agli innamorati o compagni di avventure fu più semplice del previsto. Richard tirò Kevin da una parte e mormorando all'orecchio, gli raccontò tutto. Arrossì, fece qualche pausa, perché non era così certo di non stare confessando qualcosa, né era sicuro del perdono di Kevin, ma alla fine gli disse proprio tutto. Il rosso lo guardò, finse anche di essere arrabbiato, ma subito gli sorrise, perché la faccia di Richard esprimeva una tale preoccupazione che era davvero irresistibile e mai avrebbe potuto sospettarlo di un tradimento. Finì con un abbraccio e con la promessa di farsi perdonare quanto prima e in quale modo fu chiaro a tutti e due, senza che dovessero spiegarselo. Angelo e Tommy lo dissero ai loro innamorati, uno bisbigliando, l'altro a voce normale, che per lui era equivalente ad un sussurro. I destinatari delle confidenze furono magnanimi e comprensivi quanto lo era stato Kevin. Stranamente il più colpito di tutti e anche l'unico ad accigliarsi fu François che restò allo scuro di tutto, ma solo perché nessuno si ricordò di raccontargli niente, finché Kevin non si decise a dirglielo. Quanto a Mike, praticamente non ne seppe mai nulla, perché neppure si accorse che era accaduto qualcosa. All'imbrunire erano tutti sfiniti per il gran correre che avevano fatto e sazi per quanta frutta avevano mangiato, per i crostacei e i frutti dell'albero del pane. Quando fu troppo buio per continuare ad inseguirsi senza correre pericoli, si ritrovarono davanti alla casa, esausti e contenti, seduti in cerchio attorno al palo cui era appesa la lanterna costruita da Mike. A parte Joel che aveva perso un poco del suo travestimento quando si era bagnato, tutti erano ancora mascherati con quello che li aveva trasformati in ciò che volevano sembrare e sulla faccia portavano ancora il trucco che li aveva resi creature mostruose. Un emozionato Mike accese con mani tremanti la terzultima candela della loro provvista e la pose nella zucca che si illuminò di luce tremula, spargendo intorno a sé ombre palpitanti. "Questo Jack-o-lantern ha la faccia verde e gli occhi rossi!" esclamò Angelo. "Beh, se pensi che all'inizio era una rapa, non gli è andata tanto male!" disse François. "Perché era una rapa?" chiese Tommy "Ad Halloween ci sono le zucche!" "E a Venture Island abbiamo una noce di cocco!" "Si, ma in origine era proprio una rapa. Io conosco la storia, ma è spaventosa" fece François, facendo l'occhiolino a Tommy che era sempre il più facile da spaventare "e non so se posso raccontarla." "Tu raccontala lo stesso!" tagliò corto Tommy avvicinandosi prudentemente a Richard. "È soltanto una leggenda. Non è che ti spaventi e non dormi più?" "Dai, raccontala, François!" lo pregò Mike che era sempre disponibile ad ascoltarlo. "Si, si, dicci la storia della zucca!" fecero gli altri. "Ha detto che era una rapa" li corresse Joel. S'era fatto scuro, a parte il piccolo cerchio di luce attorno alla candela, tutto era stato inghiottito dal buio, anche la foresta non esisteva più, si udivano solo la cascata e il frusciare sommesso del vento, più lontano il rumore del mare. La voce di François, profonda e solenne, ruppe la monotonia di quei rumori. "Tanti anni fa c'era un uomo, si chiamava Jack ed era un baro e anche un malfattore. Nella notte di Ognissanti, in una notte buia proprio come questa, Jack ingannò Satana, sfidandolo a scalare un albero. Dopo che il diavolo fu salito, lui incise una croce sulla corteccia, intrappolandolo tra i rami. Satana era molto arrabbiato, ma per quanto provasse, non riusciva a scendere dall'albero, perché non poteva passare sopra la croce, né poteva saltare, perché l'albero era molto alto. Jack allora gli propose un patto: se non lo avesse più indotto in tentazione, avrebbe coperto la croce, facendolo scendere. E così fu. "Satana allora se ne andò per la sua strada, ma era molto arrabbiato. E Jack, che credeva di averlo beffato, rise fino a restare sfinito. Molti anni dopo, quando morì, Satana era lì ad aspettarlo e si prese la sua rivincita, perché a Jack venne impedito di entrare in paradiso a causa della cattiva condotta avuta in vita. E questo era prevedibile, ma gli venne anche negato l'ingresso all'inferno, per aver ingannato nientemeno che Satana il quale aveva memoria lunga. Così Jack fu costretto a vagare nel buio eterno. "Dopo molto tempo, uno dei diavoli meno importanti e meno cattivo degli altri s'impietosì e per fargli un favore gli regalò un pezzo d'inferno, un piccolo tizzone per illuminare la via nella tremenda tenebra che lo avvolgeva. Fu per far durare più a lungo la fiamma che a Jack venne in mente di scavare una grossa rapa e di metterci dentro la fiamma che da allora illuminò la sua notte eterna. E da allora anche la notte di Halloween fu illuminata dalle rape cave." "E le zucche allora?" "Accadde che, quando gli irlandesi arrivarono in America non ci trovarono rape grandi abbastanza per infilarci dentro una candela, ma videro che c'erano delle belle zucche e allora pensarono di usarle come lanterne di Halloween! "Ehi! Erano in gamba gli irlandesi!" "I tuoi erano irlandesi, Kevin?" chiese Joel. "Eh già... tu hai i capelli rossi!" disse Angelo. "E hai pure le lentiggini!" aggiunse Terry. "Si, è proprio così" fece Kevin paziente "i miei nonni erano irlandesi!" "François, racconta un'altra storia, questa non era per niente spaventosa!" disse Tommy e andarono avanti così fino a che non furono tanto stanchi che gli occhi si chiudevano e rischiavano di addormentarsi là sotto, attorno alla lanterna. 16 dicembre 1950 "Credo che per Natale dovremmo essere tutti molto più eleganti e ordinati, anche più di quanto lo siamo di solito!" Se quella frase l'avesse detta Richard, avrebbe gettato nello sconforto più o meno tutti i ragazzi, ma l'aveva pronunciata François e con lui c'era possibilità di trattare. Per Richard mettersi in ordine voleva dire lavarsi e strofinarsi fino a diventare rossi, pettinarsi con la riga rigorosamente a sinistra, bagnando abbondantemente i capelli, lisciandoli anche a costo di farsi male e poi vestirsi con i calzini e le scarpe chiuse, i pantaloni lunghi, la camicia e l'odiato cravattino. A lui non importava che si trovassero all'equatore, che quindi facesse un gran caldo e che avrebbero tutti sudato ancora prima di agganciare l'ultimo bottone della camicia. Li voleva vestiti così per il pranzo della domenica, mentre per la cena di ogni sera si accontentava che indossassero soltanto pantaloni, camicie e ovviamente il cravattino, facendo un'eccezione solo per le scarpe chiuse e i calzini. Una delle carenze più sentite a Venture Island era quella del sapone. Ne avevano recuperato qualche pezzo, troppo poco per nove ragazzi che si muovevano tanto e sudavano abbondantemente. L'avevano consumato già nei primi giorni, poi erano ricorsi all'azione combinata dell'acqua e della sabbia. Da allora Richard si era scervellato per cercare di fabbricare il sapone in qualche modo, sfruttando le conoscenze di chimica che aveva, ma non ci era ancora riuscito. Aveva trafficato per mesi con la cenere, con il grasso che otteneva bollendo i resti dei pesci che mangiavano, ma il problema era che non aveva ancora trovato il modo di procurarsi la soda caustica, l'elemento indispensabile ad ottenere l'effetto sgrassante dal sapone. Per questo motivo erano costretti, per avere un qualche effetto di pulizia, a strofinarsi con la sabbia più fine, quella che si posava sul fondo del laghetto. Era bianca e così leggera che non si riusciva neppure a tenerla in mano, ma passata sulla pelle riusciva a pulirla e quasi a sgrassarla, anche se un po' l'arrossava. Anche per questo motivo non tutti si lavavano volentieri e ci voleva sempre l'attenzione di Kevin perché qualcuno non scantonasse da una buona strofinata. Spesso erano necessarie l'autorità di Richard o le minacce di Mike. Per quello che riguardava i capelli, facendo molta esperienza sulle capigliature dei compagni, François era diventato un bravo barbiere e aveva anche un valido collaboratore, Kevin, il quale si divertiva a sforbiciare le zazzere dei compagni, ma con meno impegno. Poche settimane dopo il loro arrivo Richard aveva cominciato a guardare un poco preoccupato le criniere dei ragazzi che stavano lentamente crescendo fino a diventare, in alcuni di loro, davvero leonine. Le capigliature più rigogliose erano quelle di Terry e François che con i loro capelli ricci parevano avere sulle spalle dei palloni, piuttosto che delle teste. Lui stesso non era da meno, perché, per quanto biondi, i suoi capelli erano voluminosi. Mike, Manuel, Tommy, Joel e Angelo avevano capelli lisci e quindi poco appariscenti, anche se ormai lunghi fino a sfiorare le scapole. Kevin li portava già fino alle spalle e nessuno si sarebbe sognato di discutere con lui sull'argomento, tranne François che un giorno gli propose di accorciarglieli, se Kevin avesse fatto lo stesso con lui che s'era scocciato di restare impigliato nei rami ogni volta che andava alla latrina. Così, recuperate un paio di forbici, proprio quelle usate da uno dei marinai per accorciare i capelli a tutti tranne che a Kevin, François si era apprestato a dare una regolata alla chioma fluente del rosso. "Dopo lo farai anche a me, vero, François?" aveva detto allora Richard. "Anch'io!" aveva gridato Tommy. E così si erano messi in fila per essere serviti. Alla fine tutti avevano molti meno capelli, qualcuno aveva ricevuto qualche sforbiciata più del dovuto, non tutti mostravano una sfumatura diritta sulla nuca, ma, per lo meno, si sentivano freschi e molto più in ordine. "Credo che dovremmo farlo più spesso" sentenziò Richard. "Beh, qua siamo liberi di tenere i capelli come vogliamo, no?" si affrettò a dire Kevin che aveva dovuto lottare parecchio in passato per portare i capelli nel modo che più gli piaceva. "Certo, anche se per igiene e comodità dovremmo cercare di accorciarli spesso!" precisò Richard facendogli l'occhiolino. "A me stanno bene corti!" disse Mike che sfoggiava un bel taglio militare, anche se in qualche zona della testa i capelli erano un poco più corti e in qualche altra più lunghi. Il tagliatore non era ancora esperto, ma si sarebbe certamente affinato. Da quel giorno François e Kevin tagliarono periodicamente i capelli a tutti, secondo i desideri di ciascuno e nel rispetto delle norme di igiene e ordine stabilite da Richard. Norme che consistevano essenzialmente nel fatto che a Kevin era consentito portare i capelli della lunghezza voluta, mentre tutti gli altri, Richard compreso, dovevano avere le orecchie e la nuca scoperte. Per la barba il problema era circoscritto a Richard e Mike cui cresceva su quasi tutta la faccia e a Kevin che aveva solo una peluria che gli allungava le basette e segnava un poco il labbro superiore. Per tutti gli altri era un problema che si sarebbe presentato in un futuro più o meno lontano. I tre avevano a disposizione pochissimo sapone da barba, un paio di pennelli di tasso e due rasoi a mano. L'unico in grado di radersi era Richard. A Mike la barba era spuntata tutta insieme negli ultimi mesi e Kevin non si era mai rasato da solo, ma era sempre ricorso ad un barbiere. Per evitare di consumare il poco sapone e per una certa inesperienza, furono d'accordo a lasciarsi crescere la barba, anche se l'avrebbero curata e spuntata per non trasformarsi in uomini delle caverne. Quella di Richard era bionda e morbida e solo un po' arricciata, proprio come i suoi capelli, e Kevin ci si perdeva estasiato ogni volta che si metteva a curarla oppure a baciarla. A Mike invece cresceva un groviglio di peli rossicci che François spuntava quasi giornalmente, anche lui alternando sforbiciate e baci. Le basette e i radi baffi di Kevin invece erano gli unici ad essere rasati settimanalmente da Richard che dedicava una buona parte della domenica mattina ad accarezzare le guance rosee del suo innamorato, dopo averle offese con il rasoio, dato che il sapone era finito da tempo. La cura di capelli e barbe proseguì con queste poche formalità fino a quel giorno, poco prima di Natale, quando François annunciò che per quella festa, secondo lui, si dovesse fare qualcosa di speciale. "Dobbiamo essere ordinati, quindi, amore mio, ti voglio senza barba e anche tu Richard dovresti tornare a mostrarci la tua bella faccia!" I due interpellati si guardarono smarriti: non ci si taglia la barba con tanta facilità dopo averla portata per mesi. "E poi anche Terry e Angelo dovrebbero pulirsi un poco!" incalzò François "Mi sa che è arrivato il momento anche per voi, siete diventati grandi!" Da qualche settimana ai due era spuntato più di qualche pelo in faccia e specialmente Angelo aveva un segno scuro sul labbro inferiore e lungo le guance che gli allungava le basette e lo faceva sembrare un po' un gigolo. Ovviamente i due furono orgogliosi di quell'osservazione e Angelo arrossì, fino quasi a commuoversi. Joel che gli era vicino lo guardò quasi senza capire, poi, a scanso di equivoci, l'abbracciò. "Per me non se ne parla fino all'anno prossimo, vero?" disse, strappando un sorriso al suo compagno. "Anche più di un anno, piccolo! E se non smetti di sperare, ti accadrà più in fretta di quanto non credi" lo prese in giro François. Natale, dunque e al pari di Halloween, sarebbe stata una faccenda seria che andava affrontata con molta attenzione. E il primo problema fu quello dell'albero: "Non abbiamo abeti, come si fa?" "E a Venture Island non c'è niente che gli somigli!" "Neppure da lontano!" "Vedrete che qualcosa troveremo, vero amore?" "Non posso costruire un abete che sembri davvero un abete!" Questo era il dialogo che si ripeteva da settimane e la conclusione era sempre di Mike che cercava di sottrarsi alle richieste sempre più pressanti di François e degli altri. Alla fine lo convinsero, con le buone e con le cattive. Mike ripulì il solito tronco dritto di albero del pane, lo liberò del fogliame e di quasi tutti i rami. Poi lo piantarono davanti alla casa. L'arte e la perizia del mastro carpentiere furono utili per inventare e realizzare i rami che erano abbastanza simili a quelli di un vero abete. E in questo li aiutò la fantasia e la voglia che avevano di festeggiare il loro Natale, com'era stato per Halloween. L'albero fu decorato con fiori e frutti che dovevano essere sostituiti ogni giorno con altri più freschi e fu inaugurato la mattina della vigilia alla presenza della popolazione di Venture Island. Nove paia di occhi, alcuni come sempre pieni di lacrime, altri meno, ma ugualmente emozionati, esplorarono quell'albero che, come già il pellicano del ringraziamento era divenuto un vero tacchino, si trasformò in un abete degno di un bosco del Vermont. Era proprio un albero di Natale, se non ci si avvicinava troppo, tanto da scoprire che i rami erano legati al tronco con il sartiame della Venture e che in realtà erano paletti coperti di muschio, cioè quanto di più simile avevano trovato al fogliame di un abete. Per il resto i fiori e i frutti dell'isola erano una decorazione abbastanza colorata e plausibile per un albero di Natale. Il resto lo fece la loro fantasia. Solo per le luci non c'era stato nulla da fare. Non ne avevano. Convinsero Richard a sacrificare un'altra delle preziose candele per quella sera speciale, quando avrebbero pregato e poi giocato insieme. L'avrebbero lasciata accesa davanti all'albero, perché Babbo Natale, che certamente non avrebbe scordato la loro isola sperduta, capisse che quello era il posto per lasciare i doni che portava sulla sua slitta. "Una slitta all'equatore? Le renne moriranno di caldo!" sentenziò Kevin, sentendo François che ne parlava con Tommy. Ma anche quella era una scena, perché i regali di tutti a tutti erano pronti da giorni, in un susseguirsi di bisbigli e segreti e finte corse alla latrina, oppure raccolte inaspettate di uova dalla riserva e partite di pesca improvvisate per ritrovarsi da soli e preparare il regalo, che fosse una sorpresa per i compagni. Quando fu ora di dormire, ciascuno diede il tempo agli altri per sistemare i propri regali. L'ultimo a salire fu Richard che, data una fugace occhiata al mucchio di oggetti che si era creato ai piedi dell'albero di Natale, considerò prudente legare Hook un po' lontano, dato che certamente molti dei doni erano commestibili e risultavano piuttosto attraenti per lo smisurato appetito del decimo cittadino di Venture Island. 25 dicembre 1950 La mattina di Natale il primo a scendere, proprio perché non riusciva più ad aspettare, fu Tommy, seguito dai tre e da Mike anche lui curioso dei regali che avrebbe trovato. Kevin si precipitò di sotto subito dietro di lui a scoprire la sorpresa di Richard. Furono tutti contenti, soprattutto Mike che inaspettatamente apprezzò il regalo dei tre, perché i tre diavoli gli avevano costruito un bellissimo arco e delle frecce. Joel aveva saputo da François che quello era uno dei desideri di Mike, così, facendo finta di averlo indovinato, ne conquistarono il cuore e la benevolenza, fino alla prossima marachella. Il pranzo fu dedicato alla cucina tongana di cui François ormai padroneggiava le specialità. Dal tronco di alcune piccole piante di cocco ricavò una ricca insalata, fatta di cuori di palma. Cucinò nell'umu, il forno interrato, alcune radici, qualcosa che assomigliava alle patate dolci e poi tanti frutti dell'albero del pane. Usò la polpa dei cocchi maturi, grattata e spremuta, per ricavare una crema con cui condì il pesce, la verdura e la frutta. Arrostirono dei polipi e anche un pellicano, suo malgrado, partecipò al pranzo assieme a molti pesci. Sfidando gli ammonimenti e le paure di François e di Angelo, Mike e Terry si erano immersi per strappare al fondo della laguna alcune grosse tridacne. François le aveva marinate immergendo la polpa nella crema di cocco e le aveva servite nelle loro stesse valve. Anche crostacei, granchi ed altre conchiglie decoravano la tavola. Angelo si era sbizzarrito con i fiori. Ce n'erano migliaia e tutti rossi, come fosse una tovaglia. Per dolce il cuoco aveva preparato una specie di pudding, fatto con il frutto dell'albero del pane che aveva cotto e poi impastato e avvolto in foglie di banana e quindi coperto con una crema di cocco e una specie di zucchero ottenuto dalla cottura dei frutti più maturi. Quando ebbero mangiato tutto, ma proprio tutto e perfino Hook poté dirsi sazio e appagato, se ne andarono alla spiaggia. Tommy correva dietro al cane che era felice di quelle attenzioni, poi Hook imboccò il sentiero che scendeva al mare e Tommy dietro di lui. Richard, che aveva voglia di camminare, prese a braccetto Kevin, poi mise il braccio sulle spalle di Manuel e si avviò. Terry, Angelo e Joel li seguirono. Erano il solito groviglio, scherzavano e ridevano ad ogni passo. François e Mike se ne stavano dietro a tutti e si baciavano con passione, riuscendo però a tenere il passo. Quando sbucarono da dietro alla roccia, gli si presentò uno spettacolo magnifico e inquietante. Buona parte del cielo era serena, di un celeste che sfumava all'azzurro, ma sopra l'orizzonte si alzavano banchi di nuvole scure che tra non molto avrebbero coperto il sole. Nella laguna il mare era verde, ma fuori, al di là della scogliera, aveva cominciato a spumeggiare per il vento che stava alzandosi e aveva il colore blu del mare profondo. Più lontano, dove le nuvole avevano già coperto il sole, il mare era del colore del piombo. "Sta arrivando una tempesta!" sentenziò Kevin guardando lontano. E tutti gli diedero ragione. Tommy si avvicinò a Richard, i tre si strinsero tra loro, poi si avvicinarono a Mike. François era pensieroso. "Fortuna che siamo qua, chissà come sarà brutto là in mezzo!" fece Angelo indicando il mare aperto. "Una tempesta è sempre una brutta cosa!" sentenziò Richard. Intanto François si era allontanato dagli altri, camminando fino alla riva. Si abbassò fino a bagnarsi le dita nell'acqua di mare, poi se le passò sulle labbra. "Sembra amara, è come se stesse preparandosi a farci del male!" "Ma noi siamo su un'isola, la casa e la mangrovia ci ripareranno, non è vero, papà?" chiese Joel. "Non abbiamo proprio nulla da temere!" TBC *** lennybruce55@gmail.com Il nome 'Lenny Bruce' è presente nella sezione "Stories by Prolific Net Authors" (http://www.nifty.org/nifty/frauthors.html) con l'elenco degli altri romanzi e racconti che ho scritto e pubblicato su Nifty. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html