Date: Fri, 27 Dec 2013 18:54:29 +0100 From: Lenny Bruce Subject: L'Isola del Rifugio 4 DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html Questo è il quarto dei diciotto capitoli che compongono il romanzo. CAPITOLO 4 - Un funerale e alcuni inizi Tommy scelse il posto dove seppellire Chris. Era una collinetta, di lato alla cascata, non lontana dal campo. Di là si aveva una magnifica vista dell'oceano, verso occidente. "Vedete? È un posto bellissimo" disse, gridò entusiasta "Da qua potrà guardare il mare, ascoltare la cascata e vederci giocare nel laghetto. Sarà come se stesse ancora con noi!" Il suo ottimismo e il buon umore erano tornati in fretta, dopo che aveva pianto abbracciato a Manuel. Richard si era addormentato esausto fra le braccia di Kevin e gli altri ragazzi si erano lentamente calmati, anche se sui loro visi c'erano i segni della tragedia che li aveva sconvolti. In soli due giorni avevano vissuto un naufragio in cui quasi certamente erano morti tutti i membri dell'equipaggio e poi avevano assistito alla fine dolorosa di un loro compagno. Lasciato Richard a dormire il suo sonno agitato, Kevin aveva mandato Joel, Terry e Angelo a raccogliere dei frutti, anche se quasi nessuno pensava di avere appetito. Quando fu il momento, però, mangiarono tutti, scoprendo di aver comunque fame. Dopo andarono a vedere il posto che Tommy aveva scelto per la tomba e parve a tutti una buona idea. Kevin pensò che in quel momento fosse importante che tutti avessero qualcosa da fare. Ne parlò con Mike, propose che si mettessero a scavare. Tornarono a prendere le pale e cominciarono a lavorare. Fu faticoso, perché il terreno era duro e faceva molto caldo e anche perché solo Mike aveva qualche esperienza con la pala. Lavorarono a turno. Richard si svegliò nel pomeriggio, con lui c'era François che gli disse dov'erano gli altri. "Li raggiungiamo?" propose e si avviarono. François un po' saltellava, un po' si faceva portare da Richard che lo reggeva tenendogli un braccio attorno ai fianchi. Alla fine raggiunsero il crinale e furono accolti dai ragazzi che gli si fecero attorno, contenti di vederli. Mike prese François dalle braccia di Richard e l'adagiò sull'erba. Lo guardò senza parlare, finché François gli sorrise e lui avvampò, correndo verso la buca. Tolse di mano la pala a Terry e si mise a scavare con furia. Kevin era il più contento di tutti, attirò Richard a sé, lo strinse, l'accarezzò. "È tutto sotto controllo, capo!" fece scherzando, quando lo liberò dall'abbraccio "Possiamo scavare solo due per volta, mentre un altro toglie la terra. E abbiamo stabilito dei turni per riposarci. Ma stiamo andando avanti, vedi?" Richard era stato ben felice dell'accoglienza e si era goduto le coccole di Kevin, ma a sentirlo parlare della tomba si accigliò. "Quanto credi che dovremmo ancora scavare?" chiese Kevin che non aveva notato nulla, perché si era voltato verso la buca "Credi che basterà così?" "Si, si! Penso che sia sufficiente" borbottò Richard, ma voleva urlargli che non aveva mai scavato la tomba per un amico. Era ancora scosso e, mentre i ragazzi tornavano a lavorare, lui se ne andò a guardare il mare. Il sole si avvicinava all'orizzonte e il suo riflesso colpiva gli occhi, se si fissava la distesa d'acqua. Lui s'era allontanato, intimorito dai rumori, dagli altri ragazzi, dalla natura rigogliosa che insensibilmente continuava a vivere, a crescere, da Kevin stesso che l'amava, mentre preparavano la tomba per Chris. E quando gli occhi si riempirono di lacrime un'altra volta, si giustificò pensando che fosse per la luce accecante e per il fatto che erano irritati dal pianto di prima, ma si disse anche che doveva smetterla, che non poteva continuare a piangere. "Chris non era cattolico, vero?" gli chiese Kevin da dietro, scegliendo inspiegabilmente il momento giusto per interrompere quei pensieri. "No, non lo so, non credo. Non abbiamo mai parlato di religione, ma durante le preghiere sulla Venture ho notato che non se la cavava molto bene a rispondere. I suoi genitori naturali, comunque, erano buddisti." "E come mai era con noi?" "Credo sia stato un sacerdote a tirarlo fuori dai guai quest'inverno, un amico del suo ultimo padre adottivo che comunque era cattolico. E così l'ha raccomandato per il viaggio. Vorrei che non l'avesse fatto!" sbottò. "Oh, Richard, nessuno poteva immaginarlo. Non stare a tormentarti!" "Si, hai ragione." "Ehi, ma noi non abbiamo un prete buddista qua." E si lasciò trascinare in quella discussione un po' surreale, felice di potersi distrarre. "Nel caso sarebbe un monaco... buddista! Noi però non sappiamo come si celebra un funerale... buddista, no?" "Ma no, scemo!" "Se si può chiamare funerale!" "Richard" Kevin era tornato serio "penso che dovremmo comunque fare qualcosa. Tu sai... sapresti cosa... come si fa un funerale... normale? Cosa si dice? Non è che possiamo metterlo nella tomba e buttarci la terra sopra, no? Senza fare altro..." "Oh Kevin..." Richard era confuso "io... io non ho mai frequentato la chiesa volentieri e, anche se la cosa potrà sembrarti strana, non ho mai partecipato ad un funerale. Ne ho solo sentito parlare, ho letto qualcosa, ne ho visti al cinema e quindi so, più o meno, come funziona, ma non so quali preghiere si dovrebbero recitare... François forse sa qualcosa di più." "Forse!" "Già... forse..." "Io credo che dovremmo comunque celebrare un funerale!" Kevin parve quasi intestardirsi. "D'accordo, ma dobbiamo dire solo le cose che sentiamo davvero e non ripetere parole che non capiamo!" insisté Richard. "Ehi, Richard, qua siamo tutti cattolici" tagliò corto Kevin "ed io non so quanti ci credano veramente o ci abbiano ragionato sopra come abbiamo fatto tu ed io. Ma credo che non l'abbia fatto nessuno altro, visto che sono piuttosto piccoli d'età. Mike ci crede più di tutti per fatti suoi e François ci crede seriamente, perché ci ha ragionato sopra come abbiamo fatto noi. Insomma, tutti credono a Gesù e alle altre cose che gli hanno insegnato e spiegato mille volte. E adesso, dato che sei il loro capo, si aspettano che tu preghi con loro e anche che dica qualcosa di appropriato, perciò preparati! Non c'è nessun altro che possa farlo. Va bene? Non è compito di François, è compito tuo!" "Ma io non so..." provò a giustificarsi, poi guardandolo capì due cose, che Kevin diceva il vero e che era difficile discutere con lui quando sapeva di avere ragione, perciò non poteva sottrarsi "insomma, che vuoi che faccia?" chiese alla fine, rassegnato. "Basta che tu reciti una preghiera, qualunque cosa andrà bene. Puoi anche leggerla se si è salvata una Bibbia, ma devi essere tu a farlo. E non c'è bisogno che sia una preghiera tradizionale. Pensaci tu. Loro mi hanno chiesto se l'avresti fatto. Me l'hanno chiesto un po' tutti e io gli ho detto di si. Ho fatto male? Perché loro se l'aspettano, anzi, credo che ci tengano!" Kevin l'aveva proprio messo alle strette. "Beh... me l'ha chiesto anche François mentre salivamo!" fece dopo un poco "Comunque, ci penserò, ma anche gli altri, chiunque voglia parlare, potrà farlo." "Va bene, glielo dirò!" disse Kevin, voltandosi per andarsene, prima che Richard ci ripensasse e gli chiedesse conto della libertà che s'era preso, dicendo ai ragazzi che avrebbe celebrato il funerale e anche fatto un discorso. "Tu ci credi Kevin? Credi in Dio?" "Eh... io... no, io..." tornò verso di lui "non è così importante per me! Ho sempre fatto quello che facevano gli altri. Di domenica la messa, le preghiere ogni giorno, ma senza molta convinzione e fino ad un certo punto... Vedi, Richard, nella mia, diciamo, famiglia non badavamo a queste cose! Avevamo altri pensieri!" "Io... non ci credo proprio. Prima facevo anch'io come te, poi al liceo c'erano preti dovunque e ci costringevano ogni giorno a fare le stesse cose e a ripetere le stesse parole, ed ho capito che non mi piaceva dire quello che non comprendevo e che non condividevo. Quando ho cercato di capire, ne ho parlato con qualcuno di loro e mi hanno detto che dovevo credere soltanto, che la spiegazione era nella fede. Così ho scoperto che non credevo alla religione, a dio e a qualunque storia! Io credo solo in ciò che vedo, che posso capire e te ti vedo e so che ti amo! E questo vuol dire che credo in te, amore mio!" "Allora anch'io credo in te" disse Kevin, sorridendogli, prendendo per sé quell'altra dichiarazione d'amore e chiudendola nel cuore "perché tu sei tutto quello di cui ho bisogno e che desidero e non ho bisogno di nessun altro dio!" Si abbracciarono forte, tanto da non poter quasi respirare. "Ma almeno per questa volta, amore mio, cerca di pregare anche tu" gli mormorò, mentre si lasciava stringere "non è complicato, se vuoi bene a chi ti ascolta. E i ragazzi sperano che tu lo faccia, se l'aspettano e un poco anch'io lo voglio, amore mio!" "Allora lo farò, per te e per loro!" Poi, mentre i ragazzi finivano di scavare, lui e Kevin andarono a rivestire il corpo di Chris e fu un'altra prova molto difficile. Dalla Venture avevano recuperato degli abiti da marinaio che potevano essere utilizzati, non erano i vestiti più adatti all'occasione, ma erano quanto di più decoroso poterono trovare. L'avvolsero in una vela che cucirono come fosse un sacco. Il sole aveva raggiunto la linea dell'orizzonte, quando li chiamò per trasportare la salma. Il posto si raggiungeva più facilmente attraversando il laghetto. Lo fecero con attenzione e con la solennità che sentivano di dover dare ad un momento così triste, per quella specie di funerale, seguiti da Hook che pareva aver compreso la tragicità del momento e nuotò silenzioso nell'acqua, fino a precederli sull'altra sponda. Mike non si offrì di trasportare il corpo, ma corse ad aiutare François che era rimasto a metà strada sulla collinetta ad osservare quella parte delle esequie. Preferì caricarselo sulle spalle per scendere il pendio, mentre Kevin, Richard e Terry, i tre che avevano un'altezza simile, trasportavano Chris. Con delle corde calarono lentamente il corpo nella buca. Tutti tacevano, mentre si udivano insieme, ma anche netti e distinti, lo scroscio della cascata, il fragore delle onde, le grida degli uccelli, il fruscio degli alberi mossi dalla brezza, che erano rumori continui, cui si poteva non prestare attenzione, perciò, quello che realmente udirono in quei momenti, fu solo il respiro di ciascuno e alla fine distinsero il loro stesso silenzio. Poi s'udì il pianto di Tommy, di Manuel e Angelo, di Terry e Joel e Mike che fu quieto, perché quello era il momento della malinconia, più che del dolore, dell'addio al compagno che avevano amato. E lacrime scesero anche sulle guance di François, Richard e Kevin. Stavano attorno, zitti, a braccia conserte, piegate, a mani giunte, mentre l'ultimo chiarore del cielo creava ombre sui loro volti tristi. Quella stessa luce si rifletteva nella distesa placida e infinita dell'oceano, mentre stelle brillanti come mai ne avevano viste cominciarono ad apparire nel cielo sempre più scuro. Richard non aveva avuto tempo di prepararsi. Raramente aveva fatto discorsi più lunghi di qualche minuto, a meno che non fossero lezioni o conferenze a scuola, ma parlò con il cuore. E il suo cuore era ferito. "Prima di tutto voglio dirvi che io non so molto di preghiere, né di quello che si dice in momenti come questo, perché la morte non mi aveva mai avvicinato, prima di questi giorni. Però noi adesso dobbiamo pregare per Chris e anche per tutti quelli che conoscevamo e molto probabilmente sono morti nel naufragio. Cercheremo di farlo e vorrei che voi mi aiutaste, se dimentico qualcuno o non riesco a dire bene qualcosa. "Pregheremo per il comandante Mendes..." Evidentemente Hook ascoltava, perché sentendo nominare il suo padrone drizzò le orecchie, si guardò attorno e poi tornò a leccarsi la zampa. "Pregheremo anche per..." e disse i nomi di tutti gli uomini dell'equipaggio, con il loro ruolo, nominò i due assistenti che, anche se poco amati, erano quasi certamente morti e perciò meritevoli di uguale rispetto. Lesse da un elenco che aveva trovato tra le carte del comandante. "Per la nostra religione, un giorno incontreremo un'altra volta quelli che se ne vanno, ma per il momento essi restano legati a noi, nel ricordo e soprattutto nel cuore. Perciò, se crediamo in dio, siamo certi che incontreremo ancora tutti quelli che sono morti in questo naufragio. Sentiremo la risata allegra di Chris, ascolteremo le storie incredibili che sapeva raccontare, facendo in modo che le credessimo vere, rivedremo la sua faccia buffa, le smorfie che faceva perché ridessimo. E troveremo anche gli altri, il capitano con la sua voce tonante e i marinai, che si sono sacrificati per noi. Li rivedremo, ma in realtà adesso, in questo istante, possiamo solo salutarli, Chris assieme a loro, tutti amici che abbiamo perduto e che ricorderemo, perché sono stati buoni con noi e anche se sono stati un po' cattivi. Adesso dobbiamo dirgli 'addio' e questo ci fa terribilmente male, perché ci sembra di perderli per sempre. "La vita è preziosa, ma sappiamo che possiamo perderla in qualunque momento e per un'infinità di motivi, come è accaduto a Chris, al comandante, agli uomini della Venture. E saperlo può spaventarci, ma ci può aiutare a dare il giusto valore ad ogni momento che viviamo, per godere di ogni attimo, facendo felici quelli che ci stanno accanto. "Non possiamo sapere e forse non sapremo mai in che modo sono morti gli altri, ma abbiamo visto Chris affrontare la morte con un coraggio e una forza sorprendenti. Stamattina lui sapeva che questo sarebbe stato il suo ultimo giorno, che non avrebbe più visto la notte e le stelle. Era spaventato, ma l'aveva accettato e dalla sua bocca non è sfuggito neppure un lamento. Ha rifiutato la morfina che volevo dargli, perché voleva restare sveglio tutto il tempo che gli sarebbe stato ancora concesso, restare con noi fino alla fine e l'ultima cosa che ha detto è stata che noi eravamo per lui la migliore famiglia che avesse mai avuto." Richard parlava a tutti, ma fissava un punto lontano nel cielo, all'orizzonte. La sera prima non avevano avuto modo di guardare in alto, non ce n'era stato il tempo, la voglia, lo stato d'animo, ma in quel momento potevano farlo. Fu naturale alzare gli occhi e perdersi nella magnificenza della notte equatoriale. Il cielo era meraviglioso. Ora, mentre parlava, tutti i ragazzi e lui stesso, si erano persi nella contemplazione di quello spettacolo straordinario. L'aria era limpida e le stelle brillavano di una luce così intensa, da sembrare più vicine, incastonate nel cielo che variava in una infinità di colori dall'arancione cupo dell'occidente al nero più fitto dell'oriente. Poteva quella grandiosa bellezza consolare quei giovani cuori angosciati? Richard sperò di si, che fosse possibile. "Chris era nato in Vietnam" disse dopo un poco "e quando era molto piccolo, i suoi genitori decisero di rischiare il poco che avevano e di scappare con una barca verso Hong Kong per poi raggiungere gli Stati Uniti, dove pensavano che lui sarebbe potuto crescere e vivere meglio. Erano anni difficili per tutti, stava per scoppiare la guerra nel Pacifico e decisero di fuggire. Come accadeva a quasi tutte le barche che partivano da quelle coste, ma questo non potevano saperlo, furono attaccati dai pirati che volevano depredarli del poco che possedevano. Morirono nell'attacco, forse nel tentativo di difendere il loro unico figlio. Chris si salvò e raggiunse l'America assieme ad altri immigrati, forse degli zii che se ne liberarono subito, perché non potevano accudirlo. "Era un orfano e neppure cittadino americano, poi ci fu la guerra e Chris finì in adozione ad una famiglia di Boston che però se ne liberò in fretta. Tornò in orfanotrofio, poi fu affidato ad altre famiglie, ma non ha mai avuto fortuna, perché era un ragazzo vivace, allegro e forse non era facile averlo come figlio e stargli vicino, se non lo si amava veramente. Fu sfortunato e non trovò mai i genitori giusti, ma per come l'ho conosciuto io, lui era davvero un bravo ragazzo. Un giorno, raccontandomi la sua storia, mi disse che si era sempre sentito come preso e gettato. Con l'ultima famiglia è riuscito a restare un paio d'anni e anche a frequentare regolarmente la scuola. Ma per lui non c'era pace. I suoi nuovi genitori divorziarono e si ritrovò a vivere solo con la madre adottiva. "È finito sulla Venture perché un sacerdote, un amico dei suoi ultimi genitori, ha voluto aiutarlo. Chris aveva cominciato a frequentare una gang di ragazzi con la fama di essere particolarmente violenti, ma io so che lui odiava la violenza, non avrebbe mai voluto far del male o spaventare la gente. Non mi ha mai spiegato perché si fosse messo con quelli, ma forse erano soltanto persone con le quali riuscisse a parlare, a sentirsi meno solo. "C'è un'altra cosa che dovete sapere su Chris. Il capitano cercò di salvarlo, fu l'ultima cosa che fece prima di sparire, travolto dalle onde. Tentò di sollevare l'albero maestro, sotto cui era rimasto imprigionato Chris, dandogli una possibilità di sopravvivere, poi il capitano fu spazzato da un'onda che si abbatté sulla Venture e nessuno l'ha più visto. Questa è stata la sua ultima azione e il suo sacrificio e non credo che sia stato meno importante, anche se Chris è morto lo stesso. "In questi giorni sto dando tante risposte a me stesso e a voi e so che non sempre ci riesco, ma questa volta sono sicuro di ciò che dico. Ho capito che quello che rende una vita degna non è quanto essa duri, ma come la si vive. Il capitano voleva bene a tutti noi e ha perduto la vita per un ragazzo che gli era stato affidato. Lui era il tipo di uomo che ammiravamo, forte e giusto, era un vero comandante ed ha agito come se Chris fosse stato suo figlio. "Anche noi abbiamo provato a salvarlo, abbiamo fatto quello che potevamo, spero proprio tutto quello che potevamo, e non ci siamo riusciti, ma non dobbiamo disperarci per questo, perché siamo sicuri di aver fatto ogni sforzo, cercando di non farlo soffrire, di stargli vicino e di non farlo morire da solo. Qualche volta non è il risultato che conta, ma fare ciò che crediamo giusto senza curarci di come andrà a finire. "Vi sto dicendo tutte queste cose e, se le dico, dovrei crederci. Un po' è così, ma sto anche tentando di convincere me stesso, perché so che devo combattere la mia disperazione e che non devo tormentarmi per la morte di Chris. Devo accettare di non poter controllare ogni cosa. Vorrei che ciascuno di voi si sentisse sicuro e anche amato, ma non posso proteggervi da tutti i pericoli. Non sono abbastanza forte e saggio per darvi tutto quello di cui avrete bisogno, ma so che voi mi aiuterete e non dovrò fare tutto da solo. Forse ce la faremo a salvarci e, se ci riusciremo, sarà anche perché fra noi c'è tanto amore ed anche tanto cervello, perché ciascuno avrà cura di sé e soprattutto degli altri. "Qualunque cosa il destino, che ci ha gettato su quest'isola, abbia deciso per noi, adesso sappiamo che ci ha dato una possibilità di continuare a vivere e crescere per diventare uomini, amare, essere onesti e coraggiosi. Dobbiamo solo sperare che quel destino, dio o qualunque cosa sia, non cambi idea e si riprenda questa possibilità. Noi però non dovremmo dargliene motivo con qualche nostra leggerezza. "Ed ora, finalmente, dopo tante parole, preghiamo per Chris, per il capitano Mendes, per gli uomini dell'equipaggio. Non credo che ci siano più speranze di trovarli vivi, a meno che non siano sbarcati in qualche altra parte dell'isola, ma se sono approdati, andremo a cercarli, li troveremo, ci uniremo a loro. "E... un'ultima cosa... penso che dovremmo pregare un poco anche per noi stessi. "Io non so come si fa, perché non l'ho mai fatto, perciò se qualcuno di voi ne sa più di me sull'argomento, lo faccia pure. Penso che sia importante però che qualunque cosa diciamo, venga dai nostri cuori. Se qualcuno vuole, mi aiuti... io... forse ho parlato troppo..." disse infine e poi tacque, cercando di riprendere fiato dopo quel lungo discorso. I ragazzi erano silenziosi, rapiti dallo spettacolo del cielo stellato che ormai si stendeva uniforme sopra di loro. Quella notte non c'era luna, ma il tenue chiarore delle stelle infondeva un alone magico a tutte le cose. Erano attoniti e spaventati dalla vicinanza della morte, ma anche dall'infinita grandezza del mare e del cielo, dalla propria debolezza e vulnerabilità. Abbandonati in un universo sconosciuto, soli su quel pezzo di terra che li difendeva da acque infide e da tempeste violente, da animali che ancora non conoscevano, da pericoli che non vedevano. Istintivamente si avvicinarono uno all'altro, stringendosi, cercando il calore del compagno. Richard mise il braccio sulle spalle di Tommy che gli posò il capo sul petto. Il piccolo tremava, ma riuscì a trattenere il pianto. Kevin e Manuel, ai lati di Richard, lo cinsero con le braccia, avvicinandosi a lui. François era seduto per terra e fu sorpreso quando Mike gli si inginocchiò accanto e l'abbracciò stretto, anche lui posandogli il capo sulla spalla. Terry stava tra Angelo e Joel, anche loro si tenevano insieme in un unico abbraccio fin da quando Richard aveva cominciato il suo discorso. Hook, accovacciato, li guardava e forse pregava anche lui per il suo capitano, poi posò il muso sulle zampe e chiuse gli occhi. Nessuno parlò e Richard, dicendo quello che pensava andasse detto, perché fosse di consolazione alle anime che l'ascoltavano, pregò. Non per propria fede, ma per amore dei suoi ragazzi che si aspettavano quelle parole. "Dio, chiunque tu sia, ovunque tu sia, spero che ci ascolti. Noi non comprendiamo perché ci hai portato via nostro fratello Chris, il capitano e gli altri, ma speriamo che tu sappia cosa sia il meglio. Speriamo che tu li porti con te in un posto dove non ci siano dolore, paura e solitudine. "Ieri notte Chris mi ha chiesto se morendo avrebbe rivisto i suoi genitori. Gli ho detto di si e spero che sia vero. Se puoi, esaudisci questo suo desiderio. Ti preghiamo anche per questo e vorremmo che Chris restasse per sempre accanto a loro, per provare finalmente a vivere nella felicità e nell'amore che ha tanto desiderato. "Noi lo amavamo, eravamo i suoi amici e siamo stati la sua famiglia in questi mesi. E abbiamo cercato di aiutarlo. Adesso speriamo che accanto a te continui a sentirsi amato e che si senta al sicuro. Lui non ha avuto modo di vivere molto, né è stato mai particolarmente felice o sereno, come dovrebbero essere tutti i bambini quando sono bambini, nonostante questo era comunque un bravo ragazzo e non desiderava altro che di crescere e vivere la vita che si sarebbe meritato con le sue azioni. Aveva un gran cuore ed era onesto, coraggioso e leale. Noi crediamo che queste siano le cose che contano per te, Dio, e vorremmo che con te riuscisse a trovare la felicità che la sua vita su questa terra non gli ha mai voluto dare. "Ed ora vorrei pregarti per noi. Siamo soltanto ragazzi, buttati su questa isola. Per favore, veglia su di noi. Aiutaci a volerci bene, ad essere sempre migliori e a preoccuparci dei nostri fratelli. Io sono il più vecchio, aiutami ad essere forte e a saper fare sempre la cosa giusta. Non sappiamo perché ci hai fatti arrivare qua, ma confidiamo di capirlo un giorno. Aiutaci ad essere felici e buoni! Metto le nostre vite nelle tue mani, signore! Amen." Dopo qualche momento di silenzio, Tommy parlò con la sua voce squillante: "Dio, ricordati che Chris è ancora un ragazzo. Forse qualche volta è stato disubbidiente, indisciplinato, oppure rumoroso, oppure si è messo a ridere quando non era il momento giusto e non ha fatto quasi mai le cose come doveva. Per favore non essere arrabbiato con lui, perdonalo. E se da te combina qualche guaio e devi proprio punirlo, dopo non dimenticarti di abbracciarlo e di dirgli che gli vuoi ancora bene. Tu ne sai qualcosa di noi ragazzini, non è vero, Dio? Spero di si, perché noi siamo ancora piccoli, non siamo degli angeli e abbiamo bisogno del tuo aiuto! "E abbi cura di Richard, perché lui ha promesso di aver cura di noi e questo non sarà facile! Lui ha soltanto diciotto anni, ma è bravo ed è anche buono. È il nostro fratello maggiore e non so come avremmo fatto senza di lui!" Terminò con le guance bagnate, anche se era convinto di non aver pianto. Richard l'abbracciò, gli asciugò le lacrime e lo baciò. Poi, senza che nessuno se l'aspettasse, s'udì la voce da tenore di Mike, perfettamente intonata, cantare: "Gloria al padre, al figlio ed allo spirito santo..." François lo seguì in chiave di basso, un'ottava più sotto "com'era in principio, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen." Dopo un momento di pausa, Mike riprese a pregare, seguito da quelli che conoscevano le stesse preghiere per averle ripetute tante volte: "Padre nostro, che sei nei cieli..." Quando gli parve che avessero finito, Richard si fece forza e parlò ancora. "Adesso dobbiamo dire addio a Chris... e con lui anche a tutti gli altri che sono morti nel naufragio." Si chinò a raccogliere un pugno di terra e lo gettò nella fossa aperta. Gli altri lo imitarono. Nonostante fosse buio e sfruttando il tenue bagliore delle stelle, Richard e Mike riempirono la buca e la tomba fu presto chiusa, con un tumulo a segnare il luogo della sepoltura. "Domani aggiusterò la terra e costruirò qualcosa per questa tomba..." disse Mike "ci vorrà un segno... e non può essere solo una croce, vero, Richard?" "Non lo so, Mike, ma pensaci tu, se vuoi. Pensa tu a qualcosa... che ricordi Chris per com'era" gli mise il braccio sulle spalle "e sono certo che andrà bene." "Grazie, Richard... grazie di tutto!" gli disse Mike e senza attendere risposta tornò da François, lo prese in braccio come fosse un bambino e si avviò sul pendio verso il campo. I ragazzi si mossero lentamente, incerti sui passi da muovere, nel buio della notte. "Cerchiamo di lavarci e prepariamoci a dormire, ragazzi!" ordinò Richard quando furono al laghetto. Il bagno al buio, indovinando, più che vedendo se stessi e gli altri, cercando a tentoni la riva o spingendosi verso il centro del laghetto, fu un bel divertimento e presto la malinconia e la tensione di quella giornata lunga e terribile cominciarono ad allentarsi, almeno in parte. Si sorrisero e qualcuno provò a ridere, a schizzarsi un poco d'acqua. Hook contribuì parecchio ad aumentare il movimento, poi una scivolata di Joel che si tirò dietro Terry e Angelo attirò l'attenzione di tutti e per qualche momento tornarono ad essere soltanto dei ragazzi allegri e, se possibile, spensierati. Finalmente si stesero sull'erba per asciugarsi all'aria tiepida della notte e fu allora che la stanchezza li aggredì un po' tutti. Mike che era diventato la 'stampella' di François, l'aveva aiutato a lavarsi e poi aveva chiesto a Richard il permesso di medicargli lui stesso le ferite. "Ti andrebbe di dormire con me sull'amaca stanotte?" gli chiese "Potrei aiutarti a salire e se non ti piace ti riporto sui materassi." "OK... ma... non ci vengo se continui a tenerti addosso quegli orribili pantaloncini" buttò là François ridendo malizioso "sai... cominciano a puzzare un po'!" "Va bene, va bene, hai ragione. Me li tolgo" concesse Mike, la cui ingenuità lo poneva al sicuro da conclusioni affrettate. "Aiutami a togliere i miei prima." E Mike ebbe un tuffo al cuore. Arrossì violentemente. Nessuno poteva vederli, perché era buio e lui non disse nulla, ma l'aiutò lo stesso socchiudendo gli occhi. Fu soccorso dall'oscurità e non vide proprio nulla, non guardò e, a suo modo di pensare, non commise nessun peccato. "Forza, salta su. Andiamo!" disse, cercando di distrarsi, lo prese per i fianchi e senza sforzo l'adagiò nell'amaca. "Ehi!" esclamò François fra il sorpreso e il compiaciuto "Sei forte!" "Domani cercherò di costruirti un paio di stampelle" borbottò Mike, sempre più confuso, voltandosi per sfilarsi i pantaloncini, poi saltò dentro anche lui. Non era sicuro dei motivi per cui François gli aveva chiesto di dormire nella stessa amaca, né perché lui avesse accettato. E soprattutto non gli era chiaro perché adesso fossero nudi. Forse era stato perché provava simpatia per François e fra loro c'era anche qualche affinità. Mentre erano in mare, sulla Venture, avevano parlato spesso, scoprendo di avere molte esperienze in comune ed erano stati entrambi chierichetti. Adesso però c'era qualcos'altro e questo non l'avrebbe mai confessato, nemmeno a se stesso. Quel giorno, nel toccare e maneggiare il corpo di François, aiutandolo nelle azioni più elementari, aveva provato uno strano languore, un turbamento che era ancora indecifrabile, ma tanto seducente. L'aveva trasportato avanti e indietro e questo gli aveva dato molte occasioni di toccarlo, di passargli le mani tra i capelli, accarezzare la pelle liscia, stringergli il torace sottile e infine la sensazione impagabile di sollevarlo, di sentire su di sé il suo peso. Quella era già una metafora del possederlo, ma lui non lo sapeva. Quando François si era dovuto svestire, come quando l'aveva accompagnato alla latrina, lui aveva chiuso gli occhi e se aveva dovuto aprirli per non inciampare, aveva distolto lo sguardo, arrossendo. Adesso per fortuna era buio, ma lui teneva gli occhi chiusi lo stesso. Però sull'amaca non c'era molto spazio e, per quanto si spostasse e si muovesse, François gli finiva sempre addosso. Già nei primi giorni di crociera, poco dopo averlo conosciuto, il volto di François, i suoi tratti delicati, la pelle nera e lucida, avevano cominciato a popolare i sogni di Mike, anche quelli ad occhi aperti. Il suo sonno era turbato da sogni in cui si ritrovava vicinissimo a François, sogni che finivano immediatamente prima che una qualche intimità si stabilisse fra loro. Quelli erano sogni di desideri segreti, talvolta veri e propri incubi, da cui si svegliava eccitato o addirittura bagnato. E allora si sentiva ancora più triste e questo lo faceva arrabbiare con se stesso e con François, quasi che fosse lui a decidere di visitare la sua mente, mentre lui dormiva. Una volta erano quasi venuti alle mani e Richard era intervenuto a ricomporre l'inspiegabile contrasto, il cui motivo era rimasto misterioso per tutti, tranne che per chi aveva fatto il sogno tentatore. Da quel giorno Mike si era ancora più isolato, allontanandosi dagli altri, per non stare troppo vicino al suo ignaro tentatore. Gettato fuori bordo al momento della collisione con la scogliera, Mike aveva nuotato disperatamente per non annegare ed era finito sulla spiaggia, proprio al limite esterno della laguna. Si era aggirato nella tempesta che ancora batteva l'isola, finché non l'aveva visto, svenuto, sulla sabbia bianca. Aveva distinto il suo corpo scuro, là dove l'avevano trasportato Terry e Joel e aveva dovuto trattenersi dal correre ad abbracciarlo, ma gli si era inginocchiato accanto e con gli altri aveva cercato di farlo rinvenire. Solo dopo aveva notato la ferita e la gamba rotta. François perdeva ancora sangue e lui si era sentito morire un'altra volta. Piangendo era riuscito a contenere l'emorragia, poi tutti e quattro avevano atteso che facesse giorno e ci fosse più luce per cercare aiuto. Quelle ore le aveva trascorse tenendo la mano a François, guardandolo continuamente e se i suoi occhi avessero potuto guarirlo l'avrebbero certamente fatto. Solo quando Richard era riuscito a curare le ferite e a immobilizzare la gamba, vedendo il sollievo sul volto di François si era sentito molto meglio anche lui. Aveva capito che il dolore che sentiva nel cuore era lo stesso sofferto da François e questo l'aveva disorientato, tanto che aveva risposto male a Richard, aveva continuato a provocarlo, solo perché non capiva più nulla, di sé e di ciò che gli accadeva attorno. La vergogna che già provava per se stesso e per motivi completamente diversi, era diventata ancora più insopportabile. Nelle ore successive, terribili e concitate, nella folle corsa che avevano fatto per recuperare tutto il possibile dalla Venture, non aveva avuto il tempo di stare accanto a François, anche se pensava continuamente a lui, lo cercava con lo sguardo tutte le volte che poteva. Era tormentato da tutto, da se stesso, dal suo corpo che gli inviava segnali che non poteva ignorare, segnali che contrastavano completamente con le sue convinzioni e con la sua educazione e si vergognava per come si era comportato con Richard, temeva di averlo offeso irreparabilmente. E questo non se lo sarebbe mai perdonato. L'aveva provocato un'altra volta, ma Richard l'aveva perdonato e da quel momento lui non aveva più il coraggio di guardarlo negli occhi e si vergognava tanto per le cose che aveva detto e pensato anche di Kevin. Poi era stata la morte, il dolore, le lacrime e un'altra giornata trascorsa a piangere e a cercare di non pensare. Era stato allora che aveva deciso, mentre gli altri trasportavano il corpo di Chris. Era andato dritto verso François e senza una parola l'aveva preso in braccio. E François non aveva protestato, forse perché se l'aspettava. Quel diavolo se l'aspettava. E se sapeva che lui l'avrebbe fatto, forse aveva capito anche tutto il resto. Lui aveva pensato solo che finalmente aveva una buona scusa per stargli vicino e accudirlo. Aveva tante idee su come assisterlo e aiutarlo a guarire, a fare tutte le cose, a confortarlo in ogni modo. E tutto questo forse avrebbe creato un legame più forte fra loro. Tanto fantasticare gli aveva però provocato un terribile senso di colpa, perché sapeva che la ragione ultima di tutti quei sogni stava anche un poco più in basso, nell'eccitazione che provava a toccarlo. E perciò era ormai certo di essere diventato un finocchio, stava accadendo quello che suo padre aveva previsto e con un ragazzo di colore, per giunta. Un negro! Se l'avesse visto suo padre, l'avrebbe ammazzato di botte. Suo padre di queste cose se ne intendeva e anche molto. E le botte le sapeva dare. Quando aveva sentito Richard, Kevin e Manuel fare l'amore la notte scorsa, aveva provato non la collera che poi aveva manifestato, ma solitudine, tristezza e soprattutto invidia. Perché non poteva essere come Tommy e gettarsi fra le braccia di Richard per farsi consolare? E si era tenuto addosso i pantaloncini anche mentre si lavavano, non perché non volesse essere nudo e libero come gli altri, ma per nascondere un brutto segreto. Che non voleva, non poteva spiegare a nessuno. Anche per questo sulla Venture era vissuto nascosto, chiuso in sé, in mezzo a quei ragazzi che volevano essere suoi amici. Anche là era Mike il solitario, come negli altri posti prima d'allora. Non era stato difficile, perché lui ci era abituato, era sempre stato solo. Poi aveva cominciato a guardare François e la solitudine era diventata intollerabile. Almeno fino al momento in cui era saltato nudo con lui nell'amaca, tuffandosi tremante fra le braccia lunghe di quel ragazzo coraggioso. Tremava perché aveva capito che la maledizione di suo padre stava avverandosi, quello era il suo incubo peggiore, ma anche la fantasia più segreta. Davvero sarebbe piaciuto a François? E sarebbe continuato così anche dopo che, con la gamba guarita, non avrebbe avuto più bisogno di lui? François aveva subito mostrato un interesse che l'aveva sconcertato, ma l'avrebbe trovato attraente e desiderabile anche dopo aver visto la cicatrice? Le furie dell'inferno, e suo padre che l'aveva già segnato, l'avrebbero tormentato in eterno per il suo amore proibito, perché lui doveva essere un uomo 'vero', come suo padre gli aveva imposto e non doveva mai mostrarsi debole, paura o dolore erano per i finocchi. Il vero uomo è indifferente, insensibile e non piange, ma lui non era così. Aveva pianto per Chris e s'era fatto consolare da Richard che era un finocchio. Ed ora si trovava nudo in un'amaca con un altro ragazzo, nero, che forse era finocchio pure lui. Nonostante questi pensieri, rispose al sorriso di François, si gettò fra le sue braccia aperte e allora accadde il miracolo. Dimenticò tutte le pene e i dubbi, perché l'eccitazione lo travolse e lui se ne lasciò sommergere. Toccò la pelle liscia, il corpo teso di François, trasse un piacere inaspettato dalle carezze che ricevette e dalle braccia che l'attirarono e lo strinsero. Vissero insieme un tempo breve ed esaltante, l'eccitazione dei loro corpi travolse ogni pensiero. "È così bello essere qua con te, averti vicino!" gli sussurrò François quando si furono calmati "e grazie per come ti prendi cura di me. Con te non mi sento un peso per tutti gli altri." Mike sentì un nodo alla gola, così grande che quasi non riusciva a parlare. Stava accadendo tutto così in fretta. Ecco, adesso stava per piangere. Quante volte l'aveva fatto quel giorno, forse più che durante tutta la sua vita. "Tu non sei un peso" sussurrò, mentre già le lacrime gli scendevano sulle guance e cominciava singhiozzare "io ci tengo a te, davvero. Non mi sono mai sentito così vicino a qualcuno. Io, io ti amo!" mormorò. Adesso l'aveva detto. Cercò di fermarsi, ma non poteva. Gli pareva che qualcuno gli avesse aperto il petto, squarciato il cuore ed esposto l'anima. Pianse e pianse, poi in qualche modo si calmò, perché fra quelle braccia si sentì protetto, in salvo. Aveva pianto un'altra volta, di tante in poche ore. Non accadeva fin da quando aveva pochi anni. Le sue emozioni doveva tenerle dentro di sé, nasconderle dietro una maschera di aggressività e di rabbia. Poteva ancora sentire nella testa la voce rauca di suo padre, alterata, puzzolente di whisky, gridargli dietro. "I ragazzi grandi non piangono! Non essere una signorina! Non essere un finocchio! Devi essere un uomo!" La paura più grossa era che se avesse pianto, suo padre non si sarebbe fermato dopo i primi schiaffi e l'avrebbe colpito sempre più forte a calci e pugni che alla fine l'avrebbero ucciso. Ora invece si sentiva al sicuro. Per uno scherzo del destino, stava molto meglio su quell'isola sperduta in mezzo al Pacifico, che non a casa sua, a Boston. E sperava che François non avrebbe mai consentito ai demoni di aggredirlo ancora, sperò che Richard e gli altri fratelli, con la loro amicizia, l'avrebbero allontanato dalla sua intima, personale disperazione. François lo teneva dolcemente fra le braccia. "Sei con me, Mike" gli stava dicendo "sei qua, con me. Anch'io ti amo, ma piangi, se vuoi!" Si calmò a poco a poco e François, che non aveva smesso di consolarlo, lo baciò e gli sussurrò: "Vuoi dirmi qualcosa?" "Solo che sono felice! Non sono mai stato così felice, te lo giuro! Per la prima volta nella mia fottuta vita, mi sento una persona vera. E mi sento libero! Sai da quanto tempo sognavo di abbracciarti? Quasi dal nostro primo giorno sulla Venture." "Ehi, se me l'avessi detto allora, beh... mi sarei spaventato un po', ma adesso sono contento che tu lo dica." "Prima ero proprio uno stronzo, perché non riuscivo ad ammetterlo, neanche con me stesso, che volevo abbracciarti! Figurati se potevo parlarne. Ehi, François, voglio chiederti scusa per quel giorno, ma avevo paura di te!" "Quale giorno? Oh, capisco. È stato quando volevi prendermi a botte?" sorrise e lo baciò sulla punta del naso "L'avevo capito, sai? Certe cose si capiscono. L'importante è che tu me l'abbia detto adesso, no? E poi anch'io ti amo." "Davvero?" "Si!" "Ti amo, Fran!" "Ehi... nessuno mi chiama Fran, non mi piace, ma per te farò un'eccezione. Anzi, vorrei che tu mi chiamassi Fran per sempre! Sarai soltanto tu a farlo, solo quando siamo soli, però! Va bene? E nessuno dovrà mai sentirti quando mi chiami così!" Risero e si abbracciarono ancora, si fecero più vicini e per la prima volta si baciarono davvero, con la lingua e tutto il resto, come avevano visto fare al cinema, anche se Mike non l'aveva mai fatto. Un grande senso di pace li avvolse e si addormentarono insieme. Quando appena albeggiava, un movimento di Mike svegliò François che non poté trattenersi dall'accarezzarlo. Come scoprì subito erano entrambi eccitati e le carezze si fecero più insistenti, finché Mike aprì gli occhi. "Che sognavi, maschione?" gli chiese ridendo. "Cosa pensi che abbia sognato?" fece Mike, ridendo pure lui "Te, diavolo nero, Fran, solo te!" poi scoprendosi audace lo toccò anche lui "E tu chi hai sognato?" Ridacchiando, François boccheggiò: "Ho sognato te, piccolino! E chi altri?" Non riuscivano a smettere di ridere, per quanto cercassero di fare piano e non svegliare tutti gli altri con i loro rumori. Mike poté sentire il corpo di François scosso da quella incontenibile ilarità e quella fu la più incantevole sensazione che avesse mai provato. Finalmente François riuscì a controllarsi. "E che pensavi di me?" sussurrò esilarato. "Beh... forse sognavo di toccarti... e poi..." Mike divenne tanto rosso che François temette sarebbe esploso. E questo lo fece quasi ridere un'altra volta. "E poi?" l'incoraggiò, mentre lo accarezzava. "Non lo so, forse sognavo che noi due... insomma... facevamo come ieri sera..." disse finalmente "sai, le stesse cose..." "Anch'io sognavo quello" tagliò corto François "Ma facciamolo adesso, tu ti sei svegliato, no? Non vorrai mica tornare a dormire..." Mike fece di no con la testa, ancora un po' frastornato, ma poi rispose alle carezze di François. Lentamente e con tutta la passione, toccandosi, sfiorandosi, nei posti più segreti e proibiti lo fecero ancora. E furono ben desti per godersi il piacere che provarono. La notte di Kevin, Richard, Manuel e Tommy era cominciata con la sistemazione del posto dove dormire. Appena tornato dalla tomba di Chris, Kevin spostò la barella di Chris, mettendola da un'altra parte. Tommy si stiracchiò e sbadigliò sonoramente, Manuel gli mise il braccio sulla spalla: "Vieni, fratellino, è ora di dormire!" "Richard, tu e Kevin starete vicini a noi?" chiese Tommy. "Proprio qua, accanto a te!" lo rassicurò Richard, sistemando i materassi, poi lo prese fra le braccia, lo sollevò alla sua altezza e lo baciò sulle guance. Baciò anche Manuel. L'abbracciò stretto. Tommy gli tese le braccia un'altra volta e il piccolo lo strinse anche con le gambe attorno ai fianchi. "Tu sei così carino con me" disse felice, sussurrandogli in un orecchio "e io ti voglio tanto bene! Ma tanto, tanto!" "E tu sei il miglior fratello minore che si possa desiderare di avere, eccetto forse Manuel!" "Ehi, ma io non sarò piccolo per sempre!" disse Tommy ridendo e scalciando. "Lo so, fratellino, però adesso è proprio ora di dormire. Kevin ed io dobbiamo parlare, ma torniamo subito a stare con voi. Va bene?" Lo baciò un'altra volta e lo posò sul materasso. Se avessero avuto bisogno di coperte gliel'avrebbe anche rimboccata, ma Tommy si rannicchiò e chiusi gli occhi scivolò in un sonno sereno. Poi Richard si voltò a guardare Manuel che aveva una faccia proprio triste. "E tu come stai?" "Sono triste per Chris, lui mi manca tanto. Noi eravamo molto amici, te lo ricordi? Sono riuscito a non pensarci per un poco, poi ho visto la barella, Kevin che la spostava e mi è tornata la malinconia, perché ho pensato che non lo rivedrò mai più e mi è venuta tanta voglia di piangere, Richard, ma so che, se piangessi, lo farebbe anche Tommy e non voglio che anche lui torni triste!" "Cerca di essere forte" l'accarezzò "e piangi se vuoi." "No, abbiamo pianto tanto oggi e adesso lui è tornato sereno." "Ti voglio bene, Manuel" gli mise un braccio sulle spalle e l'attirò a sé. "Senti, Richard, io sono tanto preoccupato per noi. Che faremo? Che ci accadrà? Se qualcuno si ammalasse o si facesse male e tu non riuscissi a curarlo? Non voglio che qualcun altro muoia, io... io voglio troppo bene a tutti. So che non ce la farei, se ci accadesse qualcosa, sarebbe terribile. E se accadesse qualcosa a te?" "Manuel, noi non possiamo conoscere il futuro. Quello che importa è che ora siamo in salvo su questa isola e il nostro futuro è domani, quando ci alzeremo e cominceremo la nostra vita qua. Ma non temere, se staremo attenti, vedrai che non ci succederà niente di male. Adesso cerca di dormire" gli arruffò i capelli indomabili e lo baciò sulla fronte "e stai con Tommy, non lasciarlo da solo. Lo sto affidando a te, capisci?" L'abbracciò stretto e lo baciò anche sulla guancia. "Ti voglio tanto bene, Richard" disse Manuel, un po' più tranquillo "promettimi che anche tu me ne vorrai sempre. Ti prego." "Certo, piccolo. Te lo giuro!" "E prometti che ci terrai con te, anche se verremo salvati? Vedi, noi siamo proprio soli" disse sconsolato, indicando se stesso e Tommy. "Si, Manuel, ti do la mia parola!" disse Richard e gli strinse la mano con tutta la serietà che riuscì a mettere in quel gesto, poi l'abbracciò, perché le parole del ragazzo raccontavano tutta la sua storia triste ed anche il suo buon cuore e provò una pena così forte che volle stringerlo a sé, perché non soffrisse più. "Grazie, Richard!" gli bisbigliò in un orecchio "Ti amo!" "Vieni, Manuel! Ho sonno, ho sonno... ho sonno!" bisbigliò Tommy, tirandolo per una mano. S'era quasi svegliato, sentendoli parlare, ma era troppo stanco per incuriosirsi di quel dialogo che pure lo coinvolgeva tanto. Finalmente anche Manuel si stese sul materasso, abbracciandolo. Richard stette a guardarli e non poté fare a meno di chiedersi quanto fosse adatto lui, solo diciottenne, al ruolo di padre. Perché era proprio quello che Manuel gli aveva appena chiesto di essere, per sé e per Tommy e ovviamente per tutti gli altri. Manuel non riuscì ad addormentarsi subito, restò sveglio a guardare il cielo e finalmente a piangere, cercando di non fare rumore, per non svegliare Tommy e perché neanche Richard lo sentisse. Era triste per Chris, per sé, per Tommy, per gli altri, così triste che temeva di non potersi addormentare, poi si ricordò della promessa di Richard e pensò che poteva contarci e questo lo rasserenò un poco, abbastanza per farlo addormentare. Anche Richard era pensieroso, oltre che per tutto ciò che lo circondava, che era il suo nuovo mondo, anche per quello che aveva appena promesso a Manuel. Essere padre era un'idea che non l'aveva mai sfiorato e di otto ragazzi, poi. Era così concentrato nei suoi pensieri che Kevin dovette tirarselo dietro. Passarono davanti ai materassi su cui già dormivano Terry, Joel e Angelo, in un intreccio di braccia e gambe che li faceva sembrare un mucchio di bambolotti, per quanto piuttosto cresciuti. Prima avevano dato la buonanotte a Richard, baciandolo a turno, facendo la fila e ridacchiando. Poi avevano scherzato, con un poco di rumore, si erano sistemati su due materassi dato che non potevano stare in tre sull'amaca. Non che non ci avessero provato, ma erano finiti per terra. Infine si erano addormentati su quel giaciglio, ma prima si erano abbracciati e avevano fatto delle cose che potevano essere di sesso o d'amore, ma che loro non sapevano come chiamare. Non amore, non era quello, o quasi, forse era solo sesso, che però non sapevano bene cosa fosse. Pur se stanchi, anzi distrutti, sfiniti dalle avventure degli ultimi giorni, si erano dati da fare nel nuovo gioco che avevano scoperto di poter fare così apertamente e senza nascondersi. Poi avevano ripetuto nell'incoscienza del sonno, quello che già facevano da svegli e cioè di vivere letteralmente attaccati uno all'altro, in una specie di fusione fisica dei loro corpi. Si erano trovati insieme, quasi senza accorgersene. Avendo più o meno gli stessi anni, già sulla Venture erano molto in confidenza. Al contatto fisico, a toccarsi, erano giunti solo dopo il naufragio, dopo che Terry aveva salvato Joel dalla tempesta, dopo aver conosciuto la paura, lo sconforto e infine il sollievo per il pericolo scampato. La prima sera sull'isola si erano tuffati nel laghetto nudi e sempre vicini, complice il buio, avevano istintivamente cominciato a toccarsi, sfiorarsi, scoprendosi eccitati e soprattutto senza provare alcun imbarazzo nel farlo. Si erano esplorati raggiungendo velocemente il piacere. Da quel momento, per quella speciale, particolare libertà di cui godevano tutti sull'isola, avevano scoperto di desiderarsi e che tutto questo non era qualcosa di cui vergognarsi, né un peccato da confessare. Quel giorno, dopo la morte di Chris e la sepoltura, fra loro erano corse tante carezze, fatte per confortare gli occhi tristi e le lacrime che tutti e tre avevano versato. Fino a quando si erano ritrovati un'altra volta nudi nel laghetto. "Ehi... perché non facciamo l'amore anche noi?" aveva bisbigliato Terry abbracciandoli insieme. "Vuoi dire quelle cose di cui ha parlato Richard?" aveva indagato Joel che era un poco diffidente. "Cioè quello che fanno lui e Kevin?" aveva chiesto Angelo. "Si, si" annuiva Terry senza smettere di accarezzarli. "Si, si, facciamolo anche noi" Angelo aveva condiviso l'idea "come Richard e Kevin. Si, si anche noi come loro!" Aveva pensato che fare l'amore sarebbe stata una cosa bellissima con quei due fratelli, qualunque cosa fosse. "Noi però siamo tre" Joel era ancora incerto, ma aveva lasciato perdere le sue esitazioni, perché Angelo aveva cominciato ad accarezzarlo, proprio lì, dov'era spuntato o stava spuntando, a seconda delle interpretazioni, il più importante ciuffo di peli che un maschietto possa mai attendere di avere. Anche Terry si era dato da fare accarezzando Angelo. Le grida degli altri, Richard che chiedeva se non avessero un poco di fame anche loro, li avevano distolti ed erano usciti dall'acqua, molto eccitati e con la muta promessa di riparlarne appena possibile e con molta più calma. Poi, quando erano andati a dormire, dopo essere caduti dall'amaca, si erano gettati sui materassi, nudi ed eccitati, e ci avevano riprovato. Era stato facile ricominciare a farsi carezze, quelle speciali carezze e poi cercarsi con i baci e con le mani, toccarsi, senza inspiegabilmente farsi il solletico. Quello era un mistero che non avevano ancora ben compreso: perché quando facevano quelle cose nessuno dei tre soffriva il solletico, mentre in qualunque altro momento anche solo a sfiorarsi, specialmente per Joel, voleva dire fare un salto d'un metro? Doveva chiederlo a Richard, pensò Terry, prima di concentrarsi ad accarezzare il grembo di Angelo. "Ma... anche con i baci?" aveva chiesto Joel, un attimo prima che Angelo lo baciasse, infilandogli la lingua in bocca. Avrebbe voluto ridere oppure fare finta di essere disgustato, ma gli piacque tanto che non voleva più lasciarlo andare. "È così che fanno i grandi. L'ho visto fare una volta al cinema" spiegò Angelo, ancora affannato, quando riuscì a staccarsi. Scherzarono sempre più aggrovigliandosi, finché, e anche troppo presto, non giunsero insieme a godere. Lo facevano da troppo poco tempo per non restarne sorpresi ogni volta, almeno Joel che aveva cominciato pochi giorni prima, poi si addormentarono insieme, tutti e tre, un momento dopo aver goduto. Era stata una giornata dura. Richard e Kevin li udirono ronfare sereni, poi passarono davanti all'amaca su cui erano Mike e François e udirono dei rumori, un mormorio e dei sospiri. Si erano già abbastanza sorpresi quando li avevano visti coricarsi insieme. Poi sentirono il pianto di Mike e i tentativi di François di consolarlo. "Pare che Mike non fosse così difficile da convincere" sussurrò Richard. "Perché François sapeva quello che voleva" buttò là Kevin. "Cioè, vuoi dire che François... in che senso?" "Vedi, Richard, François è come me. Adesso capisci?" "Come te... in che senso?" "Oh! Insomma, Richard! Cosa hai detto che siamo noi due? Omosessuali? Beh... anche François lo è. Capisci adesso?" fece Kevin, sorridendo un po' esasperato per l'ingenuità, l'assoluta innocenza, che scopriva in Richard in ogni momento e che glielo faceva amare sempre di più. "Ah, si. Adesso ho capito." "Finalmente!" "Anche François è come noi!" La notizia lo coglieva decisamente alla sprovvista, perché cominciavano a sembrargli davvero troppi tre omosessuali su un'isola forse disabitata fino a due giorni prima. E la sua sorpresa era abbastanza giustificata, considerato che fino a ventiquattro ore prima non sapeva di esserlo neppure lui. "Vedi, Richard, io e François abbiamo avuto modo di parlarne sulla Venture." "Vi siete confidati?" "Si, amore mio, ci siamo confidati" disse allora Kevin "ma non soltanto. È che ce lo siamo detti molto più apertamente." "Non capisco!" "Oh, insomma, Richard, abbiamo fatto delle cose insieme!" disse allora, perdendo la pazienza. "Delle cose?" Doveva spiegargliele per bene, non c'era altra soluzione. Era disarmante. "Lui ed io abbiamo cominciato a parlarci, abbiamo fatto amicizia" gli spiegò "e siamo entrati in confidenza. È stato così che l'abbiamo capito uno dell'altro, ma, prima di parlarne apertamente, è passato un poco di tempo. Poi finalmente ci siamo confidati, fra ragazzi. Gli ho detto di me e lui mi ha raccontato che gli piaceva Mike, ma anche che aveva tanta paura di lui" gli parlava in un orecchio, baciandolo e accarezzandolo, mentre camminavano "È stato così che abbiamo scoperto di pensarla allo stesso modo su molte cose e anche di avere gli stessi gusti. Lo sai che anche François ti trova affascinante? È stata una fortuna per me che si sia innamorato di Mike. Vero? Ehi, ma tu chi avresti scelto se tutti e due ti avessimo fatto la corte?" "Eh?" Richard lo guardò smarrito e spaventato da quella domanda. "Va bene, va bene, sto scherzando, non prendermi sempre sul serio! Non badare a quello che dico!" lo tranquillizzò Kevin "Comunque eravamo tanto tristi tutti e due, perché io ero innamorato di te, proprio come lui lo era di Mike, anche se io non avevo paura di te. Però sapevo che alla fine del viaggio ti avrei perso per sempre e questo mi faceva stare male. E così, una notte, io piangevo sulla mia amaca e lui ha cercato di consolarmi, si è avvicinato, prima abbiamo parlato, poi io l'ho accarezzato, lui mi ha toccato e poi l'ho attirato a me e ci siamo baciati. Avevamo voglia tutti e due, ma anche tanta paura che qualcuno ci scoprisse. Ci siamo solo toccati un poco e abbiamo fatto in fretta, Richard, è accaduto solo questo e niente di più! Te lo giuro, mi perdoni? Solo questo, te lo giuro. Ti prego, non essere arrabbiato con me..." "Oh no, sei tu che devi perdonarmi. Non ho nessun diritto di chiederti queste cose e niente altro, mai!" "Te l'ho detto, ero già innamorato di te!" ripeté Kevin. "Mi dispiace, non dirmi niente!" "Ma io voglio parlartene lo stesso e ti dirò proprio tutto, anche quello che non vorresti sapere." "Kevin, non può esserci nulla che io..." "Aspetta prima di parlare!" l'interruppe, poi gli sorrise, e gli fece uno sguardo birichino "Adesso, però, dimmi che mi perdoni?" "Si, se anche tu mi perdoni!" "Si, amore mio, si..." Si baciarono. "Quindi credi che Mike sia in buone mani?" "Oh... assolutamente le migliori. François è veramente in gamba e Mike non è un duro come voleva che credessimo. Ti ricordi che sulla Venture non voleva mai parlare con me?" disse Kevin ridendo "Beh... aveva capito che io sono finocchio e mi temeva, ma di François, non l'aveva compreso, sennò, sai che guaio, povero François! Ti ricordi che si sono quasi presi a botte?" "Certo che me lo ricordo." "Beh... François ed io abbiamo pianto insieme." "E tu perché piangevi?" gli chiese Richard. "Lui si era quasi preso a botte con l'uomo che amava e mi piangeva sulla spalla, ma io avrei preferito che anche tu mi prendessi a botte, che in qualche modo ti accorgessi di me. Ma tu eri solo gentile, amabile e affettuoso. Il più affezionato e tenero degli amici, ma io volevo di più, anche le tue botte!" "E hai pianto per me?" "Tanto, ma mi bastava pensare che eri sempre accanto a me, che dormivi nell'amaca vicina e che la mattina dopo avrei potuto rivederti e tu mi avresti sorriso. Quest'idea era sufficiente a consolarmi, poi però mi ricordavo che il viaggio sarebbe finito e che non ci saremmo più visti e avrei voluto morire. E riprendevo a piangere." "Povero Kevin, povero amore mio." Era sopraffatto dal pensiero di quanta angustia avesse provocato all'innamorato con la sua leggerezza. Aveva gli occhi lucidi e Kevin se ne accorse, anche se era buio. "No, adesso non piangere, hai pianto tanto oggi. Allora non potevi sapere che io ti amavo e poi io non ho mai trovato il coraggio di dirtelo! Non potevi capirlo da solo, no?" "No! Ma avrei dovuto, se solo fossi stato più attento! Perciò devi perdonarmi! Avrei dovuto accorgermi di qualcosa. E questo è un perdono più serio. Dimmi che lo farai, ti prego!" E lo strinse forte, finché, sorridendogli felice, Kevin non gli fece di si con la testa. "Ti ricordi di Danson?" "E come posso scordarlo? Era un uomo così affascinante" e scoppiarono a ridere insieme. Richard parlava di uno dei due assistenti, che si era rivelato piuttosto pettegolo e anche antipatico. Era quello con cui Richard aveva usato più spesso tutta la sua gentilezza e cortesia e anche la sua influenza per ottenere che i ragazzi fossero più liberi di muoversi e di divertirsi. "Una volta mi ha detto che Mike è stato ferito dal padre che era uno che beveva parecchio. Pare che una notte fosse ubriaco e l'ha colpito. So che gli ha fatto molto male." "E di me ti ha raccontato nulla?" "No, no, mai!" "Oh, meglio così" disse Kevin, sciogliendosi dall'abbraccio. Fece qualche passo, allontanandosi, parve pensare, poi si voltò e riprese a parlare come se niente fosse. "Sai, Richard, dalle poche parole che Mike mi ha detto una volta, prima che capisse quello che ero e mi evitasse come la peste" sorrise nel dire quelle parole "avevo immaginato qualcosa del genere, cioè avevo capito che io e lui abbiamo qualcosa in comune. Anche lui ha un padre che gli ha fatto molto male e forse ha creduto che il suo dovere fosse di compiacerlo, fingendo di essere quello che non era. Adesso è soltanto un ragazzo spaventato, anche più di noi. Lui vuole solo essere accettato e amato." "Avevo paura che si fosse fissato e continuasse a comportarsi in modo ostile, restando isolato. Sarebbe stato un problema. Vorrei trovare il modo di dirglielo, che siamo tutti contenti di questo" proseguì, cercando di non pensare a quello che aveva detto Kevin di sé e di suo padre. "Oh, non ce n'è bisogno, lasciamogli fare le cose che si offre di fare e facciamogli capire che apprezziamo il suo lavoro, che gli vogliamo bene. Sarà lui stesso a spiegarsi, vedrai! E poi adesso ha François. Vedrai che sarà tutto più facile. " Passeggiavano, dirigendosi verso la spiaggia. Si allontanavano non perché volessero stare da soli, ma solo per camminare abbracciati, per un desiderio che era corso dall'uno all'altro, senza che fosse necessario esprimerlo. Allacciati, con le braccia sulle spalle, a sentire il calore della pelle e poi le acrobazie per seguire il sentiero, senza doversi lasciare e perdere il contatto. Le dita accarezzavano i fianchi, le teste tanto vicine da sfiorarsi, per sentire sul collo il fiato del compagno. E su tutto l'eccitazione e l'attesa di ciò che sarebbe certamente accaduto, dopo che si fossero detti e ripetuti quanto amore provavano uno per l'altro. "Non sarei arrivato a stasera se non ci fossi stato tu, è stata una giornata spaventosa" gli mormorò in un orecchio "credo che mi sarei perso senza di te!" "Ho fatto quello che potevo, solo quello che andava fatto" disse Kevin dolcemente "Tu hai tante cose cui pensare e ci hai tirato e spinto per tutto il tempo. Sei stato bravo! Sai una cosa? Mi piacerebbe sapere sempre la cosa giusta da dire, proprio come te. No, senti..." gli si mise davanti e gli posò un dito sulle labbra per farlo stare zitto, perché Richard voleva schermirsi "aspetta!" lo guardò negli occhi "Ehi... ho pensato una cosa. Ho capito che... forse... fra noi due, il mio compito è di prendermi cura di te e sono felice che sia così. Tu lasciamelo fare e prometto che ti sarò sempre accanto. Quello che tu sei per noi, io sarò per te! Te lo giuro, amore mio!" "Kevin..." "Avrai bisogno di me, non è vero?" "Ogni volta che ti guardo, mi chiedo come abbia fatto a respirare e a vivere finora senza averti vicino!" Camminavano sulla riva mare, sulla sabbia umida che era piacevolmente fresca. Stavano abbracciati, sfiorandosi e provando piacere per la vicinanza e per il calore che si scambiavano. Sulla laguna brillava il cielo stellato. "Posso chiederti una cosa, Kevin?" non ce l'aveva fatta a non pensarci. "Si, quasi tutto" disse con voce apparentemente spensierata, ma Richard lo sentì irrigidirsi. "Dov'è tuo padre?" chiese "Insomma, perché uno come te era sulla Venture, tu non sei un orfano, no?" "Non lo so" disse, smarrito "cioè... non posso risponderti, Richard. Non adesso, ti prego." "E perché?" gli chiese istintivamente. Kevin si inquietò, lui lo sentì agitarsi, cercò di prenderlo fra le braccia, ma Kevin si divincolò, gli sfuggì, si allontanò, fino a diventare invisibile nel buio. "Aspetta. Scusami, Kevin, scusami, ti prego. Non badare a quello che ho detto, è solo che io ci tengo a te. Kevin, ci tengo tanto e voglio, vorrei soltanto aiutarti e vederti sereno, perché qualche volta mi sembri così triste e lontano e io non so che fare e allora penso che è per qualcosa che non è qua... dimmi che è così!" "Si, Richard, è proprio così" era la voce di Kevin, vicinissima, eppure lontana "e mi dispiace, perdonami. Richard gli sfiorò il braccio e lui tornò a farsi abbracciare. "Non è colpa tua o di nessun altro, è solo che qualche volta mi metto a pensare e penso a tante cose, ma, credimi, davvero non so dove sia mio padre" lo guardò fisso "beh... forse lo so, ma non mi va di dirti in che tipo di posto si trova" aggiunse enigmaticamente "Non voglio dirtelo, mi dispiace! Non ora!" Richard che lo teneva stretto, avvertì una vera e propria ansia assalirlo, fino a sentirlo tremare. "No, no, piccolo, a me non importa di saperlo" cercò di calmarlo "voglio solo esserti vicino in questo momento, per come sei adesso. Quella di prima, per tutti noi era un'altra vita, un altro mondo, adesso siamo lontani migliaia di miglia da quei posti e soprattutto da quelle persone, da tutto il mondo!" "No, Richard, io sono quello che sono. E soprattutto ciò che sono stato e tu hai il diritto di saperlo, perché io voglio vivere tutta la mia vita accanto a te, se tu me lo permetterai. Perciò intendo dirtelo, tu ne hai diritto! Ma ho bisogno... dammi solo un po' di tempo. Vedi, non è sufficiente che io sia così lontano da Boston e da quelle persone, come le chiami tu. È sempre tutto dentro di me, nella mia testa..." Erano sfiorati da una brezza che arrivava dal mare, storditi dagli odori della foresta che giungevano sospinti dal vento caldo della notte, Kevin si fece piccolo e si lasciò stringere, proteggere nell'abbraccio, poi lo cinse anche lui e gli fece correre le mani sulla schiena. "Devo solo trovare le parole, amore mio" disse, tornando al suo tono dolce, tranquillo "e so che tu mi capirai e aspetterai, non è vero? Aspetterai che io le trovi?" "Si, tutto il tempo che vorrai. E se dovessi decidere di non parlarne mai, a me andrà bene lo stesso." Si abbracciarono più stretti. "Vorrei che questo momento non finisse mai" mormorò Kevin tornando sereno "e voglio stare sempre con te." "Anch'io" disse Richard, ma era concentrato su qualcosa e per un poco lo guardò dritto negli occhi e stette senza parlare. Aveva trovato il tempo di pensarci anche durante quella giornata lunga e difficile. Desiderava con tutto se stesso che la loro unione fosse confermata almeno da un giuramento, poiché era certo che nessuno l'avrebbe mai benedetta. Era nel suo carattere voler affrontare ogni cosa sempre con tutta la serietà possibile ed aveva bisogno di quell'impegno formale che era della massima importanza per il suo ordine interiore e, non potendo aspirare alla benedizione di un matrimonio, desiderava almeno che il loro fosse un impegno preso consapevolmente e non sull'onda di emozioni, per quanto forti fossero state. Non aveva dubbi su Kevin, ma voleva che si scambiassero quella promessa. Era emozionato quando parlò, la sua voce era bassa, grave e tremante, perché stava per chiedergli qualcosa di veramente importante. "Kevin, vuoi farmi una promessa?" "Qualunque cosa, amore mio!" "Aspetta, prima ascolta quello che sto per chiederti." "Si..." "Promettimi che resteremo sempre insieme ed avremo cura uno dell'altro e che ci diremo sempre la verità sui nostri sentimenti." "Oh si, te lo prometto, voglio prometterlo" gli rispose emozionato, sorpreso da quella richiesta e felice di poterlo fare "Richard, io non desidero altro che di esserti fedele e devoto per tutta la vita! Per sempre, Richard, per sempre!" "Fino alla morte?" chiese ancora, con un sorriso che era un po' di incertezza, per quanto era straordinaria quella richiesta. Ed era un sorriso di assoluta felicità. "Si, fino alla morte!" "E allora neppure quella potrà separarci!" "Te lo prometto, ma come faremo?" "Ci penserò io, vedrai" gli disse ridendo, sfidando irragionevolmente la vita e la morte per amor suo. Si baciarono delicatamente, con tenerezza, poi sempre più appassionatamente. Quando si fermarono per riprendere fiato, Kevin fece il suo amabile sorriso da birbone. "Adesso siamo sposati, non è vero? "Certo... si. Siamo sposati! Cioè, è come se lo fossimo." "E allora, Richard, facciamo l'amore!" E non glielo stava chiedendo, gliel'ordinava. Come resistergli? Lo baciò, poi Kevin gli pose il capo nell'incavo del collo. "Faresti una cosa per me?" chiese. "Si, tutto, qualunque cosa!" "Vuoi fare l'amore con me? "Ti ho detto di si..." "Mi vuoi... tu vuoi penetrarmi? Per favore?" Non capì subito che cosa gli avesse chiesto. Lo guardò sorpreso e disorientato da quella richiesta che giungeva assolutamente nuova ad uno come lui, vissuto nella più assoluta castità. "Cosa vuoi che faccia?" "Ti ho chiesto se vuoi penetrarmi" ripeté "Vuoi infilarmelo?" disse quando vide che non aveva proprio capito. Richard gli si mise davanti e lo guardò fisso. Finalmente aveva capito, ma era sorpreso e turbato. "Proprio lì?" chiese frastornato. "Si!" "E tu vuoi davvero che io ti... ma è una cosa sporca!" insisté, perché quella era davvero una cosa al di là della sua comprensione. "No, non è una cosa sporca, se la fai per amore mio!" "Ma non l'ho mai fatto prima... ti farò male! Non voglio che provi dolore per causa mia, Kevin. Non lo voglio, capisci?" "Io so com'è, so quello che si prova e so che non puoi farmi male" gli disse con dolcezza "Lo so, perché mi ami!" Erano un'altra volta abbracciati e Richard lo sentì rabbrividire. "Tu sai, cosa sai?" era incredulo. "Si, perché l'ho fatto. Lui mi... mi faceva anche questo" disse a voce bassissima, liberandosi lentamente, ma con decisione dall'abbraccio, voltandosi di spalle. Richard era sempre più disorientato: chi aveva fatto una cosa così orribile a Kevin? "Di chi parli?" chiese confuso "Chi è stato a fartelo?" "È stato tanto tempo fa" disse Kevin tremando. "É stato tuo padre?" "No, no, non lui!" tremò più forte "Ma adesso non importa chi è stato! Dobbiamo farlo noi, Richard, ti prego. Fallo tu a me, adesso! Non capisci?" "Ma ho paura... ti farò male!" "Se mi ami non puoi farmi soffrire ed io lo so bene!" ripeté testardamente Kevin. "Va bene!" "Voglio che tu lo faccia e voglio tu mi venga dentro" aggiunse, mentre le lacrime cominciavano a scendergli sulle guance "e anche se provassi un po' di dolore, voglio che non ti fermi, perché non c'è nessun altro al mondo a cui lo lascerei fare! Devi essere tu!" si stava agitando, tremava. "Kevin, io..." "Significa molto per me, ti prego, Richard, ti prego!" "Si, Kevin, si, lo farò! Come vuoi tu." "È che io voglio darmi a te nel modo più completo, capisci? Perché solo così diventerò parte di te e tu di me!" fece un sospiro e si voltò verso di lui che lo guardava confuso. "Kevin..." "Mi sono sentito sempre così solo, Richard, è passato tanto tempo... ma tu sei la prima persona che mi ha fatto capire che forse valgo ancora qualcosa, che sono un essere umano, che esisto. Non capisci? Mi hai accettato e amato, senza sapere niente di me e adesso voglio il tuo amore, Richard, lo voglio tutto e voglio che sia sempre più grande. Lo hai detto anche tu che deve essere più forte della morte, perciò voglio che tu ti prenda un pegno ed è il mio corpo che ti dono, perché mi hai amato prima che te lo dessi. Tutte le altre volte è... è stato diverso. È accaduto e basta, ma adesso sono io a volerlo! E lo voglio, Richard! Da te! Mi serve per i miei fantasmi... per quello che sogno ogni notte, per i miei incubi!" Con un sospiro gli pose il capo sul petto e chiuse gli occhi. Era una storia oscura e Richard era confuso da quelle parole oscure, eppure così tristi. "Kevin..." "Fallo, Richard, fallo tu, a me, per favore! Non parlare più!" Kevin l'abbracciò così stretto che quasi non poté più respirare. Piangeva. "Ti prego, Richard" mormorò ancora. Era sopraffatto dalla commozione, gli occhi riempirsi di lacrime. Ormai voleva solo assecondarne i desideri per allontanarlo da quei ricordi dolorosi. Accontentarlo era l'unica cosa che potesse fare e, sebbene avesse una gran paura di fargli male, provasse imbarazzo per l'azione che stava per compiere, decise di farlo. Si sciolse dall'abbraccio solo per stringerlo a sua volta, fino a sentirlo sospirare. Da tempo erano eccitati, ma quel silenzio, quella pausa, li rese consapevoli che i loro sensi erano accesi. "Come può essere" mormorò, mentre con le labbra gli sfiorava il collo "Com'è accaduto che io sia stato tanto fortunato? Sono finito su un'isola deserta, perduto nell'Oceano, miracolosamente salvo dopo un naufragio e trovo il ragazzo più meraviglioso del mondo. Lui si innamora di me ed è fra le mie braccia. Tu sei un miracolo, Kevin, e mi rendi così felice. Non vedrai più fantasmi, te lo prometto. Li scacceremo insieme, noi due, assieme agli altri! Ti giuro che sarai felice!" Scivolarono in ginocchio e poi si stesero sulla sabbia. Kevin l'accarezzò su una guancia, poi sul collo e sul petto, lo spogliò lentamente, e fece lo stesso anche per sé. Andò a cercargli il pene, lo prese assieme al suo, accarezzandolo, poi si mise supino e guidò Richard fino a farlo inginocchiare fra le sue gambe. Le alzò e gliele mise sulle spalle, disponendosi a riceverlo dentro di sé. Richard ricorrendo alla logica, alle proprie nozioni di fisica e, più prosaicamente, alla sua esperienza di masturbazione, si bagnò le dita di saliva e le passò sull'ano di Kevin, poi s'abbassò a baciarlo sulla bocca. "Vuoi davvero che lo faccia?" chiese un'ultima volta con un sussurro. "Si, ti prego! Per favore!" lo supplicò Kevin, chiudendo gli occhi e andandosene in un mondo diverso, ad aspettare la loro congiunzione. Richard invece era tremante, mentre consumava quell'atto che era l'inizio del loro matrimonio, una unione che doveva andare oltre la morte, come avevano appena giurato. Era tutto così meraviglioso e al tempo stesso spaventoso, stavano sfidando quella stessa morte che li aveva sfiorati e che sarebbe tornata a prenderli, in un tempo vicino o lontano. La felicità di quei momenti era un premio che stavano riscuotendo per le sofferenze appena patite, oppure un anticipo per l'infelicità futura? "Richard" lo richiamò da dove era andato con i pensieri. "Si, si, Kevin." "Devi fare piano... prima con un dito." E lui tremando fece un poco di forza, poi lo sentì rilassarsi e fu più facile. Il polpastrello gli trasmise una nuova sensazione, insolita, veniva da dentro Kevin ed era di caldo e umido, madido di umori sconosciuti. "Spingilo di più" lo sentì bisbigliare. Lui lo fece e Kevin sospirò. L'accarezzò, vide che così non gli faceva male e riprovò, poi capì che era giunto il momento. Kevin era rilassato, disteso sulla sabbia con gli occhi chiusi. Lui si passò altra saliva sul pene e ne mise ancora sull'ano. Appoggiò la punta e spinse, lo sentì irrigidirsi. "Ti ho fatto male? È vero che ti ho fatto male?" "No! Non fermarti. Va tutto bene. Fai solo un po' più piano" sussurrò e richiuse gli occhi per tornare al suo paradiso. Spingendo ancora, ma più lentamente, Richard si sentì affondare, perdersi nel corpo dell'amante. Era rapito da ciò che stava provando, dalle emozioni che lo travolgevano, quasi fossero scariche elettriche ad esplodergli nel grembo. Dopo il dolore iniziale, Kevin si adattò alla pienezza che sentiva e poi a godere la sensazione che Richard gli dava muovendosi dentro di lui. Quando la spinta fu più forte, la stimolazione si fece intensa e cominciò a provare un piacere che gli parve insopportabile. Dimenticò ogni cosa, cancellò ogni sensazione, fuorché la presenza di Richard dentro di sé. Gemette per il dolore e mormorò per il piacere che provava mentre, in qualche angolo della sua coscienza, continuava a stupirsi che la persona che più amava ed ammirava al mondo lo stesse possedendo in quel momento, facendolo soffrire, ma stava accadendo ed era perché gliel'aveva chiesto. Finalmente era accaduto che lui fosse l'artefice del proprio piacere. Le loro mani correvano ad accarezzare, toccare, sfiorare la faccia, il collo, il torace, il ventre di uno e dell'altro. Una volta superata la soglia, Richard aveva cominciato a muoversi piano, poi sempre più rapidamente. Prima si era commosso per la vulnerabilità e l'assoluto abbandono che intuiva in Kevin, nel suo comportamento, ma era sempre più eccitato da quello che gli sentiva mormorare, dai suoi movimenti. Gli tenne le mani sulle gambe lunghe, accarezzò la pelle liscia. L'orgasmo lo raggiunse inaspettato, mentre si spingeva più a fondo e nello stesso tempo avvertì le contrazioni di Kevin e colse, immaginando, più che vedendolo, un riflesso di luce e poi il seme che bagnava il petto e il ventre dell'innamorato. E da lui stesso fluiva il seme che Kevin stava accogliendo dentro di sé. Per loro il mondo cessò di esistere, mentre divenivano una persona sola, entrando uno nel corpo e nella vita dell'altro. Poi a poco a poco tornarono alla realtà, ancor più consci di se stessi e del legame che avevano creato e che li univa. Se ne stettero stretti, sentendo ciascuno il corpo dell'altro, il calore, il respiro, il battito del cuore, la pelle sudata e scivolosa. Si baciarono, le lingue si cercarono e danzarono fino all'affanno. Commossi e quasi timorosi per l'intimità raggiunta, avevano gli occhi pieni di lacrime. Piansero e non dovettero parlarsi per spiegare, per capire quello, che pur non avendo detto, sapevano già. Che la felicità raggiunta era assoluta, che la loro unione era consacrata, che erano uno dell'altro, uno nell'altro, che la morte per il momento era sconfitta. Lentamente il respiro tornò normale e i cuori rallentarono la corsa, i corpi si rilassarono e a malincuore Kevin sentì che Richard scivolava fuori da lui. Con le guance unite, le lacrime si mischiarono ai baci, alla saliva, agli umori, agli odori dei loro corpi, infine al profumo del mare, della notte calda. "E tu, quando farai lo stesso con me?" gli chiese in un sospiro. "Mai, Richard, mai! Non potrei mai farlo!" e si tese nello sforzo di negare. "Ma io te lo chiederò e tu mi renderai felice, lascerai il tuo seme dentro di me, come ho fatto ora con te" gli disse calmo, sussurrandogli in un orecchio queste parole che erano d'amore. E che terrorizzarono Kevin. "Ma io non voglio, non posso. Con te non potrei mai!" "Prima mi spiegherai tutto, Kevin, ed io ti ascolterò" fece Richard dolcemente, capendo, immaginando che avesse tanto da dirgli e da rimuovere, da giustificare a se stesso, prima di essere completamente libero e felice, libero anche di compiere qualcosa che lo spaventava. "No, Richard, ti prego." "Non pensarci, piccolo, non adesso, non è importante." "Ti prego!" "Io te lo chiederò, quando verrà il momento. Sarà fra un po' oppure mai." "Mai, mai! Ti prego!" "Va bene. Non sarà mai, ma lo decideremo insieme!" acconsentì Richard. Kevin si limitò a baciarlo sulle labbra, poi gli posò il capo sul petto. Ne avrebbero riparlato, il tempo sarebbe trascorso e forse avrebbe curato le ferite. Richard avrebbe atteso pazientemente il giorno in cui lui sarebbe stato pronto. Doveva superare difficoltà, precipizi e caverne, antri spaventosi, uccidere mostri terrificanti, prima di risalire dal posto in cui era finito. Un pozzo tanto profondo da impedire perfino a Richard di farsi ascoltare. Era tutto dentro di lui, aggrovigliato al suo essere, al cuore, ai sentimenti. Sperò solo che Richard sapesse attendere, perché le sue ferite erano così profonde che l'amore aveva potuto lenire il dolore, quanto a guarirle, solo il tempo avrebbe potuto aiutarlo. Quando giunsero al campo, si avvicinarono al giaciglio che avevano preparato e su cui già dormivano Tommy e Manuel. Il braccio bruno di Manuel circondava, come per proteggerlo, il corpo piccolo e chiaro di Tommy che gli teneva la testa sul petto, come fosse un cuscino. Parevano entrambi nella pace più assoluta. Si stesero accanto a loro, facendo piano per non svegliarli. Erano così esausti per la giornata vissuta, per l'intensità del piacere che si erano dati, che sempre abbracciati si addormentarono, scambiandosi un bacio, un unico lungo bacio che li portò al sonno e durò tutta la notte. Tommy si svegliò per i loro movimenti. Sorrise, capendo, più con il cuore che con la mente, che erano appena tornati, stanchi e sudati, dalla spiaggia, dove si erano certamente baciati e avevano fatto l'amore. Qualunque cosa volesse dire, era certo che fosse una cosa molto bella. E Richard aveva certamente sussurrato a Kevin quelle parole dolci che sapeva dire così bene, ma forse erano state un poco diverse. Sperò che un giorno qualcuno, forse Manuel, le dicesse anche a lui, quelle parole speciali. Non sapeva nulla dei suoi genitori, sua madre era un'ombra nella memoria, una figura che appariva raramente nei primi anni della sua vita. Arrivava all'istituto, l'abbracciava, piangeva e scompariva. Poi, quando lui aveva poco più di tre anni, non era più tornata ed ora di lei ricordava soltanto l'odore forte che sentiva quando l'abbracciava, un profumo di fiori che avrebbe riconosciuto fra mille, ma che non aveva più sentito. Quella fragranza era l'unico ricordo bello della sua infanzia e di sua madre, perché, a parte quegli abbracci, non aveva mai ricevuto altre manifestazioni di affetto, prima di incontrare Richard e Manuel e non si era mai sentito parte di una famiglia come in quel momento, in un posto come quello. Si spostò fino a mettersi il più vicino possibile ai suoi compagni e si riaddormentò, ma forse non si era mai svegliato. Ed era ancora più felice, perché capì che anche quella notte non avrebbe avuto nessuno dei suoi incubi e nessuno dei suoi mostri sarebbe venuto a visitarlo. Difficilmente sarebbe accaduto finché Richard fosse stato accanto a lui e anche Manuel e Kevin. Poco più in là c'erano Mike, grande e grosso, e François che era tanto buono pure lui. E poi i suoi tre compagni di giochi che l'avrebbero difeso pure loro. Mai più incubi. Sognò di una fata, forse la sua stessa mamma, e gli parve di sentire il suo odore, come se quella notte tutti i fiori dell'isola profumassero in quel modo speciale. Nel sogno lei l'accompagnava fra le braccia di Richard. E poi Richard l'affidava a Manuel. Era un sogno e già facendolo lo sapeva, ma quella era anche la sua vita, che era diventata bella come un sogno e si sentì così felice che, sempre in sogno, gli parve di impazzire. Si sentì tanto felice che se fosse stato sveglio, avrebbe pianto. E forse già un po' piangeva. Manuel lo sentì sospirare, agitarsi, e si svegliò. Era preoccupato, credeva che il piccolo avesse un incubo. Non trovandoselo più tra le braccia, lo cercò per consolarlo, accarezzarlo e vide che s'era spostato fino a posare un braccio sulla spalla di Richard e che, sempre dormendo, sorrideva ed era felice, quasi rideva, anche se un poco aveva pianto. Allora Manuel s'avvicinò anche lui e l'abbracciò lo stesso, contento che il suo piccolo innamorato stesse facendo un sogno così bello. TBC *** lennybruce55@gmail.com Il nome 'Lenny Bruce' è presente nella sezione "Stories by Prolific Net Authors" (http://www.nifty.org/nifty/frauthors.html) con l'elenco degli altri romanzi e racconti che ho scritto e pubblicato su Nifty. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html