Date: Fri, 3 Jan 2014 12:51:30 +0100 From: Lenny Bruce Subject: L'Isola del Rifugio 10 DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html Questo è il decimo dei diciotto capitoli che compongono il romanzo. CAPITOLO 10 - La pecorella smarrita Joel tremava, per la febbre, ma era anche spaventato. Aveva la febbre e la temperatura era alta, Richard lo capì accarezzandogli la fronte che scottava. Gliela baciò e si mise vicino per confortarlo, ma anche perché era improvvisamente molto preoccupato. Anzi, proprio spaventato dall'aspetto sofferente del ragazzo. "Che ti senti, fratellino?" "Ho freddo e la gamba mi fa male ..." piagnucolò Joel, cercando di controllare i brividi. Fortunatamente avevano un termometro. François gli aveva messo addosso una coperta e lo stava abbracciando. "Potrebbe essere la reazione ai punti, lo spavento, la perdita di sangue, anche la fatica" buttò là Kevin, mentre aspettavano che il mercurio del termometro si riscaldasse e segnasse la temperatura. "È vero, la gamba gli fa male" chiese Mike "vedi, pare gonfia." Joel fece di si con la testa. Gli occhi si erano fatti piccoli e la bocca era atteggiata al pianto, aveva un faccino che ispirava compassione e a Richard si strinse il cuore. "OK, giovanotto" disse con il tono più rassicurante che riuscì trovare "dammi il termometro, forza! Ce l'hai da un quarto d'ora: il mercurio avrà fatto tre volte il giro!" Così almeno gli strappò un sorriso. "Allora" e si mise a guardare incuriosito il termometro, fingendo di non sapere da che parte si leggesse "Joel ha proprio una bella febbre, ma adesso vedremo di farlo stare meglio. Ehi!" fece rivolto ai più piccoli "Voi state con Joel, mentre io e Kevin parliamo con Mike e François. Dobbiamo fare un consulto tra dottori!" Quando furono soli, Richard spiegò la sua agitazione. Il piccolo aveva quasi quaranta di febbre e la gamba era gonfia. Ma quello che più temeva era che la febbre fosse dovuta a qualche altra causa. E, chissà perché, aveva pensato alla malaria, i sintomi gli parevano quelli. Gli era venuto in mente tutto a un tratto che i tre avevano attraversato le paludi e potevano essersi infettati là. Se aveva la malaria, però, forse era imprudente somministrargli anche della penicillina che avrebbe curato il possibile insorgere dell'infezione alla gamba, perché la cura di antibiotici avrebbe potuto anche indebolirlo. "Per quello che ne so, potrebbe essere una sola delle due oppure tutte e due insieme" concluse, sconfortato dalla propria inadeguatezza "Reazione alla ferita, possibile infezione, oppure malaria?" ripeté Mike, pensoso. "Non tutt'e tre insieme!" fece François con sicurezza "Non può essere!" Gli altri lo guardarono incuriositi. "Non lo so, me lo sento, sono certo che non è così!" "Quelli sono passati due volte in mezzo alle paludi che sono l'ambiente più adatto per le zanzare della malaria" Richard ragionava ad alta voce "Joel potrebbe essere stato punto e poi avendo perso molto sangue si è indebolito e quindi ha avuto un attacco. Forse anche Angelo e Terry sono stati punti. Angelo però, per il momento, sta bene... e... Terry. Oh, Cristo! Terry passerà tutta la notte là in mezzo..." "Insomma che facciamo?" tagliò corto Mike "Disperarci non serve a niente!" "Oltre a sperare e pregare, non saprei!" buttò là François amaramente. "Eh, no! A che serve pregare?" si arrabbiò Richard. "Io ragiono così" intervenne calmo Kevin, cercando di evitare discussioni "Joel è indebolito e forse non dobbiamo peggiorare la situazione con gli antibiotici, però forse ha un'infezione che va curata. Noi non sappiamo che effetto gli possa fare prendere anche il chinino per la malaria. Si prende il chinino per curare la malaria, no?" "Credo di si. È il sale inglese." "Ne abbiamo?" chiese Mike. "Si, l'ho visto, ce n'è." "Ehi, Richard, fra tutti i libri che ti sei portato dietro e che ci hai costretto a caricare e scaricare, non ce n'è qualcuno che parli della malaria?" suggerì finalmente François, sempre molto pratico, oltre che religioso. "Oh... si, si... ci deve essere qualcosa. Vado a prenderlo! Dove ho la testa, com'è che non ci ho pensato prima?" Tornò in fretta con un trattato di medicina e, al baluginare del fuoco, cercò tra le pagine per i sintomi della malaria. Potevano anche essere gli stessi di Joel, ma quando lesse che l'incubazione durava almeno sette giorni, tirò un sospiro di sollievo: non potevano essersi infettati quella mattina stessa. Che ricordasse i ragazzi non si erano trovati vicini alle paludi negli ultimi giorni, dato che erano tutti stati impegnati a concludere i lavori della casa e nella zona della cascata, non c'erano zanzare, né le paludi dell'altopiano, erano tanto malsane, perciò, con una certa dose di sicurezza, non si trattava di malaria. Erano tutti sollevati. Richard continuò a consultare il manuale. "Oh... ecco. Qua dice anche che la penicillina non interagisce con il chinino, quindi se anche fosse malaria, potremmo curare comunque l'infezione e se domani la febbre non sarà scesa, decideremo. E dice anche che con la malaria la febbre va e viene!" Lui pareva convinto e gli altri furono d'accordo. "Va bene... adesso gli farò una iniezione di penicillina e un'altra anche domani mattina. Se la gamba si sgonfia dovrebbe essere sufficiente per controllare l'infezione. È probabile che mi sia preoccupato per niente. È che quando ho sentito dire che quei tre incoscienti hanno attraversato le paludi... e chissà che guaio ho combinato con quei punti..." "OK, fratello, adesso fa quell'iniezione e se ti sei preoccupato, è perché gli vuoi bene!" gli disse François, accarezzandogli la spalla "Ehi... papà Richard, ti secca se io e Mike preghiamo lo stesso?" "Oh no, ragazzi, no! Pregate! E pregate anche per Terry e scusatemi per prima. Ero soltanto un po' nervoso" li tranquillizzò incamminandosi verso Joel che era sempre tremante, ma questa volta di paura, perché, pur stordito dalla febbre, aveva capito che Richard stava per fargli un'iniezione. "Chiudi gli occhi, fratellino" mormorò allora Angelo che non aveva smesso di tenerlo fra le braccia e lo coccolava "chiudi gli occhi. Tu abbracciami e non pensarci. Vedrai che papà non ti farà sentire niente. So che lui è bravissimo, vero papà?" "Ci puoi giurare, piccolo!" l'appoggiò Kevin, mentre Mike si ingegnava a far bollire velocemente la siringa di vetro e l'ago. E Richard cercava, come sempre in questi casi, di controllare il tremito alle mani. Fortunatamente, per la miracolosa lungimiranza del capitano Mendes e la munificenza del nonno, avevano una cassetta pronto soccorso fornita di tutto il necessario. Certo le medicine non sarebbero durate in eterno, ma almeno per i primi tempi erano abbastanza tranquilli. C'erano perfino un certo numero di preparati di penicillina, l'antibiotico con cui in quegli anni si pensava di curare la maggior parte delle infezioni. Richard aspirò il diluente dalla fiala e l'iniettò nella boccetta dov'era il preparato, agitò per almeno un minuto, prolungando l'agonia di Joel che seguiva ad occhi sbarrati tutte quelle mosse. Poi preparò un tampone di alcool per disinfettare la pelle prima della puntura, infine aspirò il liquido dalla boccetta. Angelo, sempre accarezzandolo, fece voltare Joel e gli scoprì una parte del sedere. Al piccolo sfuggì un gemito e Tommy cominciò a piangere. Richard fece in fretta e sperò di non infliggere nessuna sofferenza superflua al povero Joel che già piangeva per il dolore. Fu allora che fece un pensiero che lo commosse. Mentre iniettava il liquido nel muscolo di Joel, aveva sentito il proprio corpo contrarsi, soffrire, come se l'ago fosse penetrato nella sua stessa carne e il fluido denso si stesse insinuando nel muscolo della sua coscia. Sapeva che la penicillina fa male quando viene inoculata e sentiva, gli pareva di sentire, lo stesso dolore che Joel stava provando in quel momento. Tommy era addirittura scoppiato a piangere e attorno, gli altri ragazzi, tutti tristi e mortificati, guardavano il malato con compassione. Forse erano diventati un corpo solo, un unico, complesso organismo in cui le sofferenze di una persona erano i dolori di tutti e il pianto di uno addolorava gli altri. Era un'idea bellissima, ma per lui era anche difficile da accettare, perché comportava l'annullamento dell'individualità, della sua preziosa, singolare personalità, in favore di ciò che erano diventati. Per quanto era stato orgoglioso della sua intelligenza, per quanto amor proprio c'era nei suoi successi scolastici e quanta forza di volontà, alimentata solo dalla vanità e dalla presunzione, tutto era stato spazzato via da Kevin e da altri sette ragazzi difficili, oppure facili, orfani, disadattati, emarginati, ma anche dall'amore che ciascuno di loro era stato capace di donargli. Nel dolore e nell'emozione provata facendo l'iniezione a Joel c'era il suo futuro, tanto bello e affascinante, che il passato gli parve grigio e insignificante, come un ricordo che impallidisce e scompare, cancellato dalla memoria, qualcosa che non interessa più. Ed ora dovevano recuperare Terry. Se non fosse stato notte o avessero avuto delle lanterne, non avrebbe atteso l'alba, ma non avevano torce, né luci elettriche. il buio della notte li paralizzava, una notte senza luna, com'era quella, li bloccava attorno al fuoco, unica fonte di luce in tutta l'isola. La separazione da Terry gli provocava un dolore sordo nel petto, saperlo solo e spaventato, impauriva lui stesso fino a farlo tremare, essere certo che stesse piangendo, ammesso che avesse ancora lacrime, gli dava una tristezza infinita. Terry stava certamente soffrendo e anche lui stava per piangere. La brutta storia, raccontatagli fra le lacrime e con molte esitazioni da Angelo e Joel, l'aveva turbato, facendogli chiedere dove avesse sbagliato nel gestire e controllare i più piccoli. Certamente non avrebbe dovuto mandarli così lontani e da soli, poi avrebbe dovuto in qualche modo prevedere e incanalare le pulsioni di Terry, cresciuto più in fretta di quanto pensasse. Quell'escursione si era rivelata un disastro. Joel ferito nel corpo, Angelo nello spirito. Per giunta avevano lasciato Terry ad affrontare da solo tutta la vergogna e il suo terribile senso di colpa. Era ossessionato dalla sofferenza fisica ed emotiva cui era stato sottoposto Angelo, dalla ferita di Joel, ma soprattutto dall'immagine di Terry abbandonato a se stesso in quella notte solitaria. E infine soffriva al pensiero di Kevin, di ciò che c'era stato di orribile nella sua vita. Vide che Mike e François, Manuel e Tommy, con le braccia sulle spalle, uniti, come fossero un'unica persona, recitavano le loro preghiere. Lui s'era allontanato e li guardava, un po' discosto, per non distrarli con la sua presenza muta. Vedendoli così devotamente concentrati, gli venne una specie di rimpianto. Non era il bisogno di pregare, che non aveva mai avuto, ma la nostalgia di tempi, così lontani ormai, in cui dopo una preghiera e un bacio poteva scivolare nel sonno, tempi in cui quelle piccole attenzioni erano sufficienti a confortarlo e a farlo dormire sereno e felice, certo che qualcuno avrebbe comunque vegliato su di lui. Ma un bacio di chi? Sicuramente di una tata, perché sua madre gli aveva dato raramente la buonanotte. Vedere quei ragazzi, così segnati dalla vita, trovare consolazione nel ripetere preghiere, invocazioni, imparate chissà quando, e trarne sollievo, gli aveva fatto fare altri pensieri e nella sua mente era affiorato un ricordo in particolare, una parabola del vangelo. La morale di quella storia, quando l'aveva ascoltata da bambino, l'aveva molto colpito. Aveva spesso immaginato se stesso nei panni del pastore che torna a cercare l'agnello smarrito e poi il suo ritorno all'ovile, portandolo fra le braccia, appagato. Qualche volta s'era immedesimato nell'agnello, cercando di immaginare il sollievo provato dalla creatura nello scoprire che qualcuno s'era dato tanta pena da andare a cercarlo. Kevin, come spesso accadeva quando lui si lasciava andare con la mente, gli restava vicino, anche lui un po' in disparte per non distrarlo, attento però che non andasse troppo lontano, quasi che intuisse le sue idee, gli leggesse i pensieri, temendo che diventassero difficili da fare, addirittura da sopportare così non lo perdeva di vista, se gli serviva un conforto. Anche quella sera, all'inizio si era seduto dietro di lui, sotto un albero, poi lentamente gli si era avvicinato, fino a posargli una mano sulla spalla, proprio quando lui aveva tremato al pensiero di Terry da solo nella foresta, a combattere con il suo brutto rimorso. Come hai fatto, avrebbe voluto chiedergli, come hai fatto, a capire che volevo la tua mano sulle mie spalle? La risposta era nell'amore. Gli prese quella mano e la baciò ripetutamente. Era commosso. "Non pensavo di poterti amare tanto" gli disse, mentre Kevin l'accarezzava e lo guardava senza capire "e non credevo fosse possibile trovare un motivo per amarti di più, ma stasera è andata proprio così. So solo che adesso ti amo di più, molto di più!" Lasciarono Joel e Angelo a dormire abbracciati, erano sfiniti e furono contenti di assopirsi insieme. Chiamò gli altri e si riunirono attorno al fuoco. Sapevano che avrebbe parlato, si aspettavano che lui dicesse qualcosa, spiegasse e, se possibile, ridesse ordine alla vita di Venture Island. E parlò, raccontando di tutti i pensieri che aveva fatto fino a quel momento, di quell'agnello, tanto amato, che intendeva recuperare e infine spiegò l'idea che loro fossero ormai parte di un unico corpo. "Ehi... Richard" disse Manuel arrossendo, sempre indeciso se considerare Richard un fratello maggiore, un maestro, un padre o anche qualcos'altro "io... anch'io ho pensato la stessa cosa, ma è stato un po' di tempo fa!" Arrossì di più e non lo notò nessuno, perché il bagliore del fuoco non era la luce più adatta a vedere quelle cose, ma lo sapevano tutti che Manuel arrossiva sempre quando parlava. "Anch'io credo... ho pensato che siamo diventati come una persona sola!" disse mentre, come al solito, abbracciava e accarezzava Tommy "Quando Chris se n'è andato...già allora l'avevo capito... che eravamo tanto uniti da soffrire uno per l'altro. Piangevate anche voi, lo so che è mancato a tutti, ma io... io gli volevo bene..." sorrise, ma era davvero triste "Noi due non eravamo innamorati, anche se a me sarebbe piaciuto che lui ogni tanto mi abbracciasse, ma non era da Chris abbracciare qualcuno. Lui certe volte era un poco ruvido, ma era anche buono ed io so che mi voleva bene, ci teneva a me. Pensavo che mi sarebbe mancato da morire, invece stando insieme a voi non è stato così doloroso come pensavo e adesso il suo è un bel ricordo, il più bello che ho. Mi resta soltanto un po' di nostalgia e lo devo a tutti voi se sono tanto felice, perché so che, se piango, piangete con me e se io sono triste, vi preoccupate e siete tristi con me. E poi c'è lui..." Tommy si voltò a guardarlo un po' sorpreso da quella stretta improvvisa, perché, già mentre parlava Richard, si era assopito e non aveva ascoltato le parole di Manuel. Rimasero così a guardare il fuoco per un poco, pensando a ciò che avevano appena detto e ascoltato. "Va bene ragazzi..." fece Richard "credo che domani mattina andrò a cercare Terry. Partirò appena fa giorno." "E vuoi andarci da solo?" chiese Mike allarmato. "Vuoi venire con me?" "Sicuro, non ti lascerei andare per nulla al mondo!" "Anch'io vorrei venire con voi" disse Manuel, mentre Tommy gli stringeva forte il braccio, giusto per chiarire che non l'avrebbe mai lasciato andare da solo. E che a quel punto ci andasse anche Kevin era fuori discussione, perché era impensabile che loro due si separassero. "Andateci tutti" disse allora François "io resterò al campo con Angelo e Joel. Loro due è meglio che si riposino e non pensino a nulla." "Tu, magari, falli parlare un poco" disse Richard. Avrebbero fatto così. "Ehi, papà, credi che Terry avrà paura a stare da solo nella foresta?" chiese Tommy. "Si, credo che tutti avremmo paura, ma so che lui è molto coraggioso." "Però sarà triste e avrà paura che noi lo puniamo, no?" insisté Tommy alla cui innocenza era sempre affidato il compito di affrontare gli argomenti più difficili. "Domani, quando lo troveremo" fece Manuel "cercheremo prima di tutto di consolarlo, come abbiamo fatto con Angelo oggi. Io non penso che dovremmo punirlo. Non è vero, Richard?" "Certo... credo che lui avrà molto bisogno del nostro aiuto. Noi non dobbiamo punire nessuno!" "Hai ragione, fratello, ma lui si è comportato male!" Era stato Mike a parlare. "Prima di tutto dobbiamo trovarlo e riportarlo qua, poi chiederemo ad Angelo di perdonarlo, se gli è possibile" disse Kevin "e soprattutto faremo in modo che non accada più. Ma Terry deve tornare con noi, credo che si stia punendo abbastanza da solo." "Kevin ha ragione" intervenne François "Andate a cercarlo e riportatelo qua. Staremo tutti più attenti" e così anche Mike si convinse che non potevano punire nessuno. "Allora ci andremo tutti insieme. François tu terrai d'occhio Angelo e Joel, è meglio che loro non si muovano! Ci faremo indicare la strada che hanno fatto e poi ci penserai tu a fargli passare una giornata tranquilla, ma falli parlare. Va bene?" A quel punto avrebbero dovuto pregare e poi alzarsi per salire in casa, perché era ora di andare a dormire, ma nessuno si mosse, neppure Richard che avrebbe dovuto prendere l'iniziativa. Se ne stettero in silenzio a guardare le stelle, mentre soltanto Tommy si addormentava un'altra volta fra le braccia di Manuel. Forse era una serata speciale. "Beh, ragazzi, visto che nessuno ha ancora voglia di dormire, voglio raccontarvi una cosa..." fece Richard dopo un poco "io ci ho pensato oggi... ne ho parlato con Kevin, ma... beh non è per niente di importante! Solo che... ve la dico lo stesso." Si sentiva malinconico ed era sempre più preoccupato per Terry, si tenne stretto a Kevin, più stretto che poté. Per lui era stata una giornata piena di pensieri, di meditazioni, poi la scomparsa di Terry, la ferita di Joel, la disperazione di Angelo e infine la storia di Kevin l'avevano provato e reso ancora più triste, di una malinconia che pareva aver contagiato anche gli altri. "Oggi, prima che Angelo e Joel tornassero, ce ne siamo andati un po' in giro sulla spiaggia. Siamo stati bene... camminavamo abbracciati, io e Kevin, in silenzio. Io pensavo e pure lui, quasi per tutto il tempo, tanto che ogni tanto mi dava una gomitata, perché aveva paura che inciampassi... boh... forse sono anche caduto!" "È caduto!" confermò Kevin, strappando una risata a tutti. Lo sapevano che succedeva spesso, Richard camminava quasi sempre con il naso per aria pensando a tutt'altro e la spiaggia era disseminata di radici e rocce contro cui era molto facile inciampare. "Beh oggi, dopo tanto pensare, ho capito una cosa... quello che più mi manca qua è la musica. Sapete... mi manca da morire il mio violoncello e non ho niente che possa sostituirlo in qualche modo. Non l'ho portato con me in viaggio, perché la salsedine l'avrebbe rovinato. È di legno pregiato, antico, è stato costruito più di un secolo e mezzo fa. "Ehi, papà Richard" fece François "devi solo sperare che non lo vendano, finché resti qua!" "No, non credo che lo farebbero" e sorrise a quell'idea. Nella sua famiglia non c'era necessità di vendersi gli oggetti di chi non c'era più. Probabilmente i suoi genitori se ne sarebbero semplicemente disfatti, oppure il nonno l'avrebbe tenuto per sé, come ricordo di quel nipote amato e perduto. "Comunque quello della musica è stato solo il punto di partenza di certi miei pensieri" disse "perché, continuando a vagare con la mente e, mentre Kevin controllava con sempre più attenzione dove mettevo i piedi e mi dava gomitate, ho capito che ci sono tante altre cose che vorrei avere qua o che non posso più fare ed è quasi tutto quello che credevo fosse indispensabile alla mia vita... per esempio continuare a studiare, frequentare l'università e qualche altra cosa ancora! "Mi sono chiesto se mi manca davvero tutto questo. Beh... un poco si, perché non possiamo essere riportati all'età della pietra o quasi, senza sentire la mancanza di qualche comodità o delle cose, degli oggetti, delle azioni, cui eravamo affezionati, che facevano parte della nostra vita quotidiana. Ma alla fine di tutto, ho capito che quelle cose erano soltanto oggetti, comodità, azioni quotidiane, ripetute, insignificanti... e poi c'erano i miei progetti, quello che volevo fare della mia vita, l'università, la carriera. Io volevo diventare uno scienziato, vivevo solo per quello, prima d'incontrare voi... adesso però tutto appartiene ad un passato che è stato tanto tempo fa. "Proprio tanto tempo fa, ragazzi, e tutte queste cose, compresi i miei progetti, non sono nulla in confronto a quello che ho adesso, perché ho trovato voi e soprattutto Kevin... e perciò, ragazzi, oggi... adesso, voglio dirvi che... io dubito ci sia al mondo un altro posto dove..." ormai si era commosso. Era stato come scivolare, lasciarsi andare e non potersi proprio più fermare. Quando aveva cominciato a raccontare, non l'avrebbe mai immaginato, ma parlare così l'aveva turbato. Cercò di controllarsi, si fermò per non piangere, non che gli importasse farlo davanti ai suoi ragazzi. "Insomma... non credo esista un posto dove potrei trovarmi meglio di come mi trovo qua, con voi! E anche con te..." si rivolse a Kevin, appoggiandogli il capo sulla spalla, liberando tutta la sua commozione, il pianto, sulla pelle profumata, sul collo di quel ragazzo coraggioso. Non voleva piangere per non turbare gli altri, ma non poteva proprio fermarsi. "Anche noi ti vogliamo bene!" disse Mike, commosso pure lui. "Ehi... anch'io ti voglio bene... ma non piangere, papà" aggiunse Tommy, svegliandosi definitivamente, già pronto anche lui con le lacrime agli occhi. "No, piccolo..." fece Richard, riprendendosi un poco "sono lacrime di gioia... che credi?" "Lo sai come siamo, amore mio... nove cuori e una capanna!" disse Kevin, sorridendo contento, senza smettere di accarezzarlo, con una dolcezza che smentiva il tono canzonatorio delle sue parole. "E voi proprio sull'albero dovevate andarla a fare la capanna" aggiunse inevitabilmente François che non aveva ancora digerito che, per andare in casa, si dovessero salire delle scale "con tutto lo spazio che c'era qua sotto!" Scoppiarono a ridere, scherzarono ancora e Richard ritrovò finalmente un poco del suo buon umore, assieme a Tommy che fu felice di farsi abbracciare anche da lui, senza lasciare però Manuel. "Andiamo a dormire?" provò a dire Richard, ma fu subito smentito. "La sapete una cosa, ragazzi?" disse infatti Kevin, incurante, accomodandosi nell'abbraccio dell'innamorato "A me mancano soltanto i cartoni animati. Topolino, Pippo, Paperino... ma per il resto... sono così sono felice qua, ma proprio tanto." "Oh, io prima ho detto la musica e il violoncello, ma credo che mi manchino di più gli hamburger... non so, ma ne mangerei una montagna!" si affrettò a precisare Richard. "No, no... io voglio dei fumetti... quelli del terrore... mi mancano davvero" disse Manuel fingendo di piagnucolare "se potessi averne qualcuno, credo che lo scambierei volentieri anche con la tua montagna di hamburger!" "Per essere felice davvero... a me basterebbe un hot dog, uno solo. Però enorme e coperto di senape, ma tanta!" fantasticò Mike. "Ed io che ci sto a fare, eh?" saltò su François "Non valgo neppure quanto un salsicciotto?" "Che dici, amore mio? Che dici?" tentò di blandirlo Mike "tu sei... tu sei..." "Ehi..." l'interruppe Kevin "volete sapere qual è la cosa che mi manca davvero, ma proprio tanto? È la mia bicicletta. Chissà che fine ha fatto!" "E com'era?" "Rossa... un modello sportivo. Fu il regalo del compleanno, me la comprò..." e qua si bloccò terrorizzato "a me... io..." balbettò e il suo sguardo si perse lontano, con una sofferenza che Richard disperò mai di poter alleviare. Era stato certamente Malcom a regalargliela. "Io non ho mai avuto una bicicletta" fece Mike, senza notare lo confusione di Kevin "Eravamo troppo poveri anche per comprare da bere a quello stronzo di mio padre, figuratevi se potevamo permetterci una bicicletta!" Nessuno disse niente e fu ancora Mike a parlare. "I tuoi genitori erano ricchi, Kevin?" "Si... credo..." "Ma sono vivi, no? Cioè, voglio dire, tu non sei orfano, vero?" Fece di no con la testa. "E com'è che sei qua, sulla Venture e tutto il resto? Non ne hai mai parlato" insisté Mike che un po' per il buio, un po' perché era distratto e non aveva ancora compreso che Kevin era sconvolto e balbettava le sue risposte. Kevin rivolse a Richard uno sguardo supplichevole, poi incominciò a tremare. "Ehi, fratello che ti è capitato di così brutto?" disse allora François, finalmente notando l'imbarazzo, il terrore negli occhi di Kevin. "La storia di Mike è brutta, eppure ce l'ha raccontata. Noi tutti, a parte Richard, abbiamo certe storie che farebbero arrossire chiunque. Credo che nessuno ti dirà mai che hai sbagliato in qualcosa." "François... aspetta... Kevin è spaventato" Manuel era così sensibile da indovinare certi imbarazzi "forse non se la sente di parlare..." "Oh Cristo... perdonami, fratello!" disse François, capendo finalmente. "No, no... non fa niente" fece Kevin a voce bassissima. "È solo che pensavo..." continuò François "insomma... che, per come siamo noi, e anche per quello che ha appena detto Richard, qualunque cosa ci sia accaduta o abbiamo fatto, non ha più nessuna importanza qua a Venture Island. Non importa più a nessuno!" "Lo so, François, hai ragione..." riuscì a dire Kevin, ancora tremante, stretto fra le braccia di Richard "ma non ne ho ancora parlato, neppure con lui! É una storia così brutta... e io mi vergogno tanto... anche solo a ricordarla." François gli si avvicinò, muovendosi piano. Fu un movimento lento, che sarebbe stato penoso se non fosse stato per la dignità con cui il ragazzo lo fece. Prese Kevin per le spalle, sciogliendolo dall'abbracciò di Richard e lo strinse a sé. "Ascoltami bene!" fece con la sua voce profonda "Quando l'avrai detto a lui che forse lo deve sapere, se ne avrai voglia, parlane anche a noi, perché certe cose si sopportano meglio se si è in due o tre a conoscerle. E noi siamo nove in tutto. Capisci?" E Richard vide Kevin scoppiare a piangere, abbracciato a François che lo consolava, ma non se ne dispiacque, perché François aveva appena detto una cosa bella e commovente. S'era fatto tardi, avevano pianto troppo e per il giorno dopo dovevano affrontare un compito difficile. Svegliarono Angelo e Joel e se ne andarono in silenzio a dormire, armeggiando per portare di sopra Tommy che si era addormentato tanto profondamente da non volerne sapere di svegliarsi. "Credi che dovrei raccontare tutto anche agli altri?" chiese Kevin un attimo prima che si addormentassero. Richard non aveva mai smesso di accarezzarlo, di consolarlo, ma non aveva neppure parlato. "Di noi due sei tu quello che ha più buon senso, ma credo che dovresti farlo, François ha ragione, non può che farti bene. Fra noi non possono esserci segreti, siamo troppo vicini per averne. Direi che ormai tutti siamo molto più che fidanzati uno con l'altro e fra alcuni ci sono dei legami più forti. Decidi tu, sono convinto che sarà sempre per il meglio." "Glielo dirò, hai ragione, amore mio. Ne parleremo prima noi due, però. Va bene? Buona notte adesso e speriamo di trovare Terry domani e di trovarlo sano, dentro e fuori. Lo spero proprio!" "Buona notte! Spero che Terry abbia il tuo coraggio!" 13 novembre 1950 Si mossero verso nord appena fece chiaro. Joel era sfebbrato e aveva un'aria talmente sana e riposata che cominciò a piangere e urlare quando Richard l'avvisò che, prima di partire, gli avrebbe fatto ugualmente un'altra iniezione di penicillina. E non valse spiegargli che un antibiotico doveva essere iniettato in più volte perché potesse avere effetto. Lui non voleva sentire ragioni, un'altra puntura non l'avrebbe accettata e basta. Finì che Richard gliela fece mentre Kevin, Manuel e Mike lo tenevano fermo. Angelo gli stava vicino, ma non riusciva trattenersi dal ridere, salvo poi correre a consolarlo non appena fu liberato dai suoi aguzzini. Lasciati i due alle cure delicate di François, tutti gli altri si mossero alla ricerca di Terry, sperando di trovarlo prima possibile. Quando era ancora con la sua famiglia, François era stato un fratello maggiore affettuoso e responsabile, sempre pronto a confortare i più piccoli. E se la vita l'aveva costretto ad abdicare dal suo ruolo, aveva conservato questa capacità. Nei momenti difficili vissuti in famiglia, le sorelline erano state tenute al riparo proprio dalla sua sollecitudine e dall'abilità che aveva nel distrarle. Adesso se ne stava sotto un albero e, mentre con un braccio teneva Joel, con l'altro grattava la spalla ad Angelo che si godeva quelle attenzioni. Quando gli altri erano partiti, stava cantando una canzone creola, fermandosi ad ogni verso per tradurlo con loro grande divertimento dei suoi ascoltatori. Quella mattina tutti e due erano frastornati, ma si erano arresi facilmente al calore e alla forza di volontà del loro momentaneo tutore, mentre cercavano di venire a patti con gli avvenimenti del giorno prima, con le ferite non solo fisiche e lo smarrimento che ne era seguito. Dei due Joel era certamente il più introverso ed era stata la vita a renderlo così taciturno, timido e perfino scostante. Anche a Venture Island era il più restio a manifestare i propri sentimenti, ma dal giorno prima non si era più staccato da Angelo e non smetteva di consolarlo, di accarezzarlo perfino di baciarlo, lasciandosi coccolare a sua volta. Agire così e accettare che Angelo lo facesse a lui, era una novità, perché pur partecipando sempre attivamente ai giochi di sesso dei suoi due amici, non aveva mai apprezzato le carezze e le moine che invece Terry e Angelo amavano tanto scambiarsi. Ora se ne stavano abbracciati, mentre François con molta cautela cercava di farli parlare, raccontare, se possibile razionalizzare, quella brutta storia e aiutarli a superarla. Richard gli aveva dato quell'incarico e lui intendeva assolverlo meglio che poteva. "Ti fa ancora male lì?" chiese ad Angelo. "Beh... si, forse mi brucia un poco" rispose Angelo, un poco sorpreso da quella domanda che era un po' troppo intima, anche per Venture Island "ma credo che non sia niente. Sai, è stato proprio come quando i miei fratelli mi facevano le stesse cose, solo che allora non lo doveva sapere nessuno e me la vedevo da solo, con il bruciore, il sangue e tutto il resto! E poi nessuno mi accarezzava e mi baciava, come state facendo voi." "Ma noi ti vogliamo bene, no?" fece Joel, d'istinto, quasi senza volerlo davvero. "Non so che farei, se non avessi te!" gli disse Angelo. "Ed io che farei senza di te?" chiese Joel, sorridendogli contento. Angelo si lanciò commosso verso di lui, travolgendolo in un abbraccio che mise a dura prova la gamba ricucita. "Beh... meglio così" disse François "allora non è una cosa così grave, no? "No...no!" convenne Angelo. "Forse ti farà un po' male fare la cacca per qualche giorno, ma poi tutto sparirà, no?" "Certo, ma non mi fa già più male, sai? Io... io non ci penso neanche più. Solo che ho tanta paura per Terry. Cosa credi che stia facendo adesso? Pensi che lo troveranno presto?" "Quello stronzo" buttò là Joel, anche se pareva poco convinto del suo stesso disprezzo. "Forse per un poco avrà pianto e si sarà disperato" disse François, cercando di immaginare e anche di spiegare "e credo anche che avrà fatto un sacco di brutti pensieri." "Avrà avuto paura stanotte" Angelo pareva sempre più preoccupato. "Si, ma lui è molto coraggioso. Adesso però credo che non abbia l'animo di tornare a stare con noi. Forse cercherà addirittura di nascondersi, ma vedrete che Richard lo troverà e riuscirà a convincerlo." "Mi dispiace, non so che gli è preso, ieri... forse è colpa mia..." "Eh no, Angelo, no!" intervenne subito François "Non è colpa tua, né forse sua. È andata così e basta!" "Perché dici così?" chiese Joel sempre più dubbioso "Quello gli ha fatto una cosa orribile. Lo ha... lo ha..." e non trovava la parola. "Vuoi dire che lo ha violentato? "Si!" "Beh... si è così!" "Ma non mi ha fatto male!" protestò Angelo "è solo che io mi sono spaventato, perché mi sono ricordato dei miei fratelli. E poi ho avuto più paura quando ho visto il taglio che ti sei fatto tu" spiegò "Oh... François, pensi che lo troveranno? Ho tanta paura!" "Si, vedrete che Richard lo riporterà e credo che voi due, se le scuse di Terry vi sembreranno sincere, ed io sono certo che lo saranno, dovreste perdonarlo." "Io non credo proprio!" insisté Joel, mentre Angelo se ne stava zitto e pensava e già faceva di si con la testa. A François parve che per il momento bastasse, così non insistette. Aveva seminato un po' di idee e aspettava che il buon cuore di Angelo desse i suoi frutti, convincendo anche Joel a mitigare la sua asprezza. Poi Joel strofinò la spalla abbronzata di Angelo e il suo abbraccio si fece più stretto. "Ti voglio bene" disse Angelo, felice per quella manifestazione d'affetto "e grazie per essermi amico." "Ehi.. non è ancora il momento delle coccole. Adesso fate i bravi bambini, lo zio François ha fame. Angelo, perché non vai a raccogliere un po' di frutta?" Joel volle seguirlo, nonostante dovesse fare molta attenzione alla sua gamba. François li guardò avventurarsi nella foresta, uno correndo, l'altro saltellante. Sorrise a se stesso, contento che i due fossero tornati così velocemente alla loro spensieratezza. Se ne vennero con le braccia cariche di frutti e li mangiarono fino a saziarsi. Avendo diligentemente usato il corpo di François come tavola per il pranzo, l'avevano completamente cosparso del succo di tutti i frutti raccolti. Fu necessaria un'escursione al laghetto, stando però attenti a non bagnare la gamba di Joel. Quest'ultima fatica, il caldo, il cibo e non ultimo l'intimo sollievo per il ritorno alla sicurezza e alla normalità, li rese irresistibilmente assonnati. François si prese Angelo in grembo, con il capo appoggiato sul suo petto e attirò a sé anche Joel che gli si accoccolò di lato. I piccoli scivolarono nel sonno, protetti da quelle braccia forti, al sicuro da tutto e soprattutto certi di essere amati. François ebbe il tempo di fare qualche altro pensiero, uno dei quali lo fece sorridere. Rifletté che era abbastanza singolare che avendo solo due anni più di quei due, riuscisse con tanta facilità fargli da padre, ci voleva davvero un talento speciale. Poi pensò che Richard faceva già da papà a tutti loro e anche a lui. Poi pensò a Mike, al suo amore e si crogiolò, appagato, a quel pensiero così dolce. C'era però un'idea che da qualche giorno l'assillava e che tornò anche in quel momento di serenità, era l'idea che una mattina alzandosi, e poteva accadere, ci fosse un'imbarcazione ormeggiata nella laguna e loro sentissero delle voci sconosciute avvicinarsi alla casa. Che avrebbero fatto? Era una specie di incubo, che tornava spesso, ad occhi aperti o chiusi. Il sogno proseguiva, lui prendeva la mano di Mike e correvano verso il folto della foresta, fermandosi solo quando fossero stati certi che nessuno li inseguisse. Lo facevano per mettersi in salvo da tutto e da tutti, chiunque essi fossero. Era una possibilità molto lontana, ma era pur sempre una possibilità e quei pensieri l'inquietavano. Finì per addormentarsi anche lui, cullando i piccoli, baciandoli ogni tanto sul capo, ascoltandone il respiro regolare, accarezzandogli le spalle. Si addormentò e sognò, un po' più tranquillo, perché era quasi certo che nulla avrebbe turbato la pace di Venture Island, almeno per quel giorno. Richard e gli altri avevano seguito le indicazioni di Joel e Angelo per raggiungere la zona dove poteva trovarsi Terry. Trovarono con qualche difficoltà il varco nella vegetazione che gli era stato descritto e lasciarono la spiaggia. Tommy andava avanti, guardato a vista da Manuel che aveva a malincuore acconsentito a non tenerlo per mano, visto che spesso dovevano procedere in fila indiana. Kevin, Richard e Mike li seguivano. Hook giocherellava dietro a tutti, poi, ogni tanto, come colto da un'ispirazione, correva in testa alla fila, dava una leccata a Tommy e precedeva tutti per un poco. Almeno fino al momento in cui qualcosa lo distraeva da quel compito. Allora si fermava e loro lo sorpassavano. Attraversarono le paludi che brulicavano di insetti e, come aveva previsto Richard, anche di zanzare che forse erano veicoli della malaria. Proprio per evitare di esporli più del necessario a pericoli di punture, aveva insistito perché tutti indossassero pantaloni lunghi, camicie e cappelli che li coprissero il più possibile. Nell'aria calda e immota potevano sentire soltanto il canto degli uccelli e il ronzio degli insetti, ma, a dispetto della vegetazione rigogliosa e della luce del sole, man mano che si allontanavano dalla costa, il posto aveva assunto un'aria desolata. I ragazzi stavano vicini fra loro e parlavano pochissimo, perfino Hook e Tommy avevano perso il loro entusiasmo e parevano soggiogati dall'ambiente. Trovarono le tracce del passaggio degli altri il giorno prima, nel sottobosco c'erano i segni della vegetazione tagliata. Poi, subito più a monte delle paludi, giunsero ad una radura. "C'è Terry!" urlò Tommy indicando una figura stesa per terra in posizione fetale, assolutamente immobile. Per un riflesso del sole che colpì il metallo, Richard vide con orrore il machete per terra, proprio davanti al ragazzo. Tommy stava per lanciarsi correndo, quando Manuel l'afferrò per un braccio, tenendolo fermo. Hook era già là, ma pur scodinzolando contento non si avvicinava al ragazzo. "Tommy, stai qua con Manuel, mentre noi andiamo a vedere come sta Terry" disse Richard con fermezza. Con un terribile presentimento corsero dall'altra parte della radura, verso Terry che ancora non mostrava alcun segno di vita. La superficie di metallo del machete brillava sinistramente al sole che la colpiva. È pulita, pensò Richard, Terry è vivo. Quando gli arrivarono più vicini, videro che non era proprio immobile, ma faceva piccoli respiri agitati. Teneva gli occhi aperti, iniettati di sangue, febbricitanti, ma, grazie al cielo, vivi. Aveva le gambe piene di raschi e imbrattate di fango secco, la spalla e le braccia erano segnato di graffi e di sporco, le ginocchia sbucciate, un taglio, che per fortuna non aveva bisogno di punti, su un polpaccio, i pantaloncini strappati. Quando si accorse di loro, si portò le mani alla faccia. "Che siete venuti a fare?" chiese con voce roca "Non voglio più vivere, non me lo merito" e cominciò a piangere "che devo fare?" Richard si inginocchiò accanto e gli mise una mano sulla spalla. "Guardami, Terry!" gli disse con voce dolce. "No... non posso..." Richard l'accarezzò: "Ti prego, Terry!" E lui, esitante, tremando spostò le mani e liberò gli occhi arrossati, sul viso aveva una smorfia e Richard pensò che se era la vergogna avesse avuto un volto, una maschera, sarebbe stata come la faccia stravolta di Terry. "Sei nostro fratello" gli disse Richard "e qualunque cosa tu abbia fatto, continueremo a volerti bene. E non scordarti che anche noi abbiamo bisogno di te!" "E Angelo? Come sta? E Joel?" chiese riuscendo a stento ad articolare le parole, ma scoppiando a piangere nel pronunciare il nome dei suoi innamorati. "Adesso stanno meglio, ma tu gli hai fatto molto male" disse Richard "e tutti e due non hanno certo bisogno di saperti da solo nella foresta, in queste condizioni. Angelo è molto preoccupato per te! Capisci quello che ti sto dicendo?" "Si, lo capisco, papà, Richard, io... io lo amo, ma come faccio a guardarlo in faccia un'altra volta? Lui..." fece Terry disperato " e Joel poi... mi odierà per sempre!" "Se davvero vuoi bene ad Angelo e a Joel, devi trovare il coraggio di affrontarli. Devi cercare di convincer Angelo che quello che è accaduto è stato un errore terribile e che lui non c'entra. Devi fargli capire che non è stata colpa sua in nessun modo. Lui ha bisogno che tu lo rassicuri, occorre che tu faccia questo per lui. Gli devi molto e hai delle responsabilità, non puoi lasciarlo così. E anche Joel..." "Va bene... ma come farò?" "Ti aiuteremo noi." Dall'altra parte della radura, Tommy era riuscito a liberarsi della stretta di Manuel, era corso verso Terry e gli aveva gettato le braccia al collo. "Come stai, fratellino? Ero così spaventato per te" disse Tommy e gli piantò un bacio sulla guancia sporca di terra e rigata di lacrime. Finalmente Terry sorrise, restituì l'abbraccio e il bacio a Tommy. "Sto bene... insomma... grazie per esserti preoccupato per me!" Kevin gli tese la mano e l'aiutò ad alzarsi: "Vieni, andiamo a casa!" gli disse abbracciandolo. Anche Mike e Manuel l'abbracciarono. "Ehi... ma tu puzzi..." disse Mike chiudendosi scherzosamente il naso con le dita "niente più abbracci finché non ti sarai lavato!" Anche Hook volle dimostrargli quanto fosse contento, saltandogli addosso e leccandolo ovunque. Finalmente presero la via di casa, all'inizio si sentivano euforici e soprattutto tranquillizzati dall'averlo ritrovato sano e salvo, almeno nel corpo. Risero e chiacchierarono, camminando velocemente. Avvicinandosi al campo, però, Terry divenne prima silenzioso e poi apertamente nervoso. Aveva paura di affrontare Joel e Angelo, anche se desiderava davvero rivederli. Gli altri ragazzi avevano percepito il suo umore e istintivamente si erano adeguati, anche se non potevano prevedere quale sarebbe stata la reazione dei due o dello stesso Terry. Il sole era ancora molto alto quando arrivarono al mare. La sabbia calda e il rumore delle onde gli annunciavano che erano vicini a casa. Percorsero la spiaggia in fila indiana, anche se c'era ormai spazio per camminare come volevano. Hook li precedeva correndo felice avanti e indietro. Era un cane vissuto sempre a bordo della Venture e gli spazi conquistati da qualche mese su Venture Island, dovevano parergli qualcosa di molto simile al paradiso dei cani. Terry dovette sforzarsi per imboccare il sentiero che dalla spiaggia portava alla casa. Quei posti così familiari gli stavano dando un'angoscia impensabile, cominciò a tremare. Richard se ne accorse e gli mise un braccio sulla spalla. "Coraggio, fratello" mormorò e camminarono così fino alle Tommy's Falls. François, Joel e Angelo erano in riva al lago, quando sentirono le voci avvicinarsi dalla spiaggia. Poi scorsero Hook correre verso di loro. "L'abbiamo trovato!" urlò Tommy affannato, cercando di sovrastare il rumore della cascata e l'abbaiare gioioso del cane "L'abbiamo trovato, sta bene!" "Fantastico!" gridò François. Angelo gli schiacciò la faccia contro la spalla e Joel saltò in piedi, come se fosse stato provocato da qualcuno. Il suo volto esprimeva una rabbia assolutamente inattesa. "Stai buono, Joel" l'ammonì François con voce tranquilla. "Vorrei fargli male" replicò agguerrito "tutto il male che ha fatto ad Angelo, ma non so se lo voglio davvero!" e ricadde in ginocchio tremante, sforzando un'altra volta i punti che aveva sulla coscia "Ahi!" urlò, infatti, di dolore e di rabbia. Apparve Manuel, seguito da Richard con Terry, dietro c'erano Kevin e Mike. Terry vide Angelo con la faccia affondata nel petto di François e Joel che lo fissava accigliato e con i pugni chiusi. Non sapeva cosa dire o cosa fare, desiderava solo scomparire, che la terra si aprisse e lo inghiottisse. "Terry stai qua, non muoverti" gli disse Richard e lo lasciò al limite della radura fra le braccia di Kevin, poi andò verso i tre, sorrise a François, diede un abbraccio veloce a Joel e poi si inginocchiò accanto ad Angelo. L'accarezzò sulla spalla. "Angelo, voglio solo che mi ascolti. Va bene?" Il ragazzo sollevò lentamente la faccia dalla spalla di François. Aveva gli occhi rossi da cui era già scesa qualche lacrima. Richard gliel'asciugò, accarezzandolo. "Terry vorrebbe parlarti, ma lo farà solo se tu vuoi e se ti senti pronto. Puoi ascoltarlo ora, oppure vuoi aspettare?" "Possiamo aspettare fino a domani? Solo fino a domani, papà, per favore. Io... io non credo di poterlo fare ora." "Certo, piccolo. Certo che puoi aspettare. Vedi, Angelo, Terry non può tornare davvero con noi finché non vi parlate e lui spiega tutto a te e anche a Joel, naturalmente. Credo che debba convincerti che con lui non correrai più alcun rischio, perché adesso ha capito quanto e come ha sbagliato. Ce la metterà tutta, io so che lo farà, ne sono certo, comunque, io e tutti gli altri staremo ugualmente attenti e vi saremo vicini." "E lui come sta adesso? Che gli succederà?" chiese Angelo, improvvisamente preoccupato. "Adesso sta bene, anche se ha passato una brutta nottata, ma niente che non potesse affrontare, credo. E nessuno vuole fargli del male" lo assicurò Richard "nessuno lo potrebbe giudicare peggio di come sta già facendo lui con se stesso. E se anche voi lo perdonerete, torneremo ad essere sereni, proprio com'eravamo prima." "Ma... dormirà con noi, sopra, nella casa?" chiese Joel. Richard ci pensò su un momento: "No, non credo che possa, almeno per stanotte e finché non sapremo che avete appianato tutto fra voi. Finché non sarà accaduto, lui dormirà qua sotto." "Da solo? No, non voglio che gli accada qualcosa" fece Angelo spaventato. "Abbiamo dormito quaggiù, fino a che non abbiamo costruito la casa e non ci è mai accaduto nulla. Potrà usare una delle amache" replicò Richard "non preoccuparti per lui. Va bene?" Poi l'accarezzò, lo baciò sulla guancia e si alzò per tornare dagli altri. "Terry, Angelo non se la sente di parlare con te per oggi, ma sono certo che lo farà domani. Fino ad allora, credo che tu non possa dormire nella casa. Credo che non sarebbe giusto che lo facessi." "Si, si, hai ragione, Richard... papà... tu non devi spiegarmi niente. È giusto così!" disse guardando per terra "Devo guadagnarmi il mio ritorno tra voi, non è vero?" "Si, forse è proprio così, ma io ti aiuterò" fece Richard. Vedeva la sofferenza e la rassegnazione negli occhi di Terry e sentì dolergli il cuore, ma pensò anche che quell'esperienza sarebbe stata utile, forse avrebbero riavuto un Terry molto diverso e ne avrebbero certamente tratto tutti giovamento. Insieme se ne andarono al laghetto dove gli altri stavano già sguazzando con l'usuale esuberanza. Joel e Angelo se ne stettero per conto loro, vicini alla riva, perché Joel non poteva bagnarsi. Terry seguì Richard che proprio per questo andò a mettersi dalla parte opposta del lago. Per tutto il tempo cercò di nascondersi dietro di lui. "Potrei... posso continuare a chiamarti papà, Richard?" gli chiese dopo un poco. "Si che puoi. Certo, perché non dovresti?" Terry fece spallucce e cercò di non ricominciare a piangere. Dall'altra parte Joel lavava e accarezzava Angelo con una tenerezza insolita, facendo felice il compagno, poi Angelo cercò di pulirgli la ferita. Non parlarono, non si dissero nulla, ma non smisero di sorridersi. Alla fine del bagno entrambi erano un po' più rilassati e perfino di buon umore, ma soprattutto parve chiaro a tutti che avevano raggiunto un livello nuovo di intimità e di mutua attenzione. Ogni tanto, però, alzavano lo sguardo e cercavano Terry con gli occhi. Non l'avevano certamente dimenticato, ma quello che era successo era troppo brutto per poterlo scordare con facilità. Richard li osservava tutti e con molta attenzione. Capì che ci sarebbe voluto un po' di tempo per sanare le ferite e che stavano anche accadendo dei fatti nuovi. Neppure a Terry era sfuggito che adesso Joel e Angelo si guardavano come se fossero innamorati. Cercò allora di correre ai ripari, prima che il ragazzo gli scoppiasse a piangere proprio là. "Capitano!" era il soprannome di Terry da quando comandava il peschereccio, cioè la lancia della Venture che rastrellava la laguna con battute di pesca sempre più abbondanti "François ha bisogno di pesce per stasera! Che ne dici, sei stanco? Hai voglia di uscire a pescare?" "Certo... si. Davvero vuoi che torni a farlo io?" "E chi credi che debba andarci?" "Grazie, papà... Richard... no, papà!" "Posso venire con te ed aiutarti?" "Oh, si sarebbe bellissimo... ti prego, vieni!" "OK allora, facciamo in fretta! Fra un po' il sole tramonterà." "Ehi... è il mio turno... vengo anch'io!" urlò Tommy, correndo dietro di loro, ma già Manuel l'aveva preso per un braccio e gli stava spiegando che non poteva proprio muoversi dal campo in quel momento e che avrebbe recuperato il suo turno, cambiandolo con quello di Richard il giorno successivo. Spinsero in mare la lancia e remarono fino al centro della laguna. Più a riva l'acqua era trasparente e di un colore verde che dopo pochi metri diventava di un blu così intenso e compatto che intimoriva chi lo fissava. Quella almeno era la sensazione che tutta la laguna faceva a Richard al calare del sole. Durante il giorno, con il sole alto nel cielo quel blu era turchese, d'una trasparenza cristallina, ma al crepuscolo tutto diventava tanto cupo da disorientare. Gettarono la rete e attesero poco, perché vi restassero impigliate alcune decine di pesci grossi e sicuramente saporiti. Terry la tirò abilmente a bordo e, aiutato da Richard, cominciò a liberare i pesci più piccoli, tenendo solo quelli che avrebbero usato per il pasto della sera. "Terry, stanotte ho avuto tanta paura per te e adesso sono contento che tu sia tornato." "Non quanto sono felice io, papà!" Terry, con la voce emozionata "io... io pensavo che non mi voleste un'altra volta con voi, poi sei venuto a cercarmi... e... Richard... però... io non me lo merito!" "Io ho fiducia in te, Terry!" "Ma ho fatto una cosa orribile ad Angelo!" si disperò "È una cosa che... che... se qualcuno l'avesse fatta a me... io l'avrei ammazzato!" Lasciò cadere i pesci che teneva in mano e si accasciò sconsolato sul fondo della barca, cominciando a singhiozzare. "No, Terry, non piangere, ascoltami, aspetta..." "Mi vergogno tanto... con te, con tutti!" "Ehi..." gli accarezzò la spalla "basta piangere, basta adesso, anche a vergognarsi e tutto il resto... basta!" "Si, Richard... papà, tu sei buono con me... ma... io... io non ci capisco più niente! Non so più che fare..." "Forse è accaduto, perché tu sei cambiato, Terry. Sei cambiato tu ed è cambiato tutto quello che ti circonda, è diverso il tuo corpo e anche i tuoi sentimenti in questi mesi stanno diventando un'altra cosa, rispetto a prima, rispetto a quello che credevi di sapere, di sentire. È come se tu fossi diventato un'altra persona." Adesso il ragazzo lo guardava stupito. Si era finalmente acquietato ed era anche molto interessato dalle parole di Richard. "Attorno a te nell'ultimo anno è cambiato proprio tutto, tua madre se n'è andata e sei finito in un orfanotrofio, che è un posto orribile, povero piccolo. Hai tutte le ragioni per essere frastornato. E poi c'è stato il viaggio sulla Venture, abbiamo fatto naufragio, sono morte persone che conoscevamo ed amavamo. Il capitano Mendes... tu gli volevi bene, no?" Terry gli stava facendo di si con la testa, ma era come ipnotizzato da quelle parole che forse rappresentavano una spiegazione, una prima risposta al suo smarrimento. "Tu hai fatto amicizie nuove, hai conosciuto noi e credo che la tua vita qua sia diventata molto speciale, perché hai trovato Angelo e Joel, no?" Era tutto vero, era proprio così, Terry non credeva alle proprie orecchie, pareva che Richard gli avesse aperto la testa e stesse dipanando il groviglio che c'era dentro, leggendo i suoi pensieri, anche quelli che non capiva e gli stava pure guardando nel cuore, risolvendo le difficoltà e i problemi che lo soffocavano. Quel papà, l'unico che conoscesse, era davvero speciale. "In mezzo a tutti questi avvenimenti, tu stai diventando un uomo. Quando la tua vita ha cominciato a cambiare, con la morte di tua madre, eri poco più di un bambino, adesso sei grande, quasi fisicamente adulto. Ce ne sono state novità, eh?" Richard si spostò un poco, avvicinandosi al ragazzo per mettergli un braccio sulle spalle e attirarlo a sé, stando però attento a non schiacciare i pesci che erano ancora nella rete e a non capovolgere la barca. L'acqua s'era fatta di un blu ancora più scuro ed ora gli faceva paura, perché anche il cielo stava cambiando colore e presto sarebbe stato buio, ma aveva ancora qualcosa da dire per ricostruire quello che si era spezzato, per aiutare il ragazzo. "Ehi, Terry" lo scosse dolcemente, sempre abbracciandolo "se alla fine ti sei un poco perso e non ci capisci più nulla e credi che qualcosa non funzioni più come dovrebbe, non devi disperarti. Non sto cercando di giustificarti, perché quello che hai fatto forse non si può scusare, però si può spiegare... ed io ci sto provando, ma tu devi aiutarmi. Va bene?" Gli fece di si con la testa, sempre più interessato. "Ti chiedo solo una cosa: ora devi fare in modo che Angelo e Joel possano perdonarti." "Ma come posso fare, se ho paura di guardarlo, anche d'avvicinarmi a lui? E anche a Joel, hai visto come mi guarda? E poi mi vergogno a stare con voi e con te soprattutto. Tu sei così buono, papà" e riprese a piangere, perché gli era scappato di chiamarlo così e riprendersi una simile confidenza gli parve insopportabile. "Non sono così buono come credi, Terry, io... beh, non sono certo di quello che avrei fatto se fossi stato al tuo posto! Ci credi se ti dico questo?" Terry, fra le lacrime, lo guardò senza capire. "Adesso provo a spiegarti una cosa. È da ieri che ci penso e credo che sia così. Tu ti sei innamorato di Angelo e lo hai desiderato, più di quanto ami e desideri Joel, vero? E ti sei anche convinto di voler assolutamente fare l'amore con lui. Il fatto che siamo qua a Venture Island, da soli, che tu veda spesso me e Kevin, Mike e François, che facciamo l'amore davanti a voi, forse ti ha fatto arrivare ad una conclusione un poco affrettata e perciò hai capito, hai deciso da solo, che non potevi più aspettare. Ma Angelo non voleva fare l'amore con te, non ancora, e poi c'era Joel che sta con voi e che vuole bene a tutti e due. Io credo che Angelo ti abbia seguito, perché ti vuole bene, ma poi, quando ha capito quello che volevi da lui, si e messo a piangere e tu... tu non ti sei fermato..." "Richard..." ora Terry era davvero disperato e tremava "ti prego..." "Ascoltami, Terry" insisté Richard "quello che voglio dirti è che credo che forse io mi sarei fermato, davanti alle lacrime di Angelo, ma non ne sono affatto certo, perciò è possibile che anch'io, trovandomi nella tua stessa situazione, gli avrei fatto del male. Capisci adesso quello che voglio dirti? Insomma... non sono affatto certo di come mi sarei comportato io al tuo posto!" "Forse ho capito... adesso si..." fece finalmente Terry che, oltre ad essere un bravo ragazzo, era anche intelligente e perspicace. "Hai fatto una cosa cattiva, orribile e dovrai farti perdonare in tutti i modi da Angelo e da Joel. In un certo senso hai tradito la loro fiducia e adesso ti aspettano momenti difficili, ma noi ti aiuteremo. Però, a tua parziale giustificazione, posso dire che non sapevi una cosa: non potevi immaginare che i traumi subiti da Angelo fossero così gravi da procurargli quella reazione. Tu sapevi di quello che gli facevano i fratelli?" "Si, ne avevamo parlato, ma io non immaginavo che... che con me lui potesse ricordarsi di quelle cose dei fratelli, io... io non gli ho fatto male! Non volevo fargli male..." "Lo so, piccolo, l'immagino e anche Angelo lo sa, però l'hai riportato indietro e gli hai fatto rivivere proprio quei momenti, solo perché gli stavi facendo le stesse cose!" "No, Richard, ti giuro... no, io pensavo che potessimo fare l'amore. Insomma, io lo facevo con amore, non come i suoi fratelli. Oh, dio, non ci ho pensato. Che... come mi dispiace... come mi dispiace!" piangeva e si disperava un'altra volta "io... io in quei momenti pensavo soltanto a quanto gli voglio bene... gli volevo... adesso non posso più, è vero? Non potrò mai più volergli bene! Ma volevo soltanto fare l'amore con lui..." "Lo so, Terry, io lo so, l'ho capito ed è per questo che continuo ad aver fiducia in te. Adesso puoi solo farti perdonare. Spiegaglielo, anche se Angelo lo sa già che tu gli vuoi bene e anche Joel lo sa. Loro due non chiedono altro che di poter capire e di perdonarti. Senti... io so che loro ti vogliono bene come prima." "Se pensi che sia cosi, farò tutto quello che vuoi, ma credo che dovrò farmi perdonare anche da voi. Siete la mia famiglia, i migliori amici che abbia mai avuto, siete i miei fratelli ed io vi ho ripagati così!" "Ehi... sei nostro fratello, l'hai detto tu stesso... ed ora lo sei anche di più! E questo basta per tutto. Va bene?" "Grazie per avermi dato questa possibilità, Richard." "Te l'ho detto, Terry, ho fiducia in te e sono sicuro che non accadrà mai più!" "Non sbaglierò un'altra volta!" "Ne sono certo, ma adesso diamoci da fare, perché è quasi buio!" Scelsero velocemente i pesci e, mentre tiravano in secca la barca, l'oscurità calò sulla laguna. Tornarono in fretta al campo, dove François li aspettava impaziente. Pulì velocemente i pesci, bestemmiando nella sua lingua incomprensibile, perché non ci vedeva quasi più. Per giunta Joel non poteva aiutarlo a causa della sua gamba. Riuscì comunque ad arrostire i pesci sul fuoco che Mike aveva alimentato pazientemente e che già ardeva al centro del campo, mentre gli altri si cambiavano per la cena. La cena era saporita, proprio come prometteva il suo aspetto, perciò, nonostante tutti i pensieri che occupavano le loro menti, mangiarono serenamente e con il solito appetito. Si sentirono sicuri, seduti attorno al fuoco, uno fra braccia dell'altro. Tommy, rannicchiato nel grembo di Manuel, Mike e François seduti vicini e stretti in un abbraccio, il capo di Angelo posato sulla spalla di Joel. "Terry, sono contento che tu sia tornato" disse Richard, poi lo ripeté e a voce abbastanza alta per essere udito "Sono contento che Terry sia tornato con noi." Il ragazzo se ne stava seduto fra lui e Kevin, a testa bassa. "Ho detto a Terry" fece Richard, attirando il ragazzo a sé e mettendogli il braccio sulle spalle "che lui resta sempre nostro fratello e che lo vogliamo con noi. Quando Angelo sentirà di poterlo fare, loro due si parleranno e si spiegheranno, se è possibile. E anche Joel, sempre se lo vorrà. Tocca a te adesso, Terry." "Voglio solo dirvi grazie, ragazzi" fece Terry, continuando a guardare per terra "per quello che avete fatto. So che non me lo merito, ma voglio dire a tutti una cosa: prometto che non sbaglierò un'altra volta!" "Perché no? Come lo sai?" chiese Mike. Terry abbassò gli occhi ancora di più, guardò il terreno, il fuoco, poi si voltò verso Richard che con gli occhi l'incoraggiò a spiegarsi, a parlare. Raccolse le idee, perché era difficile riuscire a dire quelle cose. "Perché adesso so che, se non mi controllo, posso fare male alle persone che amo. E se voglio bene a qualcuno devo anche rispettarlo e non soltanto usarlo per il mio piacere. Anche se io sono attratto da lui, questo non mi dà il diritto di non ascoltarlo quando mi dice di no, anche se io lo amo" terminò piangendo, mentre Richard continuava ad accarezzarlo. Le lacrime fra loro erano frequenti, anche se negli ultimi tempi avevano pianto molto meno, non essendocene stato più motivo. Quelle di Terry, quindi, non turbarono i ragazzi, anche se erano fra le più sofferte che avessero mai visto, così sofferte che neppure la tenerezza e le attenzioni anche di Kevin e poi di Manuel e Tommy, riuscirono a consolarlo. Mike parve convinto da quella spiegazione e, mentre Terry parlava, fece più volte di si con la testa. François fu colpito dall'equilibrio, dalla maturità raggiunta dal ragazzo, oltre che dalle sue lacrime. E François aveva un motivo in più per credergli. "Io penso che Terry sia sincero" disse "io lo conosco da qualche mese, proprio come voi, ma so più di voi che è un ragazzo in gamba, perché lui mi ha salvato la vita e questa mi sembra una cosa seria. Posso solo dire che... insomma... io penso che, se tieni a galla e ti trascini dietro per quasi un'ora uno che non nuota perché ha una gamba rotta ed è più pesante di te, rischiando anche tu di morire annegato, oppure sfracellato sugli scogli, allora vuol dire che sei un eroe!" "Grazie, François!" mormorò Terry imbarazzato. "Voglio dirti un'altra cosa, fratello" continuò François che non aveva ancora concluso il suo ragionamento "io credo che uno come te, che ha rischiato la vita per me e che l'ha salvata anche a Joel... per farla breve, credo che tu non potrai mai essere un vigliacco, anche se per una volta hai fatto lo stronzo e hai commesso un'azione spregevole, della quale devi comunque continuare a vergognarti. Se adesso però ci dici che sei pentito, io ti credo. Io ti credo, Terry, perché so che non lo farai mai più!" "Grazie!" ripeté sempre più commosso. Rimasero tutti in silenzio, perfino Tommy che stava già addormentandosi, poi fu Richard a parlare. "François ha ragione. Sono d'accordo con lui e vorrei dirvi una cosa anch'io. Fra noi facciamo le cose di sesso senza preoccuparci, dando per scontato che siamo tutti d'accordo e questo mi fa piacere, perché vuol dire che abbiamo raggiunto la maturità per accettare le scelte degli altri anche su una questione delicata come questa. E sono contento anche perché questo ci rende tutti più felici, ma quello che facciamo crea un'energia molto potente che può farci bene, ma anche danneggiarci. Specialmente per ragazzi della nostra età. È una forza che, se usata male, libera sentimenti pericolosi e distruttivi. Dobbiamo temerla, perché quella forza, se non ci fosse amore o rispetto reciproco, diventerebbe un abuso!" "Che vuole dire che è un... un abuso?" chiese Tommy che, svegliatosi all'inizio del discorso di Richard, non se n'era perso una parola, ma non ne aveva capito tutto il senso. "È quando qualcuno non pensa ai desideri e ai sentimenti di un'altra persona, ma solo a quello che può prendersi da quella persona" spiegò Kevin. "È quello che i miei fratelli facevano a me!" disse Angelo senza scomporsi. Sul campo cadde un silenzio imbarazzato. "Qua non accadrà più, Angelo, non temere" disse Richard perentorio "perché staremo tutti più attenti e soprattutto ne parleremo sempre fra noi." Colse sguardi convinti, ma anche piuttosto assonnati. "Credo che ora abbiamo tutti un po' sonno. È stata una giornata faticosa. Che ne direste di andare a dormire?" Erano davvero tutti stanchi e nessuno protestò. Pregarono come al solito, poi Richard e Kevin aiutarono Terry a montare una delle amache, mentre Joel ed Angelo lo evitarono accuratamente, sebbene si sentissero molto a disagio nel farlo. Dopo che si fu sistemato, Richard e Kevin gli restarono accanto per un po'. "Come va?" "Abbastanza bene e... grazie per il coraggio che mi state dando." "Sono convinto che domani Angelo accetterà di parlarti. Pensi di farcela?" "Si, credo di si" disse Terry, cercando di ingoiare le lacrime, perché non era affatto certo di poter parlare ad Angelo, né domani, né mai. "Se hai bisogno di noi, sai dove trovarci" disse Kevin, prendendogli una mano e accarezzandola "e anche se dovessi avere paura a stare solo, chiamami. Va bene, piccolo?" "Cerca di dormire ora" e anche Richard l'accarezzò. "Grazie, fratelli, e non preoccupatevi per me! Io non ho paura di questo" e fece segno al buio che lo circondava "mi fa paura soltanto di poter restare da solo!" "Ti prometto che non ti sentirai mai solo" gli disse Richard di slancio "e tu sai che io cerco sempre di mantenere le mie promesse!" "Si, lo so. Ehi, papà, la sai una cosa ? Credo che... insomma, forse ti devo due volte la vita. La prima perché sei qua con noi, a Venture Island, perché senza di te non saremmo sopravvissuti, io lo so! E l'altra è per tutto quello che mi hai detto e per come mi stai aiutando adesso." "Oh, basta" fece Richard, come al solito imbarazzato dalle lodi "t'ho detto che è ora di dormire!" e si chinò a baciarlo sulle guance. Su in casa c'era silenzio e dormivano quasi tutti, ma Joel viveva qualche incertezza. Dal momento in cui l'aveva sottratto alla furia di Terry, aveva cercato di trovare un modo per aiutare Angelo a stare meglio, a sconfiggere la paura e, se possibile, a tornare allegro com'era prima. E quello era un pensiero assolutamente nuovo per lui che non si era mai preoccupato tanto dei sentimenti di un'altra persona. L'assenza di affetto patita durante l'infanzia gli rendeva difficile riconoscere e interpretare i sentimenti degli altri e per lui era ancora più laborioso esprimere apertamente le proprie emozioni. Aveva accettato Terry e Angelo come amici e se ne era lasciato coinvolgere, proteggere, fidandosi ciecamente e non immaginando che la loro amicizia, quel sodalizio che pareva indistruttibile, potesse finire tanto presto e in un modo così netto. Gli eventi degli ultimi giorni l'avevano spaventato, senza che riuscisse a comprenderli. Si era ritrovato molte volte in lacrime ed era stato vicino ad Angelo, attaccato a lui per proteggerlo, ma anche per lasciarsi aiutare. A parte Tommy che, avendo dodici anni, era il più piccolo d'età, lui era il meno sviluppato dei ragazzi. Ma negli ultimi mesi era cresciuto visibilmente, il suo corpo era cambiato, si era come riempito ed allungato e lui era fortemente consapevole di quei cambiamenti. I suoi ormoni di tredicenne avevano svolto proprio in quei mesi il loro lavoro. Ovviamente il cambiamento cui si era più interessato era quello che riguardava i suoi organi genitali. Ciò che prima era un'appendice pendula e poco interessante, era diventata in quei mesi una specie di creatura indipendente che talvolta lo metteva a disagio, mentre un primo ciuffo di peli era spuntato attorno al pube. La cosa più importante e memorabile, però, era che aveva cominciato a produrre il suo prezioso seme nel corso di quei fantastici giochi fatti con Terry e Angelo. Una volta, all'improvviso, anche lui si era bagnato e i suoi compari avevano salutato il fatto con tutta la solennità che gli era dovuta. Joel, che fino a qualche mese prima a mala pena considerava l'esistenza stessa del proprio corpo e ne curava la pulizia solo su precisa richiesta di chi gli stava accanto, aveva cominciato a controllare con molta più attenzione lo svilupparsi dei muscoli ed era seriamente preoccupato dell'odore che ormai si formava anche sotto le sue ascelle. Tutti questi cambiamenti l'avevano confuso, ma, potendo controllare sui compagni quegli stessi segni, era stato in grado di riconoscerli e di non lasciarsene impressionare eccessivamente. Quella notte, non appena furono soli, sul letto che avevano usato assieme a Terry, mise le braccia al collo di Angelo e l'attirò a sé. Non è che Angelo fosse più abituato di lui alle manifestazioni di affetto in genere, ma il carattere sensibile gliele faceva riconoscere ed apprezzare molto di più, perciò fu felice di ricambiare. Se ne stettero a guardarsi negli occhi. Joel sentiva forte il calore dell'altro corpo, la morbidezza della pelle, il pene schiacciato contro il suo. Fu allora che gli si riempirono gli occhi di lacrime e sentì un nodo alla gola, gli parve che il cuore prendesse fuoco nel petto. Cos'erano quelle sensazioni? Non pensava di perdere così facilmente il controllo di sé. Era abituato a restare sempre calmo, perché solo così riusciva ad evitare le botte dello zio, a risparmiare qualche frustata. Eppure pianse. "Angelo, stai bene? Davvero stai bene?" sussurrò con voce tremante. "Ehi, fratellino, io sto bene, ma tu stai piangendo!" fece Angelo, felice, infinitamente felice di essere l'oggetto di quell'attenzione così particolare "Perché? Perché piangi adesso? C'è qualcosa che non va?" Joel fece un respiro profondo, ingoiò a vuoto, poi finalmente riuscì a parlare, sebbene le lacrime continuassero a scendergli sulle guance. "Sono ancora spaventato, se penso a quello che ci è accaduto. È stato così brutto per te ed io non so cosa avrei potuto fare senza di te se... se..." e ricominciò a piangere. Angelo gli strofinò la spalla, lo baciò sulle guance, sugli occhi, sul collo. Gli prese le mani e gliele accarezzò, poi gli fece posare il capo sulla sua spalla. Toccava a lui consolarlo adesso e non è che ne sapesse tanto di più di come si conforta un'altra persona, cui si vuole tanto bene. "Io credo che oggi tu sia stato così carino che non so come avrei fatto ad andare avanti e a stare senza di te. Tu sei il mio migliore amico e non ho alcuna intenzione di lasciarti, mai, mai..." lo strinse di più, stando sempre attento a non toccargli la gamba ferita. "E lo so che mi ami, anche se non me lo dici mai!" aggiunse dopo un po', per un pensiero che gli era giunto proprio da lontano. "Ehi, Angelo... mi sembra... a me pare che tutto sia così strano. Io... io non mi ero mai sentito così" cercò di spiegare "e ogni volta che ti vedevo star male, non lo so... ma credevo di stare male anch'io, mi veniva da piangere, proprio come a te. Davvero! E volevo fare qualcosa, qualunque cosa pur di farti stare meglio. Perché io... io credo... è vero! Ti amo, insomma, Angelo... e voglio starti sempre vicino e voglio prendermi cura di te." Piangeva, con la faccia affondata nella spalla di Angelo, parlandogli così. Dentro di lui si era rotta una diga, aperto uno varco e gli si era rivelato il grigiore della sua vita passata, fatta di anni tristi. Ora quelle lacrime lo stavano purificando. "Va tutto bene, fratellino" gli diceva Angelo, accarezzandogli i capelli "va tutto bene adesso, per me e per te, non è vero? Anch'io voglio prendermi cura di te" gli sussurrò, baciandolo sul collo, passandogli le dita sulla gamba ferita, attento a sfiorarla soltanto, dandogli e prendendosi un brivido che corse da uno all'altro. Poi continuarono così, uno a piangere e Angelo a consolarlo, ma anche lui commosso dal turbamento del compagno, finché Joel lentamente si calmò, avvolto, protetto dall'abbraccio di Angelo, dal suo corpo caldo, anche dal suo odore. Era la prima volta che lo notava: l'odore di Angelo era meraviglioso. E Angelo lo tenne stretto a sé, custodendolo come fosse un tesoro, infinitamente prezioso. Su quella felicità, però, c'era un'ombra, il pensiero di Terry, da solo, là sotto, abbandonato nel buio spaventoso della foresta. Anche se a pochi metri da loro, quel fratello così amato doveva sentirsi terribilmente solo e forse stava piangendo. Fu così che Angelo capì una cosa importante, nonostante tutto quello che era accaduto, nonostante l'amore di Joel, in quel momento gli mancava terribilmente l'abbraccio forte e rassicurante di Terry, almeno quanto forse mancava a Terry che l'amava disperatamente. Nel letto più sotto Manuel e Tommy si erano addormentati immediatamente, come sempre abbracciati stretti, accanto a loro Richard stava baciando Kevin in quel modo speciale che aveva un solo significato, perché stavano preparandosi a fare l'amore. Sentirono Joel e Angelo, colsero qualche parola della loro conversazione sussurrata. Si fermarono e attesero, in silenzio, ascoltando, non temendo di essere indiscreti, ma solo preoccupati dei sentimenti dei due ragazzi. Quando capirono che Joel stava piangendo, Richard spostò le sue labbra da quelle di Kevin, dov'erano posate, e gli sussurrò in un orecchio: "Non li possiamo aiutare, vero?" "No! Devono farlo da soli" mormorò Kevin, tornando a cercare le labbra dell'innamorato. Poi fu facile perdersi negli abbracci, nei baci, nella dolcezza dell'amplesso, lasciarsi andare, scivolando nella dimensione in cui tutto è nel corpo dell'innamorato ed egli stesso è tutto. Quando tornarono alla realtà, allo spazio e al tempo in cui erano davvero, dopo essersi amati, nel letto di sopra i due ragazzi dormivano acquietati e l'unico suono che giungeva era il respiro sereno e unisono. "Avevi ragione" sussurrò e Kevin sorrise felice, aggiustandosi meglio fra le sue braccia, addormentandosi anche lui. Richard lo sentì assopirsi, finalmente sereno e gli tornò in mente di una mattina sulla Venture, quando stavano entrando nel porto di Honolulu. Uno degli assistenti, proprio il poco simpatico Danson, indicando Kevin, aveva detto, sorridendo ambiguamente: "Stai attento a quello là, è pericoloso!" Lui s'era voltato sorpreso, per chiedere spiegazioni, ma in quel momento un po' tutti avevano cominciato a gridare, perché erano apparsi i resti della corazzata Arizona, che affioravano nella rada di Pearl Harbour e lui non aveva avuto modo di sapere cosa intendesse l'uomo con quell'insinuazione. L'emozione di vedere finalmente il luogo dell'attacco giapponese, gli aveva fatto scordare completamente l'episodio. Adesso che gli era tornato in mente, guardò il volto sereno ed innocente di Kevin, l'immaginò nel buio, e decise di scordare un'altra volta quella storia, quale che fosse. Nel mezzo della notte Angelo si svegliò, perché sentiva qualcosa di morbido e umido muoversi sul petto. Dopo un attimo di smarrimento, nella luce tenue e opalina di luna nascente, intravide la testa di Joel fare piccoli movimenti e dedusse che quel senso di pressione calda e bagnata fosse dovuto alla bocca del suo compagno. Poi si accorse che anche nel sonno il suo pene era eretto. Questo era normale, ma quel pensiero gli procurò il solito brivido di piacere. "Che fai, Jo?" mormorò assonnato. "Sto cercando di farti sentire meglio di quanto tu non sia mai stato" mormorò Joel, alzando la testa per un momento. "Ehi, non devi. Tu mi fai sentire meglio, solo standomi accanto" disse lui e si piegò a baciarlo fra i capelli. Lentamente Joel, leccando e baciando, scese lungo il petto, godendosi il calore, il profumo e il gusto della sua pelle. Gli baciò l'ombelico, con uno schiocco che lo fece arrossire, per timore di aver svegliato tutta la casa. Scese e si grattò il naso contro il cespuglio di peli, neri e folti che Angelo aveva attorno al pube. Inalò sonoramente tutto l'odore, il profumo che riuscì a cogliere. E si rese conto di amare quell'aroma forte che, pensò, finalmente cominciava ad avere anche lui. Era un odore che conosceva bene, perché quello di Terry era simile, ma anche diverso. Povero Terry, chissà com'era triste là sotto, da solo. Senza saperlo stava facendo lo stesso pensiero di Angelo, ma a differenza del compagno, lo scacciò subito, dimenticandolo facilmente. Era tutto così eccitante, la sensazione di quella pelle, l'odore del loro sudore, la forma degli uccelli, quando erano morbidi e duri, ma non ci aveva mai realmente pensato. Perché ora infilare il naso nei peli di Angelo, sentire quella fragranza, l'aveva così scosso? Gli prese il pene alla base e cominciò a baciarlo, a leccarlo sulla punta, poi gli leccò i testicoli, prendendoli in bocca, gli alzò le gambe portandogli le ginocchia contro le spalle. Con le labbra e la lingua poté raggiungere e baciare il posto che era l'origine di tutti quei guai. E forse ancora arrossato e dolorante. A sentirselo toccare Angelo mormorò leggermente, ma si capiva che era contento, così Joel ci posò le labbra e lo leccò lentamente. "Ti fa male?" chiese e lo fece con una voce così preoccupata che ad Angelo quasi scoppiò il cuore per la gioia. "No... adesso no." Angelo non s'era ritratto, né aveva avuto paura che anche lui potesse fargli male. Joel si sentì ebbro di felicità e anche d'orgoglio per quel segno di fiducia. "Vuoi che continui?" "Si" rispose una voce sognante. E lui lo fece per un poco, poi gli abbassò le gambe e tornò all'uccello di Angelo. L'accolse in bocca per tutto quello che poté, cominciò a muoversi lentamente sopra e sotto. Angelo continuò a mormorare, mentre lui alternava leccate e succhiate, coprendo l'asta di saliva. S'inginocchiò, mettendosi a cavalcioni sul grembo del suo innamorato. Si bagnò le dita e se le passò sull'ano, inumidendolo. "No, Joel... ti farò male... fa male!" fece Angelo, agitandosi spaventato, capendo qual'era l'intenzione di Joel il quale, ignorandolo, gli prese l'uccello, completamente coperto della sua stessa saliva, e se lo puntò contro il buco. "Non voglio farti male... no, Joel... ti prego!" "Qualche volta è più bello se si prova un po' di dolore, no? E a me adesso non importa se mi fai un poco male, perché... perché io voglio sapere quello che hai provato tu. E poi mi piace quando tu mi infili il dito e... allora... insomma credo che forse... il tuo coso insomma... forse è anche meglio, no?" Sebbene l'idea di penetrarlo lo spaventasse, quelle erano spiegazioni che Angelo si godeva, forse molto più eccitanti del piacere di essere toccato, anche se era allarmato da quello che stava per fare a Joel e che conosceva come le sensazioni peggiori che si dovessero sopportare se date senza amore o inflitte con la violenza. Ma la punta dell'uccello già spingeva contro il muscolo. Tentò di sottrarsi un'ultima volta. "No, Joel... ti farò male. Fa male, io lo so!" lo pregò. Ma Joel si spostò un poco e si mosse finché non sentì il pene, la punta leggermente più larga, scivolargli dentro. Si bloccò senza fiato, perché sentì un bel po' di dolore, ma non abbastanza da spaventarlo. Si sollevò, lo riportò quasi fuori, poi si abbassò di più. Il dolore cresceva, era intenso, ma in mezzo a quella sensazione, sorse anche una specie di piacere che presto superò il patimento. Era una percezione nuova per lui che continuò a muoversi fino a sconfiggere il dolore, concentrandosi solo sulle stimolazioni che tutto il corpo riceveva dalla penetrazione. Si fermò solo per un momento per constatare sorpreso la totale erezione del proprio pene che era proprio duro, tanto da dolergli. Fu allora che l'uccello di Angelo, violandolo completamente, gli stimolò la prostata. Credette che mille piccole scariche elettriche gli attraversassero il corpo, rabbrividì fino alla cima dei capelli che forse gli si erano rizzati sulla testa. Angelo mormorò qualcosa, anche lui era rapito nell'estasi di quel momento, infilato, annegato nel corpo di Joel. Riuscì ancora a preoccuparsi per lui: "Stai bene, fratellino. Ti faccio male?" "Sto meglio di bene. È forte... è forte!" fu la risposta inequivocabile che nel linguaggio di Joel equivaleva all'estasi Solo allora Angelo si arrese alle sue sensazioni: era stato sempre usato per dare piacere agli altri, ma non era mai stato nel corpo di qualcuno, non sapeva quanto fosse seducente la sensazione del possesso. Era rapito dall'intensità del piacere che riusciva a dare e provare, dal calore che il corpo di Joel, i suoi muscoli, possedevano e sviluppavano. Si sentì trasportato verso un piacere sempre più intenso, sentì il seme salire e dimenticò anche di respirare. All'improvviso tutto il corpo di Joel parve serrarsi attorno a lui, perché Joel stava venendo. Gridò, ma fu un suono soffocato, sordo. Ad Angelo parve di udire il rumore del seme che sfuggiva in una scia di liquido bianco, più immaginato che visto, per atterrare sul suo petto. Contemporaneamente sognò che il suo pene esplodesse, svuotandosi nel corpo di Joel. E poi accadde, perse la coscienza dello spazio e del tempo, risvegliandosi abbracciato al suo innamorato che gli era crollato addosso, anch'egli svuotato ed esausto. Quando tornarono al presente, si ritrovarono avvolti nel calore della vicinanza, protetti in un baccello, uniti nei corpi, con le labbra dischiuse in un bacio lunghissimo e poi a sfiorarsi ancora, a giocare. "Joel... è stata la cosa più forte che abbia mai fatto... vorrei restare così per sempre!" Joel ridacchiò piano, temendo di svegliare gli altri. Visto che era pur sempre notte fonda. "Te l'ho detto che ti avrei fatto sentire come non eri mai stato prima" esitò, ci pensò su per un momento, poi si decise a ripeterglielo, caso mai non l'avesse ancora capito "Ehi... io ti amo, Angelo, ti amo davvero. E averti dentro di me mi ha reso così felice..." Sentì le lacrime scendergli un'altra volta sulle guance, ma era contento, perché capì che la sua vita era cambiata per sempre, era grande ormai e quelli che stava facendo erano proprio pensieri da persone grandi. Non poté più parlare, tanta fu l'emozione di quella consapevolezza. Angelo lo baciò e l'accarezzò. "Grazie un milione di volte, fratello" disse "ti amo anch'io, ma tu non mi lasciare, perché io non ti lascerò mai!" "Neanche io ti lascerò!" Il sonno li colse abbracciati, ancora uniti in quella strana posizione e solo il dolore alla gamba ferita, poco dopo, indusse Joel a rinunciare a sentire Angelo dentro di sé, per quanto ormai morbido. Gli scivolò accanto, non senza averlo ripreso fra le braccia, baciato sugli occhi chiusi, sulla punta del naso e sulle labbra, prima di tornare anche lui a dormire il sonno soddisfatto di chi ha appena vissuto nella realtà ciò che avrebbe immaginato solo di poter sognare. Ricompose il baccello chiudendo al centro il frutto della loro notte d'amore che sparso sulla pancia di uno, per il contatto si diffuse sull'altra e i loro arnesi, momentaneamente soffici e a riposo, tornarono ad alzare il capo per mostrarsi pronti al destarsi dei loro padroni. 14 novembre 1950 Il sole del mattino li svegliò e non fu solo la luce a richiamarli nel mondo reale, ma piuttosto un brusio, leggero e vicinissimo. Angelo spalancò gli occhi ed incrociò quelli sorridenti di François: "OK, uccellini dell'amore, cercate di alzarvi mentre è ancora mattino!" si sentì dire con voce scherzosa. Mike, chi l'avrebbe mai detto? Proprio lui cominciò a battere le mani, seguito dagli altri, che erano attorno e li guardavano da chissà quanto. Tutti sorridevano. Finalmente anche Joel spalancò gli occhi, guardandosi attorno. Si scambiarono uno sguardo di intesa e si diedero un lungo bacio appassionato che raccolse l'approvazione di tutti i presenti. "Cercate di non strapparvi la pelle quando vi alzate" disse Kevin indicando le pance dei due ancora attaccate. "Si direbbe la voce dell'esperienza..." rispose prontamente Angelo. Poi si decisero a muoversi. Accovacciato nella sua amaca Terry aveva sentito i rumori e l'allegria che c'era sopra. Non sapeva ancora cosa fosse accaduto, ma si sentiva già abbastanza depresso, per preoccuparsi di quanto peggio potevano andargli le cose. Sperava solo che Angelo gli concedesse di parlargli, anche se non sapeva cosa dirgli, né se avrebbe trovato il coraggio di guardarlo in faccia. A dire il vero gli mancava la forza d'animo di guardare in faccia chiunque dei suoi compagni. Aveva pensato, non aveva fatto altro, a come parlare ad Angelo, ma nessuna delle idee che aveva avuto gli era parsa adeguata. Desiderò ancora che l'avessero lasciato morire nel villaggio abbandonato. Guardò verso la scala e sperò che il primo a scendere non fosse Angelo, né Joel. Anche con Richard avrebbe provato vergogna e con Mike sarebbe stato peggio. François gli aveva detto quelle belle parole la sera prima, ma lui si vergognava anche a ricordarle. Forse però il primo a scendere sarebbe stato Tommy che sarebbe corso ad abbracciarlo. Come avrebbe potuto anche solo sfiorare quel bambino? Pensò di scappare. Per un momento fu tentato di sparire nella foresta, ma già sapeva che Hook l'avrebbe seguito. Se ne stette là, senza muoversi, anche perché prima che potesse farlo, e stava davvero per cominciare a correre, sentì Tommy urlargli qualcosa. Qualunque cosa fosse, era così bello sentire la sua voce squillante, capire che c'era amore in quello che diceva, che dimenticò di fuggire e attese di poterlo abbracciare e prendersi la sua razione di baci. TBC *** lennybruce55@gmail.com Il nome 'Lenny Bruce' è presente nella sezione "Stories by Prolific Net Authors" (http://www.nifty.org/nifty/frauthors.html) con l'elenco degli altri romanzi e racconti che ho scritto e pubblicato su Nifty. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html