Date: Mon, 6 Jan 2014 10:30:53 +0100 From: Lenny Bruce Subject: L'Isola del Rifugio 15 DISCLAIMER: The following story is a fictional account of young teenage boys who are in love. There are references and graphic descriptions of gay sex involving minors, and anyone who is uncomfortable with this should obviously not be reading it. All characters are fictional and any resemblance to real people is purely coincidental. Although the story takes place in actual locations and establishments, the author takes full responsibility for all events described and these are not in any way meant to reflect the activities of real individuals or institutions. The author retains full copyright of this story. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html Questo è il sedicesimo dei diciotto capitoli che compongono il romanzo. CAPITOLO 16 - Il cielo di Venture Island Le masse di nuvole scure raggiunsero l'isola quando erano appena ritornati al campo. Il cielo si oscurò, si fece grigio e minaccioso, anticipando di molto il tramonto. Il fragore delle onde aumentò e il rumore del vento prevalse su quello della cascata. La tempesta prometteva di essere violenta e così trascorsero il resto del tempo legando ed assicurando agli alberi, fissando per terra, tutto quello che c'era in giro nel campo e che non potevano portarsi in casa. Protessero meglio che potevano anche la brace del fuoco, la coprirono con delle pietre piatte, come se fosse un forno da sigillare. François aveva avuto ragione, pareva che il mare e il cielo fossero d'accordo per far loro del male. Presto cominciarono a cadere le prime, grosse gocce di pioggia. L'acqua era così fredda che li fece rabbrividire. Corsero a ripararsi in casa e tutti diedero un ultimo sguardo all'albero di Natale che probabilmente non avrebbero ritrovato dopo il passaggio della tempesta. L'ultimo a salire fu Richard che lanciando uno sguardo di sotto colse nell'espressione di Hook un'implorazione a non lasciarlo là sotto tutto solo. Non se la sentì di abbandonarlo fuori per quella notte, allora tornò giù e lo prese fra le braccia. Provò a risalire tenendolo stretto, ma precipitarono subito sull'erba morbida con grande allegria di Hook. Tentò di spingerlo su per la scala, ma il cane era troppo spaventato all'idea di arrampicarsi. Provò a caricarselo sulle spalle, ma Hook pesava troppo, anche per quelle braccia forti e allenate. Allora chiamò Mike, perché l'aiutasse ad issarlo in casa. Alla fine furono tutti al sicuro, compreso il cagnone che, negli spazi ridotti della casa, apparve subito più grosso e ingombrante di quanto non fosse di solito. Nessuno però se la sentì di rispedirlo di sotto. Dovettero sigillare le serrande per evitare che la pioggia penetrasse in casa e così rimasero al buio prima ancora che fosse davvero notte. Si misero in cerchio, stretti e vicini per darsi calore e coraggio. Il vento prese a turbinare sempre più forte, mentre la pioggia batteva violenta sul tetto, passando tra i rami e le foglie della mangrovia. Era ormai certo che attorno a loro si stava scatenando la tempesta più intensa che si fosse abbattuta su Venture Island dal loro arrivo, forse più violenta di quella che aveva causato il naufragio. Sebbene fossero protetti dalla chioma dell'albero e dalle pareti della casa che erano ben solide, si sentirono minacciati e presto furono spaventati da quella furia. Sotto sotto però, sapevano di essere difesi da un riparo sicuro, tutti meno Richard che non riusciva a scacciare l'idea che un fulmine potesse colpire la mangrovia. Il fatto che l'albero fosse là da un migliaio di anni e avesse visto tempeste anche più violente di quella, non riusciva a calmarlo. Però si guardò bene dal manifestare le proprie paure. Che lui stesso era abbastanza razionale da trovare eccessive Dapprima cantarono e pregarono tutti insieme, con un ardore speciale, perché François, definitivamente parroco di Venture Island, dette il meglio di se stesso. Dopotutto era Natale. Quando ebbero assolto quel compito, una formalità necessaria, pensò Richard che ormai non si sottraeva più e partecipava con quanta più convinzione potesse, restarono per un po' in silenzio, rischiando quasi di addormentarsi, perché in casa s'era sempre più buio e non ci si vedeva se non per il bagliore di qualche lampo che squarciava il cielo e l'oscurità, penetrando tra il fogliame, fino alla radura e poi attraverso qualche feritoia della casa. Perciò il loro non era un vero e proprio guardarsi o cercarsi con gli occhi, ma la coscienza, il sapere che accanto si aveva la persona amata, amica, fedele, pronta a dare conforto anche solo con la sua presenza. E questo valeva almeno quanto il vedersi davvero. Il fragore, ciò che percepivano nel loro rifugio, non accennava a diminuire. Era ormai un unico rumore, difficile da analizzare, formato dal ruggito del vento, dal martellare della pioggia, dal rimbombo sordo del mare, dal ripetuto boato dei tuoni. I piccoli, più apertamente impauriti, si strinsero agli altri, grati del calore e della vicinanza dei grandi, i quali non erano meno intimoriti, ma si sforzavano nel farsi e fare coraggio. Lentamente si abituarono al frastuono e a tutto quello che la natura stava mettendo in scena attorno a loro. E, dato che forse lo stava facendo per spaventarli, decisero che non si sarebbero lasciati sopraffare. Perciò smisero di ascoltare. "É solo per metterci paura!" urlò François, dopo un tuono più forte degli altri "Lo fa per impaurirci!" "Chi...?" chiese Tommy allarmato. Fu poco più che un bisbiglio, ma l'udirono tutti, perché in quel momento anche il vento si placò, ma fu solo per un momento. "È lo spirito dell'isola. Ha reso amaro il mare e ancora più forte il vento" spiegò François tutto serio, come se stesse riferendo una cosa proprio vera, appresa quella mattina leggendo il giornale, e non una balla che aveva incominciato ad elaborare un paio d'ore prima sulla spiaggia "È lui, il vero padrone di Venture Island, che prima ci ha sbattuti contro gli scogli con la Venture e poi, visto che non siamo morti come sperava, vuole spaventarci per convincerci ad andarcene!" "E chi sarebbe questo padrone dell'isola?" era la voce di Joel, ridotta ad un sussurro, come quella di Tommy, perché Joel credeva ad ogni parola detta da François. Sempre e in ogni caso. "Eh... chi è... chi c'è sull'isola oltre a noi?" questa era la voce di Angelo, anzi la sua vocina, quella che aveva dimenticato di aver avuto fino a qualche mese prima. Anche lui credeva sempre a François. Distrarli e incuriosirli era l'obiettivo del ragazzo, averli anche spaventati era una provocazione per la sua fantasia, così decise di andare avanti. "Ha reso amara l'acqua del mare, non può essere che opera sua, lui è il Padrone dell'isola ed è una creatura che vive nella cavità della montagna. È enorme!" urlò, facendo sobbalzare tutti "E quando si arrabbia scoppia la burrasca, quella vera, come questa. O come quando vide passare la Venture, così vicina all'isola. Decise di punirci, voleva ucciderci scatenando la peggiore tempesta che si fosse mai vista da queste parti. Però sbagliò qualcosa, perché non solo noi non siamo morti tutti, ma siamo venuti sulla sua isola ad usurpargli le Tommy's Falls che sono il posto cui tiene di più. "E perché tiene tanto alle Tommy's Falls?" "Lui è nato proprio qua, sorgendo dall'acqua spumeggiante della cascata" inventò François ormai senza più ritegno, mentre Richard e Kevin ridacchiavano, protetti dall'oscurità e dal rumore "Ma contro di noi non può fare nulla" proseguì lui, pensando che fosse meglio tranquillizzarli un po'. "E perché non può far nulla?" chiese inaspettatamente Mike, cui era sfuggito che François stava scherzando. "Non può farci niente" proseguì François "perché... "e si bloccò, perché non gli veniva in mente niente. "Dai adesso possiamo dirglielo. È passato tanto tempo!" fece Kevin, facendo il misterioso. "Diglielo, François" lo soccorse Richard "digli del fuoco!" "Che c'entra il fuoco?" "È stato perché abbiamo acceso il fuoco a Venture Island!" rivelò finalmente Richard correndo in soccorso di François la cui storia si era un po' arenata. "Già..." e François tirò un sospiro di sollievo, non prima di aver dato un pizzicotto a Kevin che rischiava di guastargli tutta la storia "Papà Richard ha ragione. È arrivato il momento di dirvelo. Per il padrone dell'isola il fuoco è il mistero, una cosa che qua non esisteva prima del nostro arrivo. Tutti hanno paura di ciò che non conoscono e il fuoco è un elemento che lui non conosce e che quindi lo spaventa, lo terrorizza. Finché il fuoco resterà acceso, non potrà più avvicinarsi alle Tommy's Falls, né soprattutto potrà cacciarci dall'isola. Per questo è così arrabbiato con noi e manda continuamente vento e tempesta e piogge torrenziali e soprattutto tutta quella umidità. Lo fa perché cerca di spegnerlo, vuole allontanarci, ma non ci riesce, perché siamo più furbi e non ce la farà mai a mandarci via, almeno finché non lo decideremo noi!" "Ma... allora... quando sono caduto nello sfiatatoio..." fece Tommy tremando, per l'idea improvvisa che gli era venuta. "Quello è stato il momento in cui si è spaventato di più, perché sei finito proprio in una delle sue narici..." fece Kevin con noncuranza "e gli hai fatto un gran prurito!" Fu allora che Angelo si mise a ridere. Prima c'era stato solo qualche risolino da parte di Terry e Manuel, indecisi se credere o meno a quella storia, poi la risata di Angelo e quella più contagiosa di François che ruppe il silenzio. Finalmente anche Mike si scosse, capendo che stavano scherzando e che l'isola era abitata soltanto da loro. "Brutto cattivo, non mi spaventi!" urlò invece Tommy, balzando in piedi, perché lui ci credeva ancora "Vieni, fatti vedere, io quella volta ti ho fatto solo il prurito, ma ti posso..." Qualcuno, Terry di sicuro, fischiò, un altro, certamente Joel, fece il solletico contemporaneamente a Tommy e ad Angelo e così finì la paura, anche quella che provavano per la tempesta e cominciarono a scherzare com'erano abituati a fare. La tensione si sciolse, anche se Mike li preferiva spaventati. Finalmente Richard non pensò più che un fulmine potesse colpire la mangrovia e sfruttando il buio abbracciò Kevin in un modo che, se si fosse visto qualcosa, avrebbe certamente evitato. A quel punto nella casa ci fu un po' di movimento, cui Hook contribuì parecchio, schiaffeggiando con la coda chi era a tiro, leccando in giro tutto il possibile e dando spintoni con il muso, un intervallo di tempo che Richard e Kevin sfruttarono per scambiarsi un altro lunghissimo bacio e qualche carezza molto ardita, incuranti del baccano che c'era dentro e fuori. Quando riuscirono a calmarsi, più o meno tutti persuasero François a raccontare un'altra storia, una di quelle con i fantasmi, con cui sua nonna usava spaventarlo e che a lui piacevano tanto. Da quello che raccontava, sua nonna era stata una vecchia haitiana dal nome terribilmente complicato, tanto che forse era inventato anche quello, assieme alle storie che raccontava e alla nonna stessa che probabilmente era stata una tranquilla vecchietta, poco incline a immaginare storie che spaventavano i bambini. Cominciò a parlare, inventando sul momento, complicando i fatti con particolari impensabili, aggiungendo rumori, facendo a meno di smorfie e gesti, ma ottenendo ugualmente il risultato di spaventarli tutti. E riuscì anche a distrarli e divertirli e conquistò l'attenzione ipnotica di Mike. Quella era la cosa cui teneva di più. Già la prima storia si intrecciò con un'altra che si complicò con una terza e con un'altra ancora, fino a perdersi in un groviglio di fatti. Quando parve che tutto convergesse verso una conclusione, François li lasciò con il fiato sospeso, rimandandoli per il finale alla prossima tempesta e allora un po' per gioco e un po' sul serio, volevano gettarlo di sotto a bagnarsi. E che il vento se lo portasse via con tutte le sue storie, bisbigliò Joel, stizzito. Mike intervenne a riportare la calma e soprattutto provò a convincere François a spiegare come andavano a finire tutte le storie. La conclusione fu soddisfacente, considerato quanto era stato complesso il dipanarsi. Poi fecero qualcuno dei giochi che si possono fare quando si è costretti a stare seduti attorno a un tavolo. Loro erano sempre al buio, perciò dovettero eliminarne un bel po', ma qualcosa rimase e passarono altro tempo, finché ad uno ad uno cominciarono a cadere dal sonno. Se ne andarono a dormire, cercando di ignorare il rumore della tempesta. Si sistemarono nei letti, crollando nel sonno pesante della stanchezza, ma anche della tranquillità, nonostante l'inferno che gli si scatenava attorno. Tommy fu il primo a sentire quel suono. Era trascorso abbastanza tempo da quando si erano messi a letto, perché tutti dormissero profondamente. Dapprima fu come un sibilo, molto acuto, che cominciò da lontano e finì per sovrastare anche il fragore della tempesta. La coltre di nubi oscurava la luna, perciò nessuna luce passava attraverso le fessure e gli interstizi tra le tavole delle pareti. Il suono però fu così penetrante da svegliare il piccolo. "Papà, papà, Manuel, svegliatevi, papà... Richard!" fece, mezzo mormorando, mezzo gridando, tirando il braccio del compagno, voltandosi verso Richard per strattonarlo. "Che c'è... eh?" Manuel bisbigliò, ancora addormentato e senza aprire gli occhi, ma si sentì scuotere forte "non ti senti bene?" gli disse, temendo un incubo, dopo tanto tempo. Poi capì. "Ascolta, lo senti? Che cos'è?" chiese Tommy, piagnucolando spaventato. Anche Richard l'aveva sentito e s'era svegliato. Più su nella casa Terry scosse Angelo e Joel. Kevin si era messo a sedere sul letto, con gli occhi sbarrati. Guardava atterrito nella direzione dove sapeva che c'era Richard. Il fragore arrivava dalla parte della cascata ed era come un ruggito, assordante. Ma era meccanico, innaturale, inimmaginabile sull'isola. Passò sopra la casa e si concluse, pochi secondi dopo, con uno schianto in direzione della laguna. "Veniva di là... è finito sulla spiaggia..." mormorò Kevin, facendo un segno che nessuno avrebbe visto, se non immaginandolo "veniva di là" ripeté "sembrava... era come un incidente stradale!" "Si... e con chi si è scontrato?" disse François. "Forse con il fantasma della 'Venture' guidata dal genio dell'isola!" aggiunse Mike trovando inaspettatamente la forza di scherzare. "Ma chi era? Sembrava un camion di quelli grandi!" "No... no... era un aeroplano! Che è precipitato!" disse Terry risoluto. "Se qualcuno cercava di volare con questo tempo, doveva essere disperato! Avrà perso l'orientamento ed è finito fuori rotta..." considerò Richard "andremo a vedere appena fa giorno! Potrebbero esserci dei feriti!" "Perché non ci andiamo adesso?" fece Terry impaziente. "No, ragazzo! Non aiuteresti nessuno se ti facessi male o ti perdessi. Il terreno è scivoloso e poi è buio e il vento è ancora troppo forte. Potremmo finire in acqua senza neppure accorgercene. Aspetteremo fino a che muoverci non sia pericoloso. Farà presto giorno!" Ormai erano tutti svegli e in agitazione. Curiosità ed eccitazione per la novità resero impossibile anche pensare di riaddormentarsi. Discussero sino all'alba di cosa potesse aver causato quei suoni misteriosi. Lentamente, con il sorgere del giorno, la pioggia smise di cadere e il vento si ridusse fino ad essere la solita brezza che spazzava incessantemente l'isola. Una luce pallida cominciò a filtrare dalle fessure delle serrande. Mike ne aprì una verso oriente. Lo spettacolo che poterono vedere fu incantevole ed inquietante. La luce dell'alba colorava appena il cielo, mentre una foschia densa e bassa si alzava dal lago invadendo la radura e lasciando la casa come sospesa tra le nuvole. Poi un'improvvisa raffica di vento liberò la vista, rivelando il lago e disperdendo il vapore, allora nello spiazzo apparvero un'infinità di foglie cadute e rami spezzati. Per fortuna tutte le loro attrezzature, saldamente ancorate al terreno e ben difese, erano sopravvissute anche a questa tempesta. "E il fuoco?" chiese la vocina di Tommy, forse preoccupato per l'orco. "Sarà sicuramente acceso, bimbo, l'abbiamo coperto a dovere!" lo rassicurò Mike. Finalmente cominciarono a sentirsi gli uccelli che avevano preso coraggio e annunciavano la nuova giornata. Il mormorio della cascata tornò ad essere il rumore prevalente al quale erano tanto abituati da non udirlo più. Hook era il più impaziente di uscire e saltò giù con molti meno problemi che per salire. Mike e Terry lo seguirono, ignorando il fango che gli impiastricciava i piedi e le gambe. Cominciarono subito a preparare corde, pale e il pronto soccorso per la spedizione verso la spiaggia. Anche gli altri furono subito pronti a muoversi, ansiosi di andare a vedere cosa fosse realmente accaduto. Quando giunsero alla laguna, il sole aveva disperso la foschia e il panorama era tornato pulito e dei soliti, sorprendenti colori. Terry era il più impaziente e guidava la fila, precedendo gli altri, quando giunse alla laguna si bloccò di colpo. "Ehi, guardate" urlò eccitato puntando il dito verso nord "guardate là!" Circa a metà del promontorio settentrionale la vegetazione pareva come interrotta, c'era una cavità e, come incastrato tra gli alberi, spuntava qualcosa di assolutamente insolito per Venture Island. "Ma è un aeroplano!" esclamò Tommy saltando su una pietra per vedere meglio. "Ecco cos'era!" "E si è schiantato!" disse Kevin preoccupato. "Vedete muoversi qualcuno?" chiese Richard strizzando gli occhi. "No, ma siamo ancora troppo lontani" replicò Mike "avviciniamoci." Un piccolo aeroplano era andato a conficcarsi con il muso nella barriera verde aprendola come un coltello e andando a finire contro una duna appena oltre il limite della vegetazione. Era rimasto come sospeso a mezz'aria, la parte anteriore della fusoliera era penetrata fra gli alberi, la coda spuntava intatta dal muro verde. Non c'era ancora modo di capire quante persone ci fossero a bordo, né se qualcuno fosse sopravvissuto. "Ma come ha fatto ad atterrare?" "Non è atterrato, quello è un idrovolante" sentenziò Terry "Non vedete il galleggiante?" "Non dovrebbe averne due?" "No, perché è un Violet Cloud!" "Eh...? Cos'è?" "Mi sembra un Violet Cloud..." spiegò Terry che, come tutti sapevano, aveva una vera passione per gli aerei, oltre che per le navi "ma si, è proprio lui, Dio mio, non credevo di poterne mai vedere uno vero!" "E che ha di strano?" "Ne furono costruiti pochissimi" continuò Terry che adesso saltava per l'eccitazione "è proprio lui, adesso lo riconosco. Ha il galleggiante centrale e la forma della coda è particolare" disse esaltato "è un grosso idrovolante giapponese" e continuò a dare informazioni, sebbene nessuno più gli prestasse attenzione, essendo tutti molto emozionati all'idea che fosse accaduto qualcosa di così imprevisto a Venture Island. Solo Joel l'ascoltava e lui riversò sul suo ex rivale, ora complice totale in amore e in ogni avventura, il resto delle conoscenze sugli idrovolanti giapponesi. "È un Kawanishi E15K Shiun. Shiun in giapponese vuol dire nuvola viola..." "E tu sai parlare anche il giapponese?" chiese Joel che non scherzava per niente. "No, ma queste cose le so! E so anche che durante la guerra noi lo chiamavamo 'Norm'!" "Perché 'Norm'?" "L'aviazione americana aveva creato un codice. Dava agli aerei e agli idrovolanti da combattimento e da ricognizione soltanto nomi maschili, ai bombardieri nomi femminili. E dava nomi femminili che cominciavano con la 'T' solo agli aerei da trasporto, nomi d'albero per gli aerei di addestramento e nomi di uccelli agli alianti!" "Diavolo... ne sai di cose strane!" fece Joel sempre più meravigliato. "Già..." disse Terry, affettando un'aria saccente "ma... io per quanto ne sapevo io... beh... ne furono costruiti soltanto quindici e ho letto che li avevamo abbattuti tutti. Evidentemente non è così, almeno uno s'è salvato... però era un aereo troppo lento... non riusciva a star dietro ai nostri" aggiunse con noncuranza. "Ehi, Terry... ma... ma tu credi che quelli siano giapponesi?" chiese allora Tommy interessato, ma anche preoccupato. La guerra era finita da troppo poco e si raccontavano brutte storie sulle isole del Pacifico. Si parlava di soldati giapponesi che non si erano ancora arresi alle forze americane anche quattro anni dopo la fine della guerra. "Boh, non lo so proprio! Chissà..." "Chiunque siano, dobbiamo soccorrerli!" tagliò corto Kevin. "Già e facciamo in fretta!" fece allora Terry risoluto, rimettendosi a correre avanti a tutti, seguito da Richard, Manuel e ovviamente da Tommy. "Teddy! Teddy! C'è qualcuno, sta arrivando qualcuno" udirono urlare quando furono abbastanza vicini. Erano parole inglesi, ma dette con una pronuncia e una cadenza assolutamente nuove per loro. Il primo a vederli fu Terry e, prima ancora di guardarli in faccia, capì che erano fratelli. Non avrebbe saputo spiegarlo, ma gli parve che dovesse essere per forza così, forse era il modo con cui stavano abbracciati o per come il più piccolo guardava il grande. E soprattutto per il modo con cui quello che pareva il maggiore si disponeva a difenderlo. Stavano sotto la coda dell'idrovolante, nascosti dal grande galleggiante, due ragazzini abbracciati e tremanti. Il più grande stava urlando la sua paura proprio nell'orecchio dell'altro. Indossavano pantaloni e camicie che erano stati bianchi, ma che ora erano coperti di macchie d'erba e di grasso. Non erano di razza bianca, per la carnagione scura e soprattutto per gli occhi a mandorla. Avevano capelli neri e lisci, tagliati corti. A dire il vero, somigliavano un po' a Chris e un po' a Manuel. I due si guardarono attorno smarriti e non avevano tutti i torti, perché davanti a loro c'era ora un ragazzo di pelle scura e tratti marcati che si era avvicinato con movimenti agili, saltando da una duna all'altra. Indossava soltanto dei pantaloncini colorati e aveva una corda a tracolla, in mano brandiva una pala e, da come la muoveva, pareva che la roteasse. Così veloce che avrebbe potuto colpirli. E forse stava per farlo. "Ehi, venite a vedere chi c'è qua!" fece Terry voltandosi a parlare con chi lo seguiva. Finalmente apparvero anche altri ragazzi, dall'aspetto più pacifico. Uno che pareva avere undici o dodici anni, con la pelle chiara e i capelli neri, sorrideva deliziato, un altro, che doveva avere un paio di anni in più, aveva la pelle colore del bronzo e li guardava incuriosito, infine ce n'era uno molto alto, il più vecchio di tutti, biondo e decisamente americano che si stava grattando la testa e pareva preoccupato. Non appena li vide, Tommy gli corse incontro. "Benvenuti a Venture Island!" cominciò a gridare, prima ancora di arrivargli vicino "State bene, ragazzi? Siete feriti? Avete avuto paura?" Parlava, urlava entusiasta, sfoggiando un inconfondibile accento americano, poi si inginocchiò per abbracciarli e baciarli senza alcun imbarazzo. Nonostante la posizione e i dolori che sentivano ovunque, i due sorrisero per il sollievo d'aver trovato degli americani e non, come avevano temuto in un primo tempo, forse vedendo Terry, dei selvaggi oppure dei giapponesi, o chi sapevano di dover evitare. Nei pochi secondi che occorsero a Tommy per raggiungerlo, Terry restò senza parole, incantato a guardare quelle persone che erano le prime che vedeva da molti mesi, a parte i suoi compagni. I due gli sembrarono davvero piccoli, indifesi e anche magri. Guardandoli con più attenzione, però, si accorse che non erano bambini, ma forse già adolescenti. Li osservò meglio e solo così s'accorse che lo fissavano terrorizzati. Anche Manuel e Richard erano sbalorditi e solo Tommy non aveva mostrato stupore, correndo senza esitazione a dare il benvenuto ai due. Richard si sentì più tranquillo, quando vide che l'impeto di Tommy era riuscito a far sorridere un poco i due ragazzi. Tommy per conto suo non smetteva un momento di parlare, anzi di urlare, abbracciando a turno i due, poi insieme, e baciandoli entusiasta. "Io sono Tommy, ho dodici anni e quello è Terry e lui è Manuel. Benvenuti a Venture Island! Come state ragazzi?" diceva e ripeteva "Questo invece è papà... cioè Richard... il nostro capo che è come se fosse il mio papà, anzi di tutti noi! Gli altri ragazzi sono un po' indietro, perché François cammina ancora un po' piano. Si è rotto la gamba nel naufragio, ma adesso è quasi guarito. E voi chi siete? Parlate inglese? Quanti anni avete? Da dove venite?" "Ehi... calma... parla piano, OK?" disse il più grande dei due. "Tommy, fai piano, questi due sono appena sopravvissuti ad un incidente aereo" gli disse calmo Terry "fagli almeno prendere fiato, altrimenti non sopravvivranno a te!" "Va bene, scusate" fece Tommy rendendosi finalmente conto delle condizioni dei due "scusate, ma non abbiamo mai visto arrivare nessuno qua, mai nessuno" e rise ancora, irresistibilmente contento. Tanto che i due si misero a ridacchiare anche loro. Poi finalmente il più grande riprese fiato. "Io, io sono... mi chiamo Diego Gutierrez e questo è mio fratello Teodoro. Quando era più piccolo lo chiamavamo Teddy, ma adesso lui non vuole più. Siamo filippini di Manila e viaggiavamo con nostro padre, stavamo volando verso l'Australia, quando siamo stati sorpresi dalla tempesta. Papà pilotava l'aereo, ma non si è ancora svegliato!" Richard, Terry e Manuel guardarono istintivamente verso la cabina di pilotaggio dell'aereo e attraverso i vetri distinsero una figura, ripiegata sulla cloche. "Ho la sensazione che non si sveglierà più" bisbigliò Terry a Manuel. "Adesso andremo a dargli un'occhiata" disse allora Richard a voce abbastanza alta per coprire le altre voci. In quel momento arrivarono gli altri. Diego e Teodoro guardarono sorpresi anche questi, perché infine si ritrovarono circondati da nove ragazzi che evidentemente erano americani, tutti non molto vestiti, ma abbastanza curati. I pochi indumenti che indossavano erano puliti, tutti avevano i capelli pettinati e ben tagliati, quelli a cui già cresceva, avevano la barba curata. Erano nutriti, ma quello che più risaltava in loro era l'atteggiamento amichevole che gli si leggeva negli occhi e questo rasserenò i nuovi arrivati. Diego notò anche che si toccavano molto fra loro, si cercavano continuamente, con le mani attorno ai fianchi, col capo posato sulle spalle, con le carezze che si scambiavano, addirittura i baci che si davano, le labbra che sfioravano la pelle dell'altro, in un atteggiamento assolutamente disinvolto e privo di malizia. Fu una cosa che lo mise a disagio, anche perché erano quasi nudi. Per alcuni, i pantaloncini che indossavano, non coprivano che l'indispensabile. Diego notò anche che loro non erano per nulla imbarazzati da quell'abbigliamento, anzi parevano assolutamente a proprio agio. Quell'atteggiamento per lui rappresentava un'assoluta novità. Ed era sorprendente anche il colore della pelle, erano tutti molto abbronzati, tranne quello con i capelli rossi che aveva conservato un colore chiaro, quasi pallido. "Siamo su quest'isola dal dieci di agosto, da quando la nostra nave ha fatto naufragio e si è sfasciata sulla scogliera per una tempesta molto simile a quella di stanotte" spiegò Richard "Ma vi racconteremo tutto più tardi, adesso voglio sapere come state. Siete feriti? Vi fa male da qualche parte?" I due scossero la testa con convinzione, anche se gli occhi sgranati di Teodoro dicevano che un po' di dolore da qualche parte doveva sentirlo. "Sembrate infreddoliti" disse Kevin "toglietevi quei vestiti bagnati e venire al sole. Vi riscalderete. Venite?" Parecchie braccia vigorose, ma incredibilmente delicate nel tocco li aiutarono ad alzarsi, per accompagnarli verso la sabbia bianca che era già riscaldata da un bel sole luminoso. Diego ed Teodoro, ancora confusi e smarriti, fecero resistenza. "Ragazzi, vi sentirete subito meglio al sole" gli disse Richard dolcemente "venite, non avete nulla da temere." La voce calma di Richard compì il miracolo e i due finalmente rasserenati si lasciarono condurre verso la spiaggia dove splendeva già il sole. Kevin e François li aiutarono a togliersi le camicie e i pantaloni. I due parevano imbarazzati dalla loro nudità, non essendo abituati a stare svestiti di fronte ad altri. Richard li esaminò con cura, ma anche con tanta delicatezza e li scoprì soltanto pieni di lividi e abrasioni che si erano procurati nell'impatto e poi nelle ore trascorse a cercare di difendersi dalla tempesta. Teodoro aveva un bernoccolo sulla testa e una spellatura più profonda ad un gomito che non era grave. "Bene, non avete niente di serio e siete solo un po' stanchi" li rassicurò, mentre assieme a François li disinfettava e li ripuliva come poteva "Questi tagli dovrebbero rimarginarsi in qualche giorno, i lividi scompariranno e tornerete belli com'eravate prima dell'incidente! Per il momento, però, vi faranno un po' male" e accarezzò i capelli del piccolo. Lo shock e la tensione delle ultime dodici ore improvvisamente si fecero sentire e gli occhi di Teodoro si riempirono di lacrime. Richard gli circondò la spalla con il braccio e il ragazzino cominciò a singhiozzare, evidentemente contento di poter piangere sul petto di qualcuno che si prendesse cura di lui. Richard non smise d'accarezzarlo dolcemente sulla schiena, mentre gli sussurrava parole che potessero in qualche modo rassicurarlo e consolarlo. Diego, perché era più grande e un po' si vergognava a mettersi a piangere davanti ad altri ragazzi della sua età, cercò di ricacciare indietro le lacrime, finché François non l'accarezzò sulla guancia. "Piangere fa bene, piccolo" gli mormorò "Noi lo facciamo spesso qua e non ci vergogniamo mai. Tu adesso hai qualche buon motivo per farlo, credo. Ne hai passate tante, non è vero?" E così Diego gli gettò le braccia al collo e cominciò a singhiozzare anche lui. Tommy si inginocchiò accanto a loro. "Vedrai, Diego" disse, mentre anche lui piangeva "vedrai che tutto si aggiusterà, fratello. Adesso ci prenderemo cura di voi! Noi siamo bravi, vedrai!" Diego si rese conto di quante premure ed attenzioni stessero ricevendo. Si sentì sommerso da quelle espressioni d'affetto. Il calore del corpo di François sulla cui spalla si era abbandonato, le carezze di Tommy, che gli stavano regalando una serenità impensabile fino a pochi minuti prima, le braccia forti che lo circondavano e lo proteggevano, la presenza di tutti gli altri, silenziosi e rispettosi della tristezza e dell'ansia sua e di Teodoro. Tutto questo gli fece capire che pur nella loro sfortuna, in quella tremenda avventura, erano finiti nel miglior posto possibile. Decise di avere fiducia e pensò di potersi fidare, anche se era ancora terrorizzato da quello che gli era accaduto e da ciò che poteva riservargli il futuro. Se li avessero inseguiti, se li avessero trovati. Fra le lacrime, raccontò a François che dopo l'urto avevano lentamente ripreso conoscenza e si erano ritrovati nella cabina dell'aeroplano, schiacciati sotto il guscio di vetro che per fortuna non si era rotto. A poco a poco avevano cominciato a distinguere i particolari del paesaggio attorno a loro, il contorno della laguna, illuminata a tratti dal bagliore dei lampi e dalla luce della luna. Erano ancora saldamente legati al sedile posteriore, quello del navigatore. Quando il papà li aveva obbligati ad allacciarsi la cintura, si erano perfino dispiaciuti, poi l'espressione spaventata dell'uomo, li aveva convinti a non discutere. Il papà gli aveva passato un'altra cintura, dicendo di metterla attorno al busto e di legarsi stretti alla spalliera. Aveva gridato di stare attento a Teodoro. Per fortuna loro due erano magri e si erano adattati all'unico sedile, costruito per ospitare un adulto, anche se giapponese. La tempesta era scoppiata dopo un'ora di volo ed era diventata sempre più violenta. Allora la paura era diventata tanto forte da impedirgli di respirare, mentre il vento li sballottava e li spingeva chissà dove. Ad un certo punto il motore aveva cominciato a perdere colpi. L'aereo aveva perso quota e nonostante i disperati tentativi del papà di tenere il muso dell'idrovolante verso l'alto, la discesa era stata sempre più veloce, fino al primo contatto con l'acqua. Erano rimbalzati diverse volte sullo specchio della laguna, poi il Violet Cloud aveva fatto come un salto sulla sabbia e infine c'era stato l'impatto con la giungla. Poi era diventato tutto buio. Erano svenuti, più per la paura che per la botta, e si erano svegliati abbracciati, ma non sapevano quanto tempo dopo, anche se era ancora scuro e il vento soffiava forte. Teodoro si era messo a piangere e lui si era fatto coraggio per nascondergli le sue lacrime. Pareva che non avessero ferite, anche se si sentivano addosso un sacco di dolori, proprio in ogni parte del corpo. Avevano battuto la testa, il piccolo sanguinava un poco dalla fronte. Avevano slacciato la cintura e le cinghie e solo allora avevano tentato di svegliare il padre che era davanti a loro, ma non aveva risposto. L'avevano scrollato, ma l'uomo aveva solo scosso la testa, in un modo strano, quasi indolente, piegandola avanti. Un lampo aveva illuminato la scena e Diego, fortunatamente solo lui, aveva notato che la testa del papà non aveva mai avuto un simile angolo con il torace e che dalla bocca gli colava un poco di sangue. Non aveva detto nulla al fratello, ma l'aveva convinto a lasciar dormire ancora un po' il papà, almeno finché non facesse giorno, perché aveva pilotato per ore e doveva essere distrutto dalla stanchezza. Poi s'era ricordato di una raccomandazione che suo padre gli aveva fatto spesso, che in caso di incidente ci si deve sempre allontanare da una macchina o da aeroplano, perciò aveva cercato di aprire la parte del guscio sopra di loro. Non era stato facile, ma alla fine ci era riuscito e si erano calati per terra. Non sapevano dove andare ed avevano finito per ripararsi sotto la fusoliera, cercando di proteggersi dalla pioggia e dal vento, aspettando che facesse giorno in quell'inferno di vento e di acqua. All'alba avevano udito le voci dei ragazzi che li avevano svegliati, poi il calore del sole sulla pelle e dolore dovunque. Nel frattempo Mike e Kevin si erano arrampicati fino alla cabina dall'aeroplano e non ci avevano messo molto a capire che l'uomo, quella figura malamente ripiegata sulla strumentazione dell'aereo, era una persona morta. Si guardarono sgomenti e poi un po' esitanti tornarono dov'erano gli altri. Dovevano dire in qualche modo, ai due ragazzi, che loro padre era morto. Kevin richiamò l'attenzione di Richard. "Manuel, vieni, prendi il mio posto" e quando ebbe affidato il pianto di Teddy alle braccia amorevoli e affettuose di Manuel, si allontanò con Kevin e l'ascoltò. Parlottò anche con Mike, circondato dagli altri ragazzi, poi tornò verso il più grande dei due che era ancora tra le braccia di François. "Diego..." s'inginocchiò accanto e gli mise una mano sulla spalla "credo che vostro padre sia morto" gli disse in modo che l'ascoltasse lui solo "mi dispiace!" Con gli occhi sempre pieni di lacrime, il ragazzo guardò verso il fratello. "Io... io lo sapevo, ma non ce l'ho fatta a dirlo a lui." "Vuoi farlo ora, oppure vuoi che glielo dica io? Dobbiamo farlo subito però" fece Richard. "No, tocca a me" disse risoluto Diego, controllando il pianto. Si alzò e andò verso il piccolo. Gli si inginocchiò davanti. "Teddy, papà...!" gli disse cercando disperatamente di non ricominciare a piangere. "No, no, no, no..." Teodoro ripeteva monotono la parola, mentre cercava disperatamente di sfuggire all'abbraccio forte di Manuel. Lo colpì con i pugni, urlò, cercò di eludere la stretta così ferma eppure sempre amorevole. Poi smise di agitarsi e ricominciò a piangere, Diego l'accarezzò e lo prese fra le sue braccia, aspettando che il pianto si calmasse. I due ragazzi furono circondati dall'affetto di tutti che istintivamente piansero insieme a loro. I dolori che avevano sofferto, la morte di Chris, la terribile esperienza del naufragio, le storie tragiche, vissute fino a pochi mesi prima, era tutto troppo recente perché quel nuovo dolore non riaprisse le ferite. Alcuni piansero, altri cercarono semplicemente di consolare quelli che piangevano. Tutti erano addolorati. Dopo un po', prima che fosse troppo difficile consolarli e consolarsi, Richard si diede da fare e, con un po' d'acqua presa da una borraccia, lavò le lacrime dalle guance di Diego, mentre Kevin fece lo stesso con Teodoro. "Adesso vi portiamo al campo" disse, cercando di smuovere un po' tutti "vi faremo vedere la nostra casa. È là che viviamo. Per adesso avete soltanto bisogno di mangiare qualcosa e anche di riposare. Poi penseremo a come fare per seppellire il corpo di vostro padre. Noi l'abbiamo già fatto con un nostro compagno che è morto nel naufragio e anche per due marinai. Potremmo seppellirlo vicino a loro se volete." I due avevano ascoltato per tutto il tempo. "Si, Richard" disse Diego "faremo come dici tu." "Siete cattolici?" "Si." "Anche noi lo siamo. Su quest'isola non c'è nessun altro, quindi non potremmo trovare nessun prete, ma certamente potremo dare a vostro padre una sepoltura decorosa." "Grazie, Richard" disse Diego ancora piangendo, cercando di fermare le lacrime. Anche Teodoro fece di si con la testa, ma si vedeva che era distratto. "Bene, ragazzi. Adesso andiamo! Qua non possiamo fare più nulla. Torneremo più tardi." Diego e Teodoro gettarono un'ultima occhiata al corpo del padre, ancora imprigionato nell'abitacolo dell'aereo, poi il più grande prese la mano del fratello. Si avviarono sulla spiaggia, ma Teddy era sfinito e Mike lo prese in spalla. "Salta su, ragazzo, questa è la prima e l'ultima volta che farai una cavalcata" disse, strappando un sorriso al piccolino "reggiti con le gambe, si parte!" e cominciò a correre, seguito da tutti gli altri. Giunsero in fretta alle Tommy's Falls che strapparono esclamazioni di meraviglia ai due nuovi. Lo spettacolo gli apparve ovviamente affascinante. Nonostante il terribile dispiacere per la morte del padre e lo smarrimento per l'improvviso cambiamento subito dalla loro vita, i due fratelli cominciarono, in un modo o nell'altro, a sentirsi al sicuro. E il merito fu tutto delle cure e delle attenzioni ricevute dai ragazzi. Nonostante fossero indicibilmente stanchi, i due si guardarono attorno sbalorditi, vedendo la grande quantità di materiale e attrezzi che i ragazzi avevano sistemato e tutto quello che avevano creato. Li colpì soprattutto la bellezza del posto, il lago, l'albero enorme e la casa annidata fra i rami. "Ma... ma avete fatto tutto voi?" chiese Diego incredulo. "Certo, tutto quello che vedi" risposero in coro più o meno tutti. "Ehi, ma è bellissimo!" esclamò Teodoro, uscendo finalmente dal suo torpore. I piccoli si incaricarono di mostrare ai nuovi la latrina, spiegandogli anche come usarla, poi se li tirarono dietro nel laghetto, per togliergli di dosso lo sporco e il sudore delle ultime terribili ore. E, prima che se ne rendessero conto erano nudi, ma proprio tutti nudi. E, sebbene fossero nell'acqua fino alla vita, Diego fu sorpreso da quanto fossero disinibiti tutti i ragazzi, in particolare i più piccoli, nel toccarsi fra loro e anche nel maneggiare il corpo suo e del fratello. Teddy rideva contento e finalmente sereno per le attenzioni di Tommy che un po' lo lavava, un poco lo schizzava e gli faceva il solletico. Anche Diego si lasciò maneggiare e palpeggiare da Terry, Joel e Angelo che lo toccavano con un affetto, molto simile ai suoi ricordi infantili, quando la mamma si prendeva ancora cura di lui. Non c'era malizia in quei ragazzi, in quello che facevano e, sebbene lui si fosse eccitato, continuarono a lavarlo ed accarezzarlo. Poi si accorse che anche loro erano eccitati, ma la cosa non pareva turbarli, perché quando ritennero che fosse sufficientemente pulito e rilassato e sorridente, l'accompagnarono fuori ad asciugarsi sull'erba. "Stai un po' qua, fratello" gli disse Terry "noi ci asciughiamo sempre così!" E mentre lo diceva era eccitato, come l'altro ragazzo, quello biondo e magro, che gli stava attaccato e gli teneva il braccio sulle spalle. Anche Angelo, con i capelli neri e che era tanto abbronzato da parere mulatto, ma era figlio di italiani, come gli aveva raccontato mentre camminavano sulla spiaggia, si stese accanto a lui, sorridente e sereno, incurante di quella cosa dura che spuntava davanti a tutti loro e che era imperdonabile. Che forse sarebbe parsa imperdonabile in un altro momento, ma non là, a Venture Island, l'isola della felicità gli aveva detto Terry poco prima. Perché loro erano davvero felici. Quei ragazzi, però, non avevano alcun pudore di sé, nessuna coscienza del loro essere nudi, né dell'imbarazzo che gli stavano creando, toccandolo e toccandosi fra loro, nel fare cose la cui sola idea l'avrebbe fatto arrossire e tremare, l'avrebbe sconvolto fino a farlo piangere, solo poche ore prima. Ma proprio in quelle ore la sua vita e quella di Teodoro erano cambiate radicalmente e chissà fino a quando, il loro mondo forse non esisteva più. L'educazione che avevano ricevuto, l'appartenenza ad una classe sociale elevata e poco incline ad ammettere compromessi e diversità, la religione che gli era stata imposta fin da piccoli, non li avevano preparati ad affrontare situazioni come questa, ma ora lui era davvero troppo stanco per preoccuparsi, perciò lasciò che Angelo continuasse ad accarezzarlo. Dai rumori che sentiva dietro di sé, gli parve che anche Teodoro fosse contento. Stava ridendo e scherzando con quello piccolino, quello che non riusciva a parlare se non gridando. Sull'erba, dietro di loro, si erano sdraiati ad asciugarsi tutti gli altri, che si erano mossi con la stessa naturalezza, con tranquillità assoluta. Pensò un'ultima volta al fatto che era nudo, tutto nudo e con il coso duro e non avrebbe mai immaginato di poterlo essere davanti ad altri, né che questi, nudi anche loro, potessero accarezzarlo come stava facendo Angelo in quel momento, mentre Terry e Joel, quello magro, li guardavano sorridenti e abbracciati anche loro. Ma erano carezze amorevoli e forse non avevano altro fine che di tranquillizzarlo e infatti dormiva già prima che questi pensieri arrivassero davvero a turbarlo. E si rese a malapena conto che qualcuno lo trasportava verso la casa e che due paia di braccia forti lo tiravano su per sistemarlo su un letto che aveva lenzuola bianche e morbide. Era incredibile, pensò, che su un'isola disabitata ci fossero lenzuola così. Allungò il braccio a cercare Teodoro. Era là anche lui, addormentato. Respirava sereno. Ci sarebbe stato tempo per pensare e per parlare, perché era certo che i ragazzi gli avrebbero fatto molte domande, cui non sapeva quali risposte dare. Questo fu il suo ultimo pensiero, prima di riuscire a non pensare più. Lasciarono Manuel e Tommy al campo con i nuovi e tornarono nel posto dov'era precipitato l'idrovolante. Prima di tutto dovevano recuperare il corpo del papà e cercare di seppellirlo in fretta. L'avrebbero fatto quella sera stessa, per quanto la cosa potesse sembrare impietosa, ma sapevano che all'equatore occorre fare in fretta a seppellire i morti. L'altra cosa che volevano appurare era se l'idrovolante potesse essergli utile in qualche modo. Non certo per volare, perché era chiaramente fuori uso, ma per i materiali che potevano recuperare. Il Violet Cloud era sempre là, conficcato nella boscaglia e l'odore di olio e benzina li colse quando giunsero sulla spiaggia già a qualche centinaio di metri di lontananza. Era un sentore insolito per quel posto, dove forse non era mai giunto nessun altro mezzo meccanico. "Che ne faremo di quell'aereo?" si chiese François. "Tante belle lampade, baby!" disse Mike "Forse abbiamo risolto il nostro problema più grosso, forse avremo finalmente un poco di luce anche di notte." "È vero, Mike ha ragione" disse Richard "Ci sarà molto olio nel motore e probabilmente ci sarà anche del carburante. Però dobbiamo stare attenti, perché è certamente molto infiammabile. Che sarà? Benzina o nafta?" "No, no... papà, quel motore andava per forza a benzina. Potrebbe essere un quattordici cilindri oppure, se è uno degli ultimi esemplari, un ventiquattro cilindri" disse Terry "ed era raffreddato ad aria!" aggiunse orgoglioso. "Ma ne sai proprio tante di cose tu? Chi l'avrebbe detto!" buttò là François, scattando avanti per evitare la vendetta di Terry. "Ragazzi, stiamo andando a preparare un funerale!" li rimproverò Richard. "Pare che non facciamo altro da quando siamo qua" bisbigliò Kevin "ormai dovremmo esserci abituati!" "Lo so che è scocciante, ma dobbiamo farlo, amore mio" fece Richard che l'aveva sentito "tocca a noi!" "Si, si, ma io parlavo con mia sorella e non con te! Le cose che ci diciamo fra noi non valgono per gli altri" "Ehi, io non sono gli altri!" "Rispetto a me si!" disse François. "Si, si, va bene, va bene, ma ne riparliamo! Soprattutto con te" fece sorridendo Richard, arrendendosi a quelle spiegazione, ma già pregustando la finta litigata che avrebbe fatto con Kevin e soprattutto la dolcezza della successiva riconciliazione che invece sarebbe stata vera e assaporata con golosità. "E poi non ho mai niente da mettermi a questi funerali!" aggiunse Kevin che, come sempre, voleva avere l'ultima parola. Avevano portato l'occorrente per costruire una barella e un telo in cui avvolgere il cadavere, oltre a degli attrezzi da utilizzare se fosse stato difficile tirare fuori il corpo dall'idrovolante. Si infilarono con una certa difficoltà nella vegetazione in cui era penetrato l'aereo. Il muso era entrato di qualche metro fra i cespugli, fino agli alberi più alti. Era stato proprio contro uno di questi che si era schiantato. L'elica era spezzata e il motore danneggiato, tanto che parte del prezioso olio che Mike intendeva recuperare era finito nel terreno inzuppandolo. Fortunatamente fu abbastanza facile tirare indietro il guscio di vetro della cabina. All'interno non c'erano tracce di sangue e il corpo dell'uomo giaceva in quella posa innaturale che avevano già notato. Il capo reclinato sul petto con un'angolazione che spiegava abbastanza perché fosse morto. A causa dell'urto, con il mare, con la spiaggia oppure proprio con l'albero, il papà dei due ragazzi aveva avuto il collo spezzato. Cosa avesse invece salvato la vita a Diego ed Teodoro, lasciandoli completamente illesi, restava un mistero. "Come avranno fatto a salvarsi quei due?" si chiese Kevin "Gli urti e gli scossoni devono essere stati tremendi!" "È stato il genio dell'isola" disse François "che vuole solo inquilini adolescenti. Credo che dovrai stare attento in futuro, papà Richard, potrebbe decidere di liberarsi di te non appena sarai troppo grande per restare qua!" "Starò attento!" "Ehi... papà... vieni... venite a vedere!" gridò allora Terry tutto agitato. Mentre i grandi osservavano il corpo dell'uomo e cercavano di capire come fare a tirarlo fuori, loro tre avevano cominciato ad ispezionare l'aereo ed avevano scoperto un vano ricavato dietro il sedile del navigatore. C'erano due piccole valige contenenti indumenti e più dietro un sacco militare, piuttosto pesante che al tatto pareva contenere pacchetti di carta. Li avevano tirati fuori e portati sull'erba. Joel non aveva resistito alla curiosità, aveva sciolto i legacci che chiudevano il sacco e ne erano saltate fuori un'infinità di mazzette di banconote, quasi tutte da cinquanta e cento dollari. François fischiò, Mike guardava tutto quel denaro con gli occhi sbarrati, Kevin, come al solito con noncuranza, Richard con curiosità. Angelo e Joel si erano un po' ripresi dalla sorpresa e, pur avendo timore a toccare i soldi, stavano calcolando a quanto ammontassero complessivamente. Terry invece era spaventato, non avrebbe saputo dire perché, ma era mortalmente spaventato da quel denaro. "Quanti... saranno?" chiese Mike, balbettando. "Boh, due o trecentomila almeno!" fecero in coro Angelo e Joel che erano giunti alla fine dei loro calcoli. "E da dove vengono? Da dove, papà?" Terry era turbato. "Non ne ho proprio idea." "Ho paura!" fece Terry e quasi piangeva. "Anch'io" disse Kevin "adesso ho paura anch'io!" "E di cosa?" chiese François. "Non lo so, ma questi soldi" Terry cercò di spiegarsi "mi fanno pensare che... forse non erano soli... voglio dire... noi sappiamo che sono arrivati su quest'isola per sbaglio, ma probabilmente qualcuno li stava inseguendo. Io credo... forse dietro questi soldi ci sarà dell'altra gente... qualcuno che adesso sta arrivando... qua! Sulla nostra isola!" "Qualcuno che non sarà contento di trovare anche noi!" "Hai ragione, sono troppi soldi! Forse quello là" disse François indicando il cadavere "stava scappando." "E se prima di precipitare ha dato la posizione via radio" fece Terry che era sempre più spaventato. "Vuoi dire che ha lanciato un S.o.s.?" chiese Joel. "Anche se qualcuno lo stava inseguendo?" "Si, perciò forse stanno arrivando!" concluse Angelo che cominciava a condividere le paure di Terry. Era strano, pensò, com'è che le idee di uno diventassero subito degli altri due, ma fra loro ormai accadeva sempre così. "Già, forse stavano veramente scappando!" convenne Richard "Dovremmo consultare il nostro Sherlock Holmes" aggiunse riferendosi alle capacità deduttive di Manuel. "Io credo che faremmo prima a chiederlo direttamente a Diego. Sono convinto che ne sa qualcosa" adesso anche François era preoccupato. "Hai ragione. E speriamo che possa darci qualche spiegazione." "D'accordo, ragazzi. Però gliene parleremo solo dopo aver sepolto il padre. Va bene? Prima niente domande!" ordinò Richard "Quei poveretti... è già abbastanza difficile per loro. E sono convinto che siano spaventati oltre che parecchio disorientati!" Ispezionarono ancora l'aereo con molta più attenzione, ma non trovarono altri nascondigli. Il papà dei ragazzi, però, era armato e un Richard molto tremante prese in consegna due pistole e alcune scatole di munizioni. Poi finalmente tirarono fuori il corpo. Fortunatamente l'uomo era magro e piccolo di statura, così fu facile adagiarlo sul telo, avvolgerlo e trasportarlo con la barella. Decisero di andare direttamente al cimitero dove, con qualche fatica, scavarono una fossa accanto alle altre tre. Avrebbero atteso che i due ragazzi si svegliassero. Toccava a loro, forse solo a Diego, decidere se volevano guardare per l'ultima volta il loro papà, poi l'avrebbero tumulato. Perciò aspettarono, anche se le domande senza risposta che gli giravano nella testa erano sempre di più e sempre più pressanti. Mike, Richard, Terry, Angelo e Joel tornarono all'aereo per cercare di recuperare l'olio del motore e trovarono facilmente il serbatoio. Tirarlo fuori fu un poco più complicato, ma alla fine riuscirono a spillarlo quasi tutto. A costruire torce e lampade ci avrebbero pensato con calma il giorno dopo. Decisero anche che avrebbero lasciato là la poca benzina rimasta. Mike ebbe anche un'idea su come sfruttare il grande galleggiante centrale dell'idrovolante, avrebbe costruito qualcosa a metà strada fra una piroga e un catamarano. La luce del tramonto penetrava dalle finestre della casa quando i due si svegliarono. Sentendoli muovere Richard e gli altri li raggiunsero. Tutti misero da parte la loro curiosità e gli si avvicinarono per coccolarli e circondarli solo di attenzioni. Tommy volle baciarli, poi si mise accanto a Teodoro e, quasi incurante della presenza dei compagni, cominciò a parlare, raccontandogli le loro avventure. Lo prese quasi in braccio e se lo portò di sotto. Gli altri li seguirono. "Abbiamo portato vostro padre al cimitero" disse Richard "È ancora avvolto in un telo, ma non può stare così per molto tempo ancora. Lo capisci, Diego?" "Si, credo di si!" "Pensavamo che voleste guardarlo un'ultima volta, dopo però dobbiamo sotterrarlo in fretta, te la senti? Vuoi portare con te Teodoro?" "Non lo so" il ragazzo era un'altra volta emozionato e non sapeva realmente cosa fare, soprattutto non osava immaginare la reazione del fratello quando avrebbe visto la salma del padre. "Potremmo andare tutti sopra al cimitero" suggerì Richard "e così potrai decidere. Credo però che Teodoro debba sapere quello che sta accadendo. Non sarebbe giusto non dirglielo." "Va bene, Richard. Faremo come vuoi tu!" I ragazzi erano tutti molto tristi e si fermarono un poco lontani dalla salma, mentre Richard, Mike e Diego si avvicinavano. Mike scostò il telo e Diego si fece forza per guardare il volto del padre. Fortunatamente l'espressione dell'uomo era abbastanza composta e serena. Diego capì che era davvero l'ultima volta che poteva guardare il volto di suo padre, poi avrebbe potuto solo sognarlo, perciò cominciò a piangere in silenzio, d'un dolore privato e difficile da confortare, Richard lo capì e si limitò ad accarezzarlo e abbracciarlo. "Papà" era Teodoro, si era avvicinato accompagnato da Kevin. Volle guardare anche lui, un'occhiata fugace, poi chiuse subito gli occhi. Allora Diego l'abbracciò e se lo portò lontano, tornando verso gli altri. Mike e Richard si diedero da fare e calarono il feretro nella fossa, poi di buona lena lo coprirono di terra. François li fece avvicinare tutti. Nel loro cerchio che fecero compresero anche le altre tombe. Recitarono una preghiera, piansero ancora e poi se ne tornarono al campo. Joel, Terry e Angelo avevano preparato da mangiare. Era una cena semplice e gustosa, come nelle tradizioni dell'isola, ma per quanto tutti cercassero di metterli a proprio agio, i due nuovi parevano sempre disorientati e Diego era decisamente terrorizzato. E non solo per lo smarrimento del viaggio o il dolore per la morte del padre, questo era vero solo in parte e soprattutto per Teodoro. Adesso che si era riposato appariva chiaro che i suoi pensieri erano altri, perché aveva una gran paura di qualcosa. Richard lo capì e anche agli altri non sfuggì il comportamento diffidente del ragazzo. Teodoro era pure intimidito, ma i loro atteggiamenti erano radicalmente diversi, mentre il grande si guardava attorno e sobbalzava ad ogni rumore, guardando spesso alle spalle oppure alzando gli occhi al cielo, il piccolo era soltanto spaesato, addolorato, ma già cominciava a farsi coinvolgere dall'allegria e dall'affabilità di Tommy e degli altri. Richard non avrebbe voluto importunarli con le sue domande, ma sapeva di doverlo fare, perché probabilmente era in gioco la sicurezza di tutti. Anche Manuel, cui avevano chiesto consiglio, era dello stesso parere. Secondo lui quei soldi erano certamente di provenienza illecita e forse qualcuno sarebbe venuto a reclamarli. Secondo Sherlock Holmes c'era il rischio di ricevere una visita che non sarebbe stata certamente di cortesia. "Dove eravate diretti, Diego?" chiese finalmente Richard, quando il nervosismo era diventato palpabile in tutti. "Non lo so, papà aveva detto che saremmo andati in Australia." "Quell'aereo non poteva arrivare fin là!" disse Terry. "Ha detto... che forse... che avremmo trovato una nave americana. Doveva rifornirci, credo, non so... a sud di Manila, a qualche centinaio di miglia." "Dovevate trovare una nave? In mezzo all'oceano e in una notte di tempesta?" Richard era apertamente incredulo. "Voi scappavate!" fece Manuel che non seppe trattenersi. "Non lo so" mormorò Diego e distolse gli occhi "non posso dirvelo!" concluse, a disagio. "Senti, Diego" cominciò Manuel spazientito. "Aspetta, Manuel" disse Kevin conciliante "Diego, fra noi non abbiamo segreti, ma tu non ci conosci bene ancora e forse non vuoi dircelo, non fa nulla. Magari vorrai parlarne fra qualche giorno." "No, Kevin, potrebbe essere pericoloso per tutti" insisté Manuel, mentre tutti si voltavano a guardarlo. Solo Diego fissò ostinatamente in terra. Teodoro pareva non capire bene quello che stava accadendo. "Spiegati meglio, Manuel" l'incitò Richard. "Io credo che... se sapessero che siete qua... Diego! Oh, ti prego, qualcuno vi stava inseguendo, non è vero? Stanno per arrivare?" "Come fai a saperlo?" chiese Diego meravigliato. "Perché non si vola in una notte come quella, se non si hanno buoni motivi per farlo e tanta fretta di andarsene. Non si va incontro ad una nave in mezzo all'oceano scegliendo di partire quando sta per scatenarsi una tempesta tremenda. Esistono i bollettini meteorologici proprio per evitare questi incidenti, se uno deve volare sull'oceano li consulta prima di muoversi, ma se deve volare per forza, lo fa e vola lo stesso! Anche se sta arrivando la tempesta del secolo!" "Credo che Manuel abbia ragione" disse François "se sai qualcosa, devi dircelo, Diego! Vi abbiamo soccorsi ed ora dovete essere sinceri con noi!" Ma il ragazzo era davvero in difficoltà. "Abbiamo trovato i soldi, Diego!" fece allora Manuel. "E devi dirci di chi sono!" aggiunse Terry balzando in piedi, minaccioso. Diego fece per alzarsi anche lui, come per fronteggiare la sfida di Terry. Fu un movimento istintivo, un riflesso condizionato o forse l'idea di scappare, poi però si risedette pesantemente e cominciò a piangere, coprendosi la faccia con le mani. A quel punto era chiaro che sapesse perché erano in fuga e pure quale fosse la provenienza dei soldi. Probabilmente sapeva anche da chi stavano scappando. "Vorresti parlarne solo a me, Diego?" lo soccorse Richard "poi decideremo insieme come comportarci. Va bene?" Fece di si con la testa, allora Richard lo prese per mano e se lo portò verso la spiaggia. Camminarono lentamente lungo il sentiero. Richard davanti e Diego dietro a pensare. Quando si sedettero sulla sabbia il ragazzo tremava, non faceva che guardare verso la scogliera e il mare aperto e poi in cielo, cercando chissà quali pericoli. Non piangeva più, ma pareva rassegnato ad un destino che lo spaventava. "Allora, Diego, chi vi insegue? A me puoi dirlo, noi vi proteggeremo. Non vi tradiremmo mai, per nessun motivo! Non certo per i soldi!" Richard lo vide farsi piccolo e tremare ancora più forte, come se avesse freddo e non fosse invece su una spiaggia, di sera, dopo una giornata come sempre caldissima. "Vedi, Diego, qua siamo tutti fratelli" gli spiegò accarezzandolo, cercando di rasserenarlo "anzi, siamo molto più che fratelli. Ci siamo salvati per miracolo da un naufragio orribile e si può dire che ognuno di noi deve la vita ad un suo compagno, perché, mentre eravamo in acqua, uno ha aiutato l'altro e chi più chi meno è un eroe agli occhi di chi ha salvato. E dopo, mentre eravamo qua, fra noi si sono stabiliti legami molto forti, ma di questo parleremo un'altra volta, ora voglio che tu capisca una cosa, che noi siamo una famiglia e vi consideriamo già nostri fratelli, perché anche voi siete vivi per miracolo. E vi difenderemo, Diego, anche a costo della nostra vita, credimi. Di noi ti puoi fidare!" Il ragazzo era ancora indeciso, ma il segreto gli pesava troppo, perché potesse tenerselo dentro. Forse decise di farsi coraggio, forse fu perché capì che poteva fidarsi. "Mio padre scappava dai suoi compagni, perché credo che li abbia traditi!" disse tutto d'un fiato. "Sei sicuro di questo?" "Non lo so! Non so esattamente com'è andata, perché a noi non ha mai detto nulla, ma io so che... insomma che aveva fatto qualcosa per cui dovevamo scappare molto in fretta e... che non poteva lasciarci a Manila... a me e a mio fratello, perché quelli si sarebbero vendicati su di noi. Ci avrebbero certamente ucciso! Forse hanno già ucciso i miei nonni." "Chi sono quelli? Chi vi insegue?" "Non lo so!" e si coprì la faccia un'altra volta, per non vedere, per non sentire. "Vostra madre è viva?" chiese Richard cercando di distrarlo. "Forse... lei è andata via tanti anni fa... io credo che stia ancora con gli Huk..." "Gli Huk?" "Hukbalahap..." disse emettendo un suono strano e incomprensibile che Richard non aveva mai sentito "Hukbalahap..." ripeté più lentamente sillabando "è... è una parola nella lingua filippina, il tagalog, e vuol dire esercito di liberazione. È un movimento che si costituì contro l'occupazione giapponese, durante la guerra. Gli Huk hanno combattuto contro i giapponesi, poi, nel 1946 le cose sono andate diversamente da come tutti pensavano, cioè dalle promesse degli americani. Pare che non abbiano voluto che quelli della resistenza andassero al governo. Mamma e papà sono, erano... non lo so... insomma, loro erano fra i comandanti degli Huk. "Prima della guerra mio nonno era un medico molto conosciuto e il padre di mia madre era notaio, ma i miei genitori si affiliarono agli Huk e aderirono entrambi alla lotta di resistenza, come la chiamano tutti. Io ed Teodoro eravamo molto piccoli, così ci lasciarono in casa dei nonni. Siamo sempre vissuti con i genitori di nostro padre. Alla fine della guerra papà tornò a stare con noi, ma nostra madre non l'abbiamo più vista, non ne ho saputo più nulla, ma non credo che sia morta, cioè... lui ne parlava sempre come se fosse viva, però noi non ne sapevamo niente. Non lo so... per noi è sempre stato come se fosse morta, lui non ci diceva niente..." e fissò Richard con uno sguardo sconsolato. "Mi dispiace. E poi che è successo?" "Vedi, Richard, devi sapere che da noi la guerra non è ancora finita, perché dopo che i giapponesi se ne sono andati, gli americani sono rimasti e sono loro che comandano, anche se c'è un presidente che è stato eletto dai filippini. In questi anni dopo la guerra, papà non c'era mai, era sempre via e faceva dei traffici strani. Io so che il nonno lo disapprovava, diceva che si era venduto agli americani e che aveva tradito le Filippine. Pochi giorni fa litigarono violentemente e poi ieri papà è venuto improvvisamente a casa nostra e ci ha detto di prendere solo quello che ci serviva e di seguirlo immediatamente. La nonna piangeva e il nonno urlava, diceva che era un assassino, perché saremmo morti tutti. Io non capivo più nulla, avevo paura, Teodoro piangeva. Non sapevo che fare, poi la nonna ci ha preparato la valigia e ci ha abbracciato, dicendo di comportarci bene e che ci saremmo rivisti presto, ma io so che è stato un addio, che non la vedremo più! Loro li hanno uccisi!" Scoppiò a piangere e Richard attese che si calmasse. "Il nonno urlava con papà" riprese Diego "diceva che con le sue azioni spregevoli ci avrebbe fatti uccidere tutti, noi, loro e anche i nostri parenti. Che quelli si sarebbero vendicati. Parlava degli Huk! Da noi tutti sanno che gli Huk sono spietati con i traditori." "E pensi che saranno loro a inseguirvi?" "Si, credo che ci stessero già inseguendo. Fino a che non siamo decollati, papà era molto spaventato. Siamo andati in automobile fino al porto, in una piccola darsena c'era l'idrovolante. Eravamo già a bordo e stavamo per alzarci, quando sono arrivati quegli uomini. Papà li ha visti e si è agitato ancora di più, ha spinto il motore al massimo e finalmente ci siamo alzati. Abbiamo volato verso sud, cioè verso il maltempo. Vedevamo le nuvole nere avvicinarsi a grande velocità, perché noi gli volavamo contro. Papà ha detto di non preoccuparci, perché doveva esserci una nave americana ad aspettarci, che stavamo andando incontro a questa nave e avremmo lasciato l'idrovolante, ma poi è cominciata la tempesta e non era più possibile parlare. Credo che lui abbia perso l'orientamento!" "E chi potrebbe sapere che siete qua?" "Quando è scoppiata la tempesta, papà ha tentato di mettersi in contatto con la nave che doveva aspettarci, ma non so se qualcuno ha risposto, poi siamo finiti fuori rotta e quando lui ha capito che non ce l'avremmo fatta a raggiungere la nave, ha lanciato un S.o.s., ha dato ripetutamente la nostra posizione e ha continuato a farlo anche dopo. L'ha ripetuta fino a quando eravamo vicini alla vostra isola. Lo sentivo urlare. Diceva che questa è l'unica isola qua attorno e che forse c'era una laguna dove sarebbe stato possibile ammarare. Gridava, ma non so se era per dirlo a noi oppure urlava nella radio. Mi ricordo che descriveva anche la manovra da fare. Sai, lui era un pilota esperto, diceva che doveva mettersi contro vento e poi cominciare a scendere di quota, ma quella era la cosa più difficile che si potesse pensare di fare. Ha virato, alla luce della luna e dei lampi è apparsa l'isola, lui ha urlato di tenerci forte e allora siamo precipitati. Abbiamo sbattuto sull'acqua della laguna, è stato come un rimbalzo e poi altre due volte. Teodoro ha battuto la testa e papà anche. Poi è arrivata la sabbia e infine gli alberi!" Raccontare, ricordare le fasi di quella terribile avventura l'aveva spossato e Richard non se la sentì di insistere. D'altra parte era ormai abbastanza sicuro che qualcuno sapeva dove cercare un guerrigliero traditore, forse per vendicarsi, forse per rubargli i soldi per cui aveva venduto i compagni. "Stai calmo, Diego, è finita adesso. Vedrai che qua sarete al sicuro." "Ho paura, Richard, ho paura per Teodoro. Lui non sa nulla, è così piccolo!" "Cercheremo di difenderci se arriveranno! Che altro sai, Diego?" "Non so nulla! Non so nulla!" "Conosci le persone che vi stavano inseguendo?" "Erano certamente Huk! Sono loro, perché mio padre li ha venduti agli americani!" confermò il ragazzo, senza più esitazioni "Credo che i soldi li abbia avuti per quello che ha rivelato in tutti questi anni!" e si guardò attorno a disagio, quasi cercasse un modo per non dover raccontare quella parte della storia "Mi vergogno per lui, per mio padre!" "Dimmi tutto per bene, Diego, ti prego" l'incitò Richard che a quel punto riteneva necessario sapere "e poi non ne parleremo mai più, te lo prometto!" "Due anni fa, questo me l'ha raccontato il nonno, il presidente delle Filippine decise un'amnistia generale per tutti quelli che avevano collaborato con i giapponesi durante l'occupazione e contemporaneamente dichiarò gli Huk fuorilegge. Era una specie di tradimento verso le persone che avevano lottato per liberare la nazione, ma secondo mio nonno gli ispiratori di questo erano stati gli americani, loro avevano voluto così. Ci furono degli scontri violenti fra l'esercito e gli Huk. Mio padre abbandonò definitivamente la guerriglia, perché disse che ormai erano soltanto dei banditi, così mi ha raccontato il nonno e così sapevamo noi. Però lui non li aveva proprio lasciati, perché io credo che sia rimasto in segreto con loro. È questo che ho capito dai discorsi che poi fa fatto con il nonno, in realtà mio padre era stato corrotto da qualche americano che l'aveva convinto a fare il doppio gioco. Doveva fingere di restare con gli Huk e rivelare notizie segrete agli americani e al governo filippino. È stato per questo che ha accumulato i soldi. Quando il nonno l'ha scoperto, hanno litigato. Perché lui era un... traditore... non è vero, Richard?" "Non lo so, piccolo, ma qualunque cosa abbia fatto, adesso non c'è più perché tu possa chiederglielo!" "Non so che pensare" gli disse, smarrito. "Ehi, tu credi in dio?" "Certamente!" "Allora saprai che adesso tuo padre è davanti a chi può giudicarlo molto meglio di come faremmo noi se fosse qua. E sono certo che chiarirà tutti i suoi motivi e le ragioni per essersi comportato così. Il giudice che ha trovato sarà severo, ma anche comprensivo ed io credo che lui gli spiegherà che l'unico obiettivo che aveva era di dare a voi due un avvenire migliore. E alla fine vi ha salvati a prezzo della sua vita, Diego. Probabilmente sarebbe potuto scappare e nessuno ne avrebbe saputo più nulla, invece è tornato a prendere voi due. Credo sapesse che c'era una tempesta in arrivo!" Diego lo guardava con gli occhi lucidi. "Penso che quell'idrovolante fosse pronto da molto tempo, in attesa che lui l'usasse, ma ha aspettato di portarvi con sé, non ha mai pensato di abbandonarvi! Allora è probabile che sia stato per voi che ha fatto tutto. Chi lo sa se ha agito nel bene o nel male. Tuo padre, comunque, era una brava persona, ne sono certo!" "Davvero lo pensi, Richard?" "Si, è così che lo devi ricordare e devi spiegarlo a Teodoro. Per quanto riguarda te, non lasciare mai che qualcuno lo sminuisca ai tuoi occhi. Mai!" "Hai ragione, è vero!" disse finalmente più tranquillo. "Adesso però cerchiamo di non spaventare gli altri e anche di capire chi può arrivare a Venture Island." "Non lo so" ripeté Diego sconsolato "può essere chiunque oppure può non arrivare più nessuno e così noi resteremo qua per tutta la vita!" Scoppiò a piangere un'altra volta, liberando la tensione cui era stato sottoposto in quelle ore. "Non credo, vedrai che qualcuno passerà da queste parti" lo consolò Richard "noi ne siamo certi, anche se preferiremmo che accadesse almeno fra un paio d'anni." Diego lo guardò senza capire. "Te lo spiegheremo con calma, anche se lo capirai vivendo con noi. Per ora ti basti sapere che qua siete al sicuro e che noi vi difenderemo!" "Quelli non hanno pietà di nessuno! Quando ci troveranno, sono sicuro che ci uccideranno! Teodoro e me... e anche voi, perché ci avete aiutato!" "Prima però devono prenderci! Non dimenticare che conosciamo l'isola molto meglio di loro e sappiamo dove nasconderci. Tu come credi che potrebbero arrivare?" "Con una nave ci vorrebbe troppo tempo e gli Huk vorranno trovare quei soldi in fretta. E soprattutto vendicarsi. Hanno altri idrovolanti e sono certo che li useranno." "Sono tutti come quello con cui siete arrivati?" "Papà mi disse che sono gli ultimi costruiti in Giappone, poco prima dell'armistizio. Gli americani li requisirono e li trasportarono a Manila, poi gli Huk li hanno rubati." "E uno di quegli idrovolanti può arrivare fin qua e tornare indietro?" "No, non credo! Abbiamo volato alla cieca per ore, dopo che era cominciata la tempesta, poi papà ha fatto il punto ed è riuscito a capire dov'eravamo. Ha visto l'isola, ma nell'aereo non c'era quasi più carburante." "Allora come potrebbero arrivare secondo te?" "Non lo so!" "Faremmo meglio a chiederlo a Terry, lui sa tutto di aerei e anche di navi. Prima ancora di riuscire a vedere il muso del vostro idrovolante, ci ha detto quanti cilindri aveva il motore!" L'aiutò ad alzarsi e se ne tornarono alle Tommy's Falls, dove gli altri li aspettavano incuriositi. Teodoro non era stato di molto aiuto, anche se aveva raccontato qualche cosa della loro storia. Richard non li fece attendere. Tenendo un braccio sulle spalle di Diego, raccontò tutto il resto, omise soltanto qualche particolare e soprattutto non rivelò il presunto tradimento del padre dei ragazzi. Di quello non c'era alcuna certezza e, per il momento, non c'era bisogno di parlarne. Per il resto però fu abbastanza chiaro sul pericolo che correvano. "No, no! Un Violet Cloud non può arrivare a Venture Island volando direttamente da Manila, se vuole tornare indietro" disse Terry non appena Richard glielo chiese "Ha soltanto 1800 miglia di autonomia, ma è un'autonomia teorica. In realtà nessun pilota si avventurerebbe oltre le cinque, seicento miglia, dovendo poi tornare al posto da dove è partito. E Venture Island è certamente più lontana." "Ma loro come hanno fatto ad arrivare?" chiesero insieme quasi tutti. "Il padre di Diego doveva trovare una nave, forse americana, che li avrebbe recuperati" spiegò Richard "Diego pensa che li aspettasse a un centinaio di miglia da Manila. Lui non sa quale fosse la rotta scelta da suo padre, ma è certo che qua ci sono finiti soltanto perché, a causa della tempesta, hanno perso l'orientamento e poi hanno volato per diverse ore alla cieca." "Allora anche chi cerca di arrivare qua potrebbe avere le stesse difficoltà a trovarci" disse allora Manuel "e per cercarci dovrebbe avere una nave che li rifornisca lungo la traversata." "Per quante ore avete volato?" chiese Terry. "Quando siamo partiti era pomeriggio." "Il Violet Cloud ha una velocità di crociera di 160 miglia" calcolò Terry "e voi avrete volato per almeno dieci ore, ma forse non sempre in linea retta." "Allora è vero che siamo davvero almeno a mille miglia dalle Filippine!" fece Richard. "Questo vuol dire che se qualcuno conoscesse la posizione dell'idrovolante quando è precipitato, ci metterebbe una settimana di navigazione per arrivare qua." "Ammesso che parta in fretta!" "O che sia già per mare!" "E se viene in idrovolante" aggiunse Manuel "dovrebbe avere una nave per il rifornimento o deve esserci qualche isola abitata più vicina su cui fare scalo per rifornirsi, ma forse non ci sono isole tanto vicine." "Diego credi che gli Huk siano in grado di trovare una nave che dia carburante ad un loro aereo?" chiese Kevin. "Non lo so. La nave che avremmo dovuto trovare era americana. L'ha detto papà." "Io credo che sia difficile per gli Huk disporre di una nave. Sono fuorilegge, no?" "No, Manuel, è vero che sono fuorilegge, ma solo nelle Filippine" precisò Diego "se dovessero fare scalo su un'isola, non avrebbero problemi a farsi rifornire, basterebbe pagare il carburante. E comunque gli Huk godono ancora di molti appoggi nelle Filippine, anche se sono fuorilegge, perché non tutti vanno d'accordo con gli americani." "Non so se ci sono isole abitate e con dei depositi di carburante nel raggio di quattro o cinquecento miglia" disse Manuel. "Boh, e chi lo sa?" ammise Terry. "Comunque credo che avremo un poco di tempo per organizzarci, no?" fece Kevin. "Già, ma come?" "Innanzitutto dobbiamo stare attenti a qualunque rumore insolito" disse Richard "perché se arriveranno con un altro idrovolante, li sentiremo molto prima anche di vederli e se dovessero venire con una nave, sentiremmo anche quella." "Credo che dovremmo cominciare a pensare a dove nasconderci!" disse allora Manuel "Chiunque arrivi qua troverà facilmente le Tommy's Falls e vedrà la casa, perciò noi, nel caso venga qualcuno, dovremmo essere pronti a scomparire, nasconderci all'interno dell'isola, da qualche parte al lago superiore." "Si, finché non se ne vanno e ci lasciano in pace!" precisò Mike il quale teneva a chiarire soprattutto che per il momento non intendeva muoversi dall'isola. Che venissero pure tutti i ribelli filippini e provassero a cacciarlo. "Dobbiamo preparare delle riserve di cibo." "Solo frutta" ragionò François "al lago superiore ci sono tutte le uova di cui avremo bisogno. Pesci e crostacei non potremmo portarne comunque, mangeremo frittate per qualche giorno!" "Sarà meglio spostare anche una parte degli attrezzi" aggiunse Mike "e nascondere quello che non porteremo con noi." "Va bene, ragazzi. Domani mattina cominceremo a prepararci!" concluse Richard. TBC *** lennybruce55@gmail.com Il nome 'Lenny Bruce' è presente nella sezione "Stories by Prolific Net Authors" (http://www.nifty.org/nifty/frauthors.html) con l'elenco degli altri romanzi e racconti che ho scritto e pubblicato su Nifty. Nifty needs your donations to provide these wonderful stories: http://donate.nifty.org/donate.html